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Dic

Side Event – Gli Stati insulari e il cambiamento climatico : i casi di Maldive e di Saint-Lucia

Il tema del side-event ha riguardato il ruolo degli Stati insulari in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico, i quali si ritengono in prima linea nel suo contrasto. In particolare è stato illustrato il caso delle Maldive, le quali fanno parte del gruppo chiamato “Small Island Developing States” (SIDS) ovvero Stati insulari a pochi metri sul livello del mare che condividono simili difficoltà nel perseguimento di uno sviluppo sostenibile permettendo alle persone di continuare a vivere nella loro terra natia.

Il primo a prendere parola è stato il Ministro dell’Ambiente e dell’Energia delle Maldive, Thoriq Ibrahim, il quale ha illustrato il programma “Climate Resilient Safer Islands”, implementato recentemente dallo stato delle Maldive malgrado il suo esiguo contributo di 0,003% alle emissioni globali di gas a effetto serra.

Alla luce di un PIL in crescita su base annua di più di 6 punti percentuali, le Maldive si considerano un paese particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico. Di conseguenza è stato necessario mettere in atto delle azioni di mitigazione e adattamento nell’ambito di una strategia di sviluppo sostenibile che mira a ridurre la vulnerabilità dei SIDS attraverso tre metodi di resilienza:

  • ambientale: mediante misure di adattamento e protezione delle coste. Inoltre, occorre rendere più resilienti le infrastrutture e trasferirle lontane dalle coste. In particolare il Ministro ha espresso preoccupazione per l’aereoporto delle Maldive poiché si trova a solo 1,8 m sul livello del mare, esponendo il Paese a un rischio di isolamento.
  • economica: i settori produttivi locali legati alla pesca e all’agricoltura devono adattarsi all’economia resiliente. Il Ministro ha sottolineato la scarsità di cibo dovuta alla perdita fino al 90% delle loro coltivazioni a causa dell’erosione delle coste e alla salinizzazione del suolo. Inoltre, data la scarsità di risorse naturali, attualmente le Maldive utilizzano il 23% del PIL per importare combustibili fossili, tuttavia è loro intenzione invertire questo trend fissando un obiettivo del 30% di energia da fonti rinnovabili.
  • sociale: aumentare la food security, l’accesso all’educazione e all’energia. Oltretutto, il Ministro ha affermato come il cambiamento climatico impatti sulla già limitata disponibilità di acqua fresca disponibile sull’isola, impedendo di utilizzarne i pozzi, una volta fonte primaria di acqua per la popolazione.

L’intervento del Ministro Ibrahim prosegue illustrando tre casi studio di resilienza applicati: le isole di Vilufushi, Thinadhoo e Dhuvaafaru:

  • Vilufushi: colpita da uno tsunami il 26 Dicembre 2004, la popolazione è stata trasferita e le strutture (quasi tutte distrutte) smantellate e ricostruite. Il risultato è stato un’isola più sicura in termini di housing e protezione delle coste dall’erosione. Curiosa la misura di evacuazione verticale prevista in caso di inondazione: la popolazione può adesso salire sul tetto degli alti edifici scolastici costruiti appositamente per eventi di questo genere.
  • Thinadhoo: ricostruita senza spostare la popolazione con misure di protezione costale e opere di drenaggio per prevenire inondazioni.
  • Dhuvaafaru: dapprima era un’isola disabitata, mentre adesso è stata dotata di servizi simili ai due precedenti casi studio.

Il Ministro conclude il suo intervento rimarcando l’importanza di salvaguarare le infrastrutture critiche come i porti e gli aereoporti e l’eterogeneità dell’economia. La questione, infatti, non è solo ambientale ma anche economica, poiché se l’attuale scenario prosegue è prevista una riduzione del gettito fiscale del 27% a causa del cambiamento climatico.

Il confronto è proseguito con l’intervento di una delegata governativa del Lussemburgo che ci tiene a sottolineare le proficue collaborazioni del proprio Paese (e quindi dell’UE) con i SIDS. In particolare la delegata menziona i progetti sulle energie rinnovabili portati avanti in molti SIDS (fra cui Fiji, Kiribati, Samoa, Tuvalu, Isole Marshall). A supporto della vulnerabilità dei SIDS, il governo lussemburghese ha stanziato un contributo multi-annuale deciso nel 2014 presso l’isola di Samoa impegnando risorse anche per le Maldive. Importante, per i Paesi vulnerabili, anche la questione del Loss and Damage, da includere, secondo la Delegata, nell’Accordo di Parigi.

Subito dopo, prende la parola James Fletcher, Ministro responsabile per lo Sviluppo Sostenibile e l’Energia di Saint-Lucia, Stato membro del “Climate Vulnerable Forum” (CVF) insieme alle Maldive. Il Ministro Fletcher afferma che nonostante il piccolo (0,0015%) contributo alle emissioni globali di gas a effetto serra, Saint-Lucia è fortemente colpita dalle consequenze del cambiamento climatico. Esso ha, ad esempio, provocato l’innalzamento del livello del mare causando la perdita di 1300 m complessivi di terra emersa, 2300 danneggiamenti di edifici e la perdita del 3% del terreno agricolo. Queste sono testimonianze del tremendo impatto sull’economia dei SIDS, che purtroppo non dispongono tutti di più isole per trasferire le persone su di esse. Saint-lucia, ad esempio, conta un’unica isola con 175.000 abitanti, i quali hanno il diritto di continuare la loro vita sull’isola senza problemi, a detta del Ministro. Inoltre, molte risorse vengono impiegate nelle opere di ricostruzione e recupero per far fronte alle conseguenze di eventi imprevedibili come gli uragani quando invece potrebbero essere invece usate per educazione e salute. Fletcher conclude il suo intervento con un appello: “Abbiamo bisogno di fondi che rendano possibile la transizione verso una low-carbon economy”.

Conclude l’evento il Presidente dell’IPCC, Hoesung Lee, il quale esordisce affermando che occorre fare in modo che i piccoli paesi come i SIDS partecipino di più al dibattito sulla policy, tenendo in considerazione la loro conoscenza sul tema del cambiamento climatico che impatta direttamente sulla loro vita. Lee, ci tiene a sottolineare che l’IPCC ha ingaggiato esperti dei paesi in via di sviluppo a cui è necessario offrire formazione e assistenza. Riconosce, inoltre, che i report dell’IPCC sono troppo complicati da capire e in questo senso nel prossimo ciclo di report (sesto) cercheranno di migliorare la loro comunicazione per rendere i loro strumenti di policy più accessibili e comprensibili ai decision-maker.

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