01
Set

Una normale estate calda in un clima che cambia

Intervista a Carlo Cacciamani

I mass media, le televisioni in particolare, hanno dipinto l’estate 2012 come eccezionalmente calda, caratterizzata da continue ondate di calore che sono state spettacolarizzate battezzandole con nomi dal sapore fascinoso e mitologico: Caronte, Minosse, Nerone, Lucifero fino al buon Caligola (che ha raggiunto così nuove vette alla sua memoria dopo il cavallo senatore).

Si è parlato della loro intensità, del loro carattere estremo, ma si è sempre mantenuto un livello di allarme dato dall’eccezionalità, come se fossero dei fatti anomali, imprevisti e innaturali durante la stagione estiva (se ne parla anche qui)

Forse agli occhi dei molti può essere così, anche i più anziani faticano a ricordare momenti di così lungo e duraturo calore, eppure ai più giovani non sfugge il ricordo della torrida estate del 2003 (i maturandi della classe 1984, ad esempio) ma nemmeno i nostri cugini transalpini si potranno dimenticare facilmente un’estate che fu caratterizzata da elevati picchi di temperatura con conseguenze drammatiche. E poi venne l’estate del 2005, e poi ancora quella del 2007 e quindi quella del 2010, che ha messo a (ferro) e fuoco la fredda Russia. E ancora, sempre nel 2010, e ancor di più nel 2011 e 2012 la pesante siccità estiva che ha colpito gli stati centrali degli Stati Uniti ha riempito i monitor di tutte le televisioni (le immagini del Missisipi, uno dei 5 principali fiumi del pianeta, in secca sono toccanti e drammatiche al tempo stesso).

Un’estate, quella del 2012 dicevamo, che quindi non sembra essere poi così tanto eccezionale, ma quasi in linea con andamenti recenti molto simili, come testimoniato dalla recente pubblicazione fatta dal climatologo James Hansen e il suo staff del Goddard Institute della NASA (ne avevamo parlato a inizio mese di agosto).

Il clima globale sta cambiando, su questo la scienza non ha più dubbi anzi, Hansen ci dice che molto probabilmente il cambiamento è più rapido di quanto ci si aspettava. In un cambiamento globale vi sono zone dove questi cambiamenti sono più o meno marcati, la domanda che ci poniamo è quindi questa: cosa sta accadendo all’Italia? Qual è il reale stato del clima italiano e quali sono le conseguenze di queste ondate di calore non più tanto eccezionali?

Cerchiamo di capire meglio quanto accade grazie al dottor Carlo Cacciamani, direttore del Servizio Meteo-Clima di Arpa Emilia Romagna.

Si può affermare che l’estate 2012 non è un evento eccezionale ma la conferma di una tendenza al riscaldamento?

Occorre prestare estrema attenzione quando si confrontano i dati climatici relativi ad un anno cercando di generalizzarli a livello globale. Occorre, infatti, tener conto della variabilità annuale (es: diversa piovosità tra il 2010 e il 2011). Tuttavia si misurano in molte zone dell’Italia dei trend storici di incremento di temperatura prossimi ai 2°C che sono quasi quattro volte superiori ai trend globali.

L’estate del 2012 può essere un evento eccezionale, mi riservo una valutazione completa a fine estate (21 settembre, ndr), ma comunque alcuni parametri misurati nel corso di questa estate (aumento del numero delle ondate di calore) sono la conferma di un trend in atto. Ciò non toglie che il prossimo anno potremmo avere un’estate più fresca, che non significa che il riscaldamento globale non è in atto, ma sarebbe figlia della variabilità annuale. Occorre quindi prestare molta attenzione quando si confrontano dati e trend, in quanto l’errore più frequente è quello di confrontare le mele con le pere.

  1. Quali sono, oltre alle elevate temperature, i principali parametri che fanno preoccupare di fronte a una tendenza di questo tipo?
  2. Le accoppiate temperatura–umidità e temperatura-precipitazione. Le temperature elevate accoppiate ad aria calda umida di tipo africano creano un disagio climatico che ha impatti sulla salute. Associato all’aumento della temperatura vi è la diminuzione di precipitazione e questa combinazione produce una diminuzione dell’acqua nei suoli. Tra l’altro, l’aumento significativo dell’evaporazione del suolo (5-7 mm/giorno)  aumenta quella che è la sensazione del calore percepito. 

Diminuzione delle precipitazioni non significa però che non piove più, ma che piove in modo diverso: eventi più intensi e più brevi, che non sono molto efficaci ai fini del ripristino del bilancio idrologico, in quanto non piove come dovrebbe (“poco” e “spesso” ma al contrario “molto” e “più di rado”…) e poi piove  nei momenti “sbagliati”. Può essere, infatti, che il bilancio totale delle pioggia possa essere costante su base ad esempio annua, ma se le precipitazioni si verificano in periodi “non opportuni” si va a minare quella che è la ottimale capacità del bilancio idrico nel corso dell’anno.

I dati che lei espone sono preoccupanti, uno dei settori che sembra più a rischio sembra essere quello agricolo, che già è in uno stato di crescente difficoltà vista la concorrenza delle importazioni, quali possono essere a Suo avviso le strategie che il decisore politico può mettere in campo?

  1. Se la risorsa idrica, che è un fattore chiave per un settore come quello agricolo, ha vissuto negli ultimi sei anni ben tre emergenze idriche, e pare che questa possa diventare una “abitudine”, l’agricoltura e gli altri stakeholder interessati alla ricchezza della risorsa idrica (produzione di energia, industria agroalimentare, le risorse potabili, ecc…) debbono trovare la forza di studiare delle politiche di adattamento che possano rendere più efficiente lo sfruttamento della risorsa stessa, che risulta essere carente in uno scenario dove la richiesta aumenta. Un esempio possono essere ad esempio dei  metodi di irrigazione più efficienti, nuove o diverse specie meno “idroesigenti”, una politica più oculata dell’uso dell’acqua…

Si parla spesso di mitigazione e di adattamento quando si parla di policy climatiche: spieghiamo meglio, a chi non mastica i cambiamenti climatici, la differenza e quali politiche sono a suo avviso più urgenti

La mitigazione e l’adattamento sono due cose distinte e ben diverse. Mitigazione significa prendere delle decisioni per diminuire le cause, nel caso dei cambiamenti climatici si tratta di intraprendere politiche che tendono a ridurre le emissioni di CO2. La mitigazione non può quindi prescindere da un impegno globale.

La parola adattamento in sé potrebbe creare delle ambiguità. Adattarsi significa innanzi tutto prendere atto che i cambiamenti climatici sono in atto e riconoscere che gli impatti sono tanti e tali per cui la società si prepari per ridurre gli impatti del cambiamento climatico in atto.

Tornando a quanto dicevamo, riguardo agli eventi di pioggia estrema, che in un clima che cambia potrebbero essere più frequenti, possono portare ad un incremento degli eventi di piena di quei corsi d’acqua che sono caratterizzate da brevissimi o brevi tempi di corrivazione e che costituiscono quello che viene chiamato il reticolo idrografico secondario, caratterizzato da elevata urbanizzazione e quindi potenzialmente esposto a maggior rischio. 

L’adattamento quindi è molto importante ai fini della riduzione degli impatti e delle scelte di policy a livello locale, cosa si può fare in concreto?

  1. Come dicevamo, adattarsi significa ridurre gli impatti legati a un clima che cambia. Se, per chiarezza rimaniamo sulla tematica della crisi idrica, pensiamo a quelli che possono essere gli impatti dovuti a eventi meteo estremi, trova un valore centrale la pianificazione (a livello locale ad esempio i Piani di Governo del Territorio). Una buona pianificazione, fatta con criteri di minimizzazione del rischio, e attraverso delle scelte, permetterebbe di evitare l’insorgenza di situazione molto critiche (es: evitare di costruire nelle golene dei fiumi, evitare cementificazioni selvagge in zone critiche).

Uno strumento di adattamento utile ai policy maker per evitare le conseguenze delle ondate di calore, è un sistema di “early warning” correlato con il sistema sociale. Integrare le previsioni meteorologiche con il sistema delle aziende sanitarie per individuare le persone più a rischio può portare, in un’efficienza del sistema, a minimizzare gli impatti sui soggetti più deboli.

Le politiche di adattamento quindi, non sono solo delle politiche ambientali, ma delle politiche integrate tra i vari settori (sociale, economico, sanitario, naturalistico ecc …).

Un esempio, visto che la stagione turistica estiva sta volgendo al termine, in un clima che cambia, con i ghiacciai che si ritirano, occorre prestare attenzione a dove realizzare gli impianti di risalita: in Svizzera ad esempio mi risulta che stiano disincentivando la  realizzazione di impianti a bassa quota, in quanto la minor presenza di nevicate a bassa quota ne potrà inficiare la sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica.

Politiche di adattamento che nascondono al loro interno delle difficoltà intrinseche, in quanto comportano scelte e decisioni che possono essere diverse a seconda della latitudine.

In Europa ad esempio, le policy di adattamento degli Stati Membri del nord Europa sono di sicuro molto diverse, in certi settori,  da quelle dei paesi mediterranee. Questo comporta quindi uno sforzo tecnico di elaborazione di progetti e proposte serie e concrete, altrimenti la direzione presa dall’Unione Europea andrà necessariamente secondo quella dettata dai paesi nordici che stanno elaborando, proponendo e finanziando progetti di adattamento.

Quanto a suo avviso, questa spettacolarizzazione delle ondate di calore, può influire negativamente sulla percezione dei cittadini rispetto al cambiamento climatico in atto?

Il fatto di esser giunti a dover utilizzare delle figure mitologiche per descrivere la riproposizione dello stesso evento meteorologico significa che alla base vi è un errore di comunicazione di base da parte degli esperti del settore. Probabilmente vi è anche una maggiore disattenzione da parte del cittadino su queste tematiche, che necessita di un nome di un simbolo per richiamare l’attenzione.

Forse questo ha si consentito che ci fosse maggiore attenzione alla tematica, ma non è certo che vi sia stata una maggiore consapevolezza nei confronti del cambiamento climatico e delle sue conseguenze.

 

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