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Lug

Side Event MedCOP: il fenomeno migratorio – mobilità umana, giustizia climatica e solidarietà

di Francesca Guarnieri

I suoi confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo: sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali: somigliano al cerchio di gesso che continua a essere descritto e cancellato, che le onde e i venti, le imprese e le ispirazioni allargano o restringono. Lungo le coste di questo mare passava la via della seta, s’incrociano le vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, dell’ambra e degli ornamenti, degli attrezzi e delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza.” Questo è il Mediterraneo descritto da Predrag Matvejević nel suo “Breviario mediterraneo”, un Mediterraneo che trascende la geografia e la storia, in cui i concetti di confine e di totalitarismo nazionale vengono esorcizzati in poche righe.

Negli ultimi anni l’area del Mediterraneo si sta allontanando inesorabilmente dal Breviario di Matvejević: i confini diventano sempre più concreti e minacciosi, si innalzano barriere per difendere stati ultranazionalisti e la metafora del Mediterraneo rischia di essere ridotta a una fossa comune che inghiottisce migliaia di migranti ogni anno.

Le vittime del Mediterraneo dovrebbero invece avere diritto a un volto e a un nome; per questo durante l’evento Migration, Human mobilities, Climatic justice and Solidarity, tenutosi martedì 19 luglio alla MedCOP22 di Tangeri, è stato osservato un minuto di silenzio per i migranti che non ce l’hanno fatta a raggiungere la salvezza e che sono morti prima di poter veder avverare i propri sogni. 

medcopimg

L’area mediterranea è caratterizzata da una larga forbice tra nord e sud per quanto riguarda l’indice di sviluppo umano (ISU): per un migrante del sud basta attraversare il Mediterraneo per vedere quintuplicate le sue opportunità. Oltre allo sviluppo economico, a spingere i migranti a compiere la traversata sono motivi di persecuzione politico-ideologica, ma anche i cambiamenti climatici, che hanno quindi un impatto crescente sulla degradazione ambientale e sulle condizioni di vita degli esseri viventi, incidendo negativamente sulla loro capacità d’adattamento.

Storicamente il genere umano e quello animale, tranne alcuni casi isolati, sono sempre riusciti ad adattarsi ai nuovi ecosistemi e alle alterazioni delle temperature, ma in questo periodo avviene tutto più rapidamente e con un impatto crescente, rendendo sempre più difficile adattarsi al continuo deterioramento dell’ambiente circostante.  

Per far fronte a questa crescente minaccia servono approcci integrati e l’affermazione di un’unione solidale volta a favorire lo scambio di conoscenze e di know-how, in modo tale da poter affrontare efficacemente il fenomeno multidimensionale del climate change: dobbiamo essere pronti a batterci per coloro che non appartengono al nostro paese e alla nostra regione e per le prossime generazioni, trovando il coraggio di abbattere le barriere ideologiche e di andare oltre i confini geografici.

Innanzitutto è importante riconoscere il forte legame che unisce inevitabilmente il fenomeno migratorio a quello climatico e conseguentemente includere la denominazione di “migrante climatico” nella Convenzione di Ginevra del 1951, garantendogli lo status di rifugiato. Mentre si stanno registrando diversi progressi in campo di politiche ambientali, infatti, dall’altro si assiste ad un’inesorabile arretramento delle politiche migratorie a favore della chiusura dei confini.

Abbiamo il dovere di cambiare lo status quo e per farlo è necessario un approccio globale, capace di creare un sistema di protezione integrato e standardizzato per proteggere i migranti esclusi sia dalla propria società di partenza che da quella di arrivo ed esposti a innumerevoli pericoli durante il viaggio. Per trovare e attuare delle soluzioni efficaci occorre la realizzazione di studi e stime circa gli scenari futuri, valutazioni di rischio e analisi scrupolose delle principali cause. Nel farlo, abbiamo tuttavia il dovere di coinvolgere i migranti climatici stessi: solo così potremo raggiungere una giustizia climatica inclusiva e sostenibile.

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