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Dic

Le strategie dei grandi alla COP24: cosa aspettarsi?

di Gabriele Motta

Già prima di mettere piede in Polonia per la COP24 alcuni grandi paesi hanno delineato le rispettive strategie e alleanze volte ad affrontare insieme il cambiamento climatico e a stabilire regole comuni (il così detto ‘Paris rulebook’) per l’implementazione dell’Accordo di Parigi.

L’Unione Europea (UE) rappresenta con una sola voce l’Italia e gli altri paesi membri, che stabiliscono una linea comune prima di recarsi al tavolo negoziale internazionale. L’UE prosegue con l’obiettivo di coniugare crescita economica di qualità, sicurezza energetica e sostenibilità, come dimostra l’aggiornamento degli strumenti comunitari per l’azione climatica fino al 2030 e la dichiarazione di 16 capi di stato, tra cui l’Italia, che sostiene il rafforzamento dell’azione climatica. Più recentemente la Commissione ha presentato un documento strategico che illustra come azzerare entro il 2050 le emissioni del continente. Questo documento sarà una guida per la Commissione che si formerà dopo le elezioni europee che si terranno a fine maggio 2019.

Nella scacchiera internazionale la Cina e il Canada hanno guadagnato la posizione di partner fondamentali dell’UE. Incontri di livello ministeriale tra questi tre attori hanno dimostrano serietà nell’implementare con parole e con fatti l’Accordo di Parigi. Lavorare con la Cina, che produce circa il 30% delle emissioni di gas serra globali, è fondamentale. Inoltre, è un partner strategico per fornire un modello positivo ai paesi emergenti, come India, Brasile e Russia, e ai paesi in via di sviluppo. Il Canada, da parte sua, è fondamentale per mantenere un dialogo con gli USA. Questo paese ha grandi riserve di carburanti fossili e ogni decisione presa a livello nazionale può avere un impatto sugli USA. Inoltre, il Canada è un contribuente netto alla finanza climatica.

L’Amministrazione Trump ha preso le distanze dall’Accordo di Parigi in modo teatrale. Ciononostante, il sistema federale permette agli stati americani libertà di stabilire i propri obiettivi per far fronte al cambiamento climatico. Una coalizione di attori non-statali dal nome ‘We are still in’ include 10 stati, 280 città e oltre 2.000 imprese tra cui le maggiori della Silicon Valley. Osservatori internazionali considerano che grazie al contributo degli ‘We are still in’ gli USA potrebbero avvicinarsi a raggiungere il loro obiettivo sotto l’Accordo di Parigi. Rimane comunque innegabile che l’ostilità di Trump rende i negoziati internazionali più tesi.

Tradizionalmente il Brasile è un attore costruttivo ai negoziati sul clima. Tuttavia, la nuova amministrazione brasiliana sembra voler cambiar passo come appare dalla campagna elettorale che ha portato Bolsonaro alla vittoria. Verosimilmente anche la posizione ai negoziati diventerà meno cooperativa. Ciò rischia di mettere a repentaglio la ricchezza della foresta amazzonica e gli sforzi di modernizzare il paese grazie a tecnologie sostenibili.

La cooperazione internaionale si trova davanti a sfide importanti, ma non impossibili. La lotta al cambiamento climatico non è solo urgente, come sottolineato dalla comunità scientifica globale e dalle organizzazioni internazionali; ma è determinante per assicurarci un futuro prospero.

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