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Dalla politica all’azione : come i business e gli investitori possono raggiungere la neutralità climatica

di Marta Iacopetti

Ad un giorno dalla presentazione dell’European Green Deal in Commissione Europea, i rappresentati di Alto Livello dell’Unione Europea insieme a politici, investitori e società leader dei settori di infrastrutture ed energia presentano strategie climatiche di lungo termine verso la neutralità carbonica. Martin Porter, Presidente esecutivo del Cambridge Institute for Sustainability Leadership, ha focalizzato il dibattito sul ruolo delle politiche governative e della finanza climatica, pubblica e privata, come catalizzatori di un processo di transizione europeo. L’Europa ambisce a portare le proprie emissioni a zero entro il 2050. Sarà davvero la guida alla più grande sfida socio-politica, tecnologica ed economica del nostro tempo?

Ancora oggi le emissioni non arrestano la loro crescita e la Comunità Scientifica Internazionale prospetta come un drammatico aumento delle temperature globali di 4˚C renderà inabitabile molte località del nostro pianeta entro la metà del secolo. Il cambiamento climatico è oggi una priorità per politica del Parlamento Europeo e della Commissione Europea, ha confermato Emma Navarro, Vice Presidente della Banca Europea per gli investimenti (BEI). Dal 2015, la BEI ha adottato una strategia climatica ambiziosa che le permette di giocare un ruolo chiave nella mobilizzazione di capitali richiesti per raggiungere gli obiettivi di contenimento delle temperature ben al di sotto dei 2˚C rispetto ai livelli pre-industriali. L’agenda 2030 europea mira a ridurre l’emissione di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990 grazie anche ad un mix energetico in cui il consumo di energie rinnovabili raggiunga almeno un terzo dei consumi energetici globali. A tal fine, è previsto globalmente un raddoppio di investimenti necessari per nuove tecnologie e strategie di transizione e adattamento tra il 2021-2030, per un totale di circa 3.8 trilioni di Euro in supporto a progetti di decarbonizzazione, efficienza energetica e produzione di energia pulita i cui ingenti costi iniziali rappresentano un ostacolo per le imprese.

Secondo Mauro Petriccione, Direttore Generale del DG CLIMA, l’“Azione Climatica” è diventata prioritaria anche per la stessa Unione Europea, al punto da essere precondizione per il voto in Commissione, segno di un cambiamento radicale in Europa non solo per i provider come la BEI. Il principio del nuovo Green Deal europeo basa la transizione sulla profonda trasformazione del modo in cui pensiamo e facciamo business. Il senso di emergenza climatica spinge sempre più aziende a misurare quantitativamente il loro impatto climatico cui segue un desiderio di investire per il cambiamento. Ma con che risorse? L’intervento dell’Unione sarà fondamentale al fine di generare risorse volte all’abbattimento dei costi e dei tempi di sviluppo delle nuove tecnologie climatiche. La Commissione Europea ha infatti lanciato recentemente una piattaforma di finanziamento sostenibile mondiale. Grazie a questo budget i provider multilaterali di finanza climatica come la BEI sono in grado di sviluppare strumenti finanziari per mobilizzare investimenti sostenibili che colmino l’eventuale gap pubblico. Già 10 anni fa la BEI aveva emesso i primi Green Bond destinati a progetti sostenibili, ma l’esponenziale crescita di domanda degli ultimi anni richiede un ulteriore aumento di offerta dei cosiddetti “fondi di investimento climatico”. Proprio poche settimane fa BEI ha proposto un nuovo piano strategico come banca climatica, che prevede un miliardo di Euro di investimenti in clima e ambiente per accelerare la transizione. Investire circa 30 milioni annui in progetti sostenibili significa soprattutto identificare clienti e risorse allineati ai target. In questo senso, il messaggio della Banca europea per gli investimenti è chiaro: tutte le sue attività finanziarie dovranno essere allineate agli obiettivi dell’accordo di Parigi. Verrà pertanto interrotta ogni forma finanziamento ad attività non sostenibili quali progetti energetici basati su combustibili fossili, incluso il gas. La transizione alla neutralità carbonica deve funzionare per tutti o non funzionerà per niente.

La transizione non può però essere attuata solo tramite l’impiego di risorse in ambito scientifico ed innovativo. L’Unione Europea deve farsi portavoce di un contesto di trasformazione più profondo, sviluppando in primis meccanismi di controllo sulla trasparenza delle azioni sostenibili per evitare forme di greenwashing e sostenendo processi di comunicazione chiara.  È cruciale infatti definire i benefici economici di ritorno dall’investimento ottenibili nel medio-lungo termine per chi finanzierà e adotterà misure di riduzione dei gas climalteranti. Il Gruppo di Investitori Istituzionali per il Cambiamento Climatico (IIGCC) conferma l’interesse crescente negli ultimi cinque anni verso azioni climatiche concrete, questo anche in considerazione della prevista crescita dell’economia sostenibile per il 2030. Per esempio, i parchi eolici sono investimenti a rischio contenuto, hanno  un indice di ritorno dall’investimento mediamente elevato di circa il 10%, che può essere comparato a ricavi di altri prodotti finanziari a rischio maggiore, come equities.

Oggi trasformare il modello di business aziendale implica sforzi non indifferenti soprattutto per i paesi in via di sviluppo (PVS) che devono colmare gap importanti per raggiungere i target dell’agenda 2030. Luis Castilla, CEO di Acciona, ha parlato di un importante disallineamento tra i capitali disponibili attualmente  nei PVS e gli investimenti necessari per la transizione nei prossimi 10 anni, circa un milione e mezzo di dollari nel settore dei trasporti, 4 nel settore idrico e 4 milioni e mezzo nei mega-progetti energetici (EPC). Nei PVS il 55% delle emissioni sono prodotte dal settore energetico mentre un 45% deriva dal consumo e dalla produzione. La decarbonizzazione delle emissioni energetiche sarà possibile grazie per esempio all’impiego di nuove tecnologie di ritiro e stoccaggio del Carbonio, o all’utilizzo di materiali innovativi. Il restante 45% delle emissioni dovute alla produzione saranno ridotte grazie ai meccanismi di economia circolare sostenibile su tutta la filiera produttiva.

Nel 2016, in Svezia, SSAB, LKAB e Vattenfall si sono unite per creare HYBRIT, un’iniziativa per rivoluzionare drasticamente la produzione dell’acciaio sostituendo il carbone da coke con idrogeno. Hybrit ambisce a creare la prima tecnologia ibrida al mondo che produce acciaio senza emissioni di CO2.

La pressione politica del governo per rendere la Svezia il primo paese fossil-free al mondo ha contribuito fortemente nei primi passi di ricerca e sviluppo. Sono stati stanziati infatti 220 milioni di euro dal governo svedese e dalle Università per raggiungere entro il 2024 una prima conferma per la fattibilità del progetto. Secondo Martin Pei, Presidente di Hybrit Development AB, è cruciale oggi ottenere nuovi investimenti europei per procedere nello sviluppo tecnologico e messa in opera dell’impianto in linea con le ambizioni politiche svedesi.

L’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’innalzamento delle temperature medie globali tra 1.5 °C e 2 °C  non potrà essere soddisfatto solo grazie alla finanza climatica. Secondo Stephanie Pfeifer (IGCC), la cooperazione internazionale tra diplomazia, organizzazioni, politica, investitori ed aziende potrà determinare il successo della transizione della prossima decade.

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