ADATTAMENTO, COSA DICE IL NUOVO TESTO SULL’OBIETTIVO GLOBALE
- La nuova bozza sull’obiettivo globale di adattamento è più corta e condensa alcune delle proposte che erano già sul piatto;
- Sono incluse timide citazioni dei diritti dei gruppi vulnerabili, il grande assente rimane il genere.
Tra i molti testi usciti nelle scorse ore a COP29 troviamo anche quello sul Global Goal on Adaptation (GGA), ovvero il testo che dovrebbe stabilire criteri e modalità comuni di redazione dei piani nazionali di adattamento (NAPs). Secondo quanto previsto dal Global Stocktake adottato a COP28, infatti, gli Stati sono chiamati ad avere pronti per il 2025 nuovi NAPs per poi passare all’azione e vedere progressi di implementazione entro il 2030.
COP28 aveva visto l’adozione di un nuovo Global Goal on Adaptation che aveva stabilito 7 nuovi target di adattamento per area tematica (para 9): tra questi la riduzione di scarsità d’acqua e di cibo, della povertà e della vulnerabilità e degli impatti sugli ecosistemi, insieme all’aumento della resilienza in materia di salute e infrastrutture, e la protezione dei patrimoni culturali. L’inclusione di questi obiettivi era stata considerata una vittoria per i Paesi più vulnerabili. A questi poi sono stati aggiunti ulteriori 4 target (para 10) che stabiliscono i passi per il ciclo iterativo di adattamento che riguarda per lo più pianificazione, implementazione e monitoraggio dei NAPs.
Source: IPI, Olivia Fielding
Veniva lasciato ai negoziati successivi – nell’ambito di un programma di lavoro biennale (Emirati Arabi Uniti – Belém) – il compito di sviluppare indicatori per misurare i progressi raggiunti verso gli obiettivi delineati.
Ed è di questo che si sta attualmente discutendo qui a COP29. Nella fase di invio di input ai facilitatori, gli Stati avevano proposto di inserire più di 9.000 indicatori di adattamento le aree montane, l’aumento del livello del mare, l’l’educazione dei bambini e o la la migrazione, un numero molto elevato per cui è stata richiesta una riduzione. Visto che tra gli indicatori proposti, molti, tra cui le aree montane, l’aumento del livello del mare, l’educazione dei bambini e la migrazione, non potevano essere applicati globalmente a tutti i Paesi, si è reso necessario distinguere tra indicatori globali e altri più ritagliati sul contesto nazionale e regionale. -.
Il nuovo testo presentato nelle ore scorse è più breve della bozza precedente: probabilmente si è cercato di fornire una sintesi delle intese raggiunte finora dalle Parti, anche se alcuni paragrafi presentano ancora più opzioni e bisognerà vedere quale verrà accettata consensualmente.
In generale, si vede un accorpamento di alcuni punti (anche di opzioni) per snellire il testo (ora di 6 pagine contro le 9 iniziali), e si riconosce la necessità di ricevere guida tecnica in materia di indicatori. Interessante rilevare che tra gli esperti tecnici che dovranno lavorare su questi temi nell’ambito dell’UAE-Belem Work Programme (UAE-Belem WP) deve essere assicurata una equilibrata rappresentanza non solo geografica ma anche di genere. Una novità positiva, che però si perde nel generale ridimensionamento delle tutele di genere nei testi negoziali di cui vi abbiamo già parlato e che vedremo tra poco anche in questo testo.
Nella nuova versione, inoltre, le Parti sembrano concordare sul fatto che il risultato finale del programma di lavoro dovrebbe includere un set gestibile di non oltre 100 indicatori in totale (una cinquantina in più rispetto alla precedente bozza che ne citava 55), che includano sia quelli applicabili globalmente (che informano le analisi sui trend globali) sia un ‘menu’ di indicatori nazionali al fine di catturare le specificità delle azioni di adattamento dei Paesi, e consentire ogni nazione di scegliere quali indicatori riportare alla luce delle circostanze locali. Questa formulazione appare nell’accorpamento delle opzioni 3, 4 e 5 della versione precedente con alcune inserzioni nuove.
È ancora prevista la possibilità di includere ulteriori indicatori sui i mezzi di implementazione delle misure di adattamento, tra cui potenzialmente la migrazione come richiesto da alcuni gruppi della società civile, anche se in forma opzionale e quindi potenzialmente rimovibile dal testo finale. In ogni caso, tutti gli indicatori devono coerentemente assicurare la capacità di valutare i progressi di adattamento secondo i target stabiliti dai paragrafi 9 e 10 del nuovo GGA.
E ora la nota agrodolce. Tra i nuovi paragrafi inseriti ce ne sono alcuni che fortunatamente citano i diritti di alcuni segmenti della popolazione particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Per esempio al paragrafo 15 si cita l’importanza di includere la conoscenza tradizionale delle popolazioni locali e indigene nel definire gli indicatori di adattamento. Inoltre, si prevede di includere specifici indicatori che sono in grado di cogliere l’inclusione sociale, le persone indigene, i processi partecipativi, i diritti umani, le persone giovani e quelle con disabilità, oltre a rispondere alle specifiche e uniche vulnerabilità dei giovani ai cambiamenti climatici e considerare indicatori trasversali in materia di educazione e salute dei giovani (para 21). Tuttavia, da questo elenco è stato espunto il riferimento al genere mentre c’è un generale riferimento all’inclusione sociale. Come dicevamo in questo articolo, l’indebolimento del Gender Work Programme inizia a far traballare tutto quello che da essa dipende, vista la natura trasversale della materia.
Amarus in fundus, il riferimento al principio che abbiamo imparato essere uno dei principi chiave per garantire giustizia climatica – ovvero il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e le rispettive capacità – è stato rimosso nella nuova versione del testo. Per fortuna fa da contraltare la permanenza della menzione del ruolo fondamentale dell’IPCC nell’informare la mappatura degli indicatori e dei progressi in materia di adattamento, così come l’opzione per la creazione della Baku Adaptation Road Map per continuare i lavori sul GGA che lasciano spazio per miglioramenti e maggiori impegni degli Stati.
Articolo a cura di Erika Moranduzzo, delegata di Italian Climate Network alla COP29 di Baku
Immagine di copertina: foto di UN Climate Change – Kamran Guliyev
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