07
Nov

Marrakech, si apre la COP22: obiettivo implementazione

Si è aperta oggi a Marrakech la 22^ Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, che vedrà i rappresentanti dei 197 Paesi riunirsi in Marocco fino a venerdì 18 novembre.

di Federico Brocchieri

Riprendono i negoziati sul clima, con la prima sessione della Conferenza delle Parti dopo la COP21 in cui è stato raggiunto lo storico Accordo di Parigi, entrato ufficialmente in vigore lo scorso venerdì 4 novembre. Il “clima”, nel contesto internazionale, sembra essere positivo in seguito ad una serie di avvenimenti: l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi; la definizione del Kigali Amendment che poche settimane fa ha indicato una roadmap circa la limitazione degli HFC; ed il recente accordo raggiunto a Montreal circa le emissioni derivanti dal settore dell’aviazione (ICAO).

È necessario, ora, passare dalle parole ai fatti attraverso l’implementazione di quanto stabilito. Ad oggi, 100 Paesi hanno ratificato l’Accordo di Parigi, con il superamento delle soglie che ne hanno consentito l’entrata in vigore determinando, di conseguenza, che la prima sessione delle Parti aderenti all’Accordo di Parigi (CMA1) si tenga già nel corso della COP22. In sintesi, già a Marrakech si affronteranno la definizione di regole ed aspetti procedurali, nonché i primi scogli, dell’Accordo.

Le questioni sul tavolo

Chi partecipa alla definizione delle regole dell’Accordo? Uno dei primi nodi riguarderà proprio la decisione circa quali Paesi potranno partecipare alle sessioni del CMA1: se solo i Paesi che già hanno ratificato l’Accordo, o se la possibilità sia estesa a tutti. Secondo quanto previsto da un documento rilasciato dall’UNFCCC, potrebbero teoricamente partecipare a tali sessioni solo quei Paesi che avevano ratificato nazionalmente l’Accordo almeno 30 giorni prima dell’apertura del CMA1: essendo questa prevista per il 15 novembre, ciò significa che potrebbero partecipare solo quei Paesi la cui ratifica sia avvenuta entro il 14 ottobre. E se l’Europa ha in qualche modo bypassato il problema, in cui sarebbero incorsi i diversi Stati Membri ritardatari (tra cui l’Italia), depositando in primo luogo un unico strumento di ratifica per tutti i 28, lo stesso non può dirsi per numerosi altri Paesi (circa un centinaio) che non hanno ancora depositato il proprio strumento di ratifica o che l’hanno fatto dopo la metà di ottobre. Secondo il Third World Network (TWN), è possibile attendersi una mossa che – con l’obiettivo di adottare un approccio inclusivo nella definizione delle regole circa l’attuazione dell’Accordo di Parigi – deleghi le decisioni previste dalla CMA alla COP, sospendendo le sessioni del CMA fino al 2017 o al 2018, quando tali regole dovrebbero essere definitivamente raggiunte in vista dell’inizio del periodo d’impegno dal 2020.

Chiarezza circa gli NDC. Questione delicata è quella delle caratteristiche degli NDC, ovvero dei Contributi Nazionali Volontari che, a partire dallo scorso anno, i Paesi hanno presentato per comunicare i nuovi impegni per il periodo 2020-2030. In particolare, le submission presentate dai Paesi sono risultate essere piuttosto differenti tra loro circa il significato dato alle “caratteristiche” che tali NDC dovrebbero avere. In vista del Dialogo Facilitativo che dal 2018 ed entro il 2020 porterà all’aggiornamento al rialzo degli obiettivi degli NDC per aumentare i livelli di ambizione, sarà fondamentale avere interpretazioni unitarie di quelle che devono essere le caratteristiche dei Contributi di ogni Paese.

Ambizione pre-2020. La velocità con cui e’ entrato in vigore l’Accordo di Parigi risulta purtroppo in antitesi con l’andamento dei lavori per i livelli di ambizione più “vicini”, ovvero quelli relativi al periodo pre-2020. Il “Doha Amendment” al Protocollo di Kyoto, definito alla COP18 nel 2012 e che doveva dare origine al secondo periodo d’impegno del Protocollo nel periodo 2013-2020, ancora non riesce a decollare, lasciando sostanzialmente “scoperto” un lasso temporale di 7 anni in cui sarebbe fondamentale attuare misure di mitigazione, e non solo. In questo senso, un altro Dialogo Facilitativo dovrebbe essere al lavoro proprio per cercare di rispondere al gap esistente.

Altre questioni rilevanti riguarderanno:

  • la revisione del Loss&Damage, meccanismo di compensazione dei danni e delle perdite associate al cambiamento climatico;
  • la materializzazione di una roadmap concreta per raggiungere l’obiettivo finanziario di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020;
  • la definizione del framework di trasparenza circa misurazione, reporting e verifica delle informazioni fornite dai Paesi riguardo le proprie azioni, e relativa flessibilità;
  • la definizione di linee guida circa le comunicazioni relative all’adattamento;
  • questioni relative alla Global Stocktake, sessione di revisione dello stato di avanzamento generale dell’Accordo di Parigi prevista per il 2023;

ed altro ancora.

Il lavoro previsto è quindi molto. E se non è ancora chiaro quanti di questi punti saranno effettivamente discussi a Marrakech (molti, come si accennava, potrebbero essere rimandati a conferenze successive), appare evidente come la COP22, dopo Parigi, rappresenti già un banco di prova importante per testare la determinazione e la risolutezza dei Paesi nel contrastare efficacemente il cambiamento climatico.

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