“CAPANNELLI IMPROVVISATI”: NEBBIA SULL’ARTICOLO 6 DELL’ACCORDO DI PARIGI
La giornata di negoziato di mercoledì 12 giugno è stata molto, molto faticosa. Complice l’ambizioso obiettivo di chiudere entro sera il pacchetto di testi da portare nella plenaria finale di giovedì, e quindi poi alla COP29 di Baku, sull’ostico Articolo 6 dell’Accordo di Parigi, eterno irrisolto dell’ultimo decennio. La necessità di chiudere con un testo pronto su tutti e tre i filoni di lavoro (6.2, accordi bilaterali tra Paesi, 6.4, sistema globale di scambi di crediti per emissioni e 6.8, approcci non di mercato) è arrivata al termine di una settimana che visto una sorprendente accelerazione in questo specifico negoziato, complice la dichiarazione d’intenti della Presidenza azerbaigiana della prossima COP29 di chiudere il “pacchetto” di decisioni sull’Articolo 6 entro l’anno, proprio a Baku, assieme alle altre decisioni attese sulla finanza per il clima.
Ma di cosa tratta l’Articolo 6 e perché mercoledìse ne è parlato in modo così lento, farraginoso? Dell’Articolo 6 abbiamo scritto spesso nel nostro Bollettino COP, e oggi potremmo riassumere così: l’Articolo 6 disciplina, sotto la nuova governance dell’Accordo di Parigi per il periodo 2020-2100, gli scambi bilaterali e multilaterali tra i Paesi in termini di crediti per emissioni, secondo criteri di mercato e non. Ai crediti per emissioni – ossia un credito trasferito da un Paese a un altro per emissioni ridotte grazie a un progetto o finanziamento, contribuendo quindi ai piani climatici (NDC) di una delle due nazioni coinvolte – potremmo e anzi dovremmo qui aggiungere i crediti per emissioni assorbite, ormai ampiamente parte del ragionamento e delle decisioni degli ultimi anni, nonché i controversi crediti per emissioni evitate. Proprio le emissioni evitate, in coppia con il concetto di “potenziamento della conservazione” (conservation enhancement) mercoledì sono state al centro del dibattito in sala, vista la loro difficile rendicontabilità e, secondo molti, dubbia eticità. Ne avevamo già parlato durante COP28 e potete trovare informazioni utili nella nostra analisi di allora.
Di base, quasi nessuno vuole parlare di emissioni evitate sotto l’Articolo 6. Eppure, nella realtà molti operatori privati ne hanno fatto già un prodotto di mercato ben vendibile e al centro di un settore in forte crescita, in assenza di una regolamentazione vera e propria. A Bonn se ne è parlato per una giornata intera, per decidere se puntare – tramite i testi negoziali – a una loro progressiva inclusione negli ITMOs, ossia nei risultati di mitigazione trasferiti da un Paese all’altro (quindi nei relativi crediti) e quindi se farle valere, quando organizzate dal pubblico, come risultati sotto i piani nazionali sul clima (NDC), oppure no. Una maggioranza di Paesi ancora rigetta questo approccio, volendo piuttosto insistere sulle emissioni da ridurre, sicuramente più facili da conteggiare e più accettabili a livello etico.
Nelle parole di un negoziatore europeo che ci ha chiesto di rimanere anonimo, infatti, “un’eventuale inclusione delle emissioni evitate, ad oggi impossibili da conteggiare in assenza di chiare basi scientifiche e temporali di riferimento, nello sviluppo dei piani nazionali potrebbe far crollare ogni residua credibilità dell’Accordo di Parigi sulla mitigazione”, che a quel punto “diventerebbe un semplice elenco di desiderata aggiornato ogni tanto, senza reali riduzioni nella concentrazione di CO2”. In altre parole, in questa fase di urgenza sarebbe importante lavorare per ridurre le emissioni esistenti, non per conteggiare quelle che magari comunque non produrremmo, mentre proseguiamo con le altre.
La discussione nelle due sessioni su Articolo 6.2 e Articolo 6.4 è stata talmente caotica che i facilitatori sono dovuti ricorrere a “capannelli”, ossia all’indicare ai delegati di fare delle brevi pause informali in sala per confrontarsi a voce, in gruppo o meno, per poi riavviare la seduta alla comunicazione di un accordo di massima. In pratica delle sessioni informali-informali aggiuntive, organizzate sul momento visto lo scadere dei tempi – ormai supplementari – in cui si giocava la partita. Sul finale della seduta sull’Articolo 6.4 il capannello si è praticamente creato da solo quando, verso l’ora di cena, uno dei due co-facilitatori ha alzato le mani a fronte del caos emergente dalle varie posizioni in sala, creando di fatto una situazione che gli amici di CAN Europe hanno riportato magistralmente nel loro report quotidiano con “impromptu huddle”, capannello improvvisato.
Alla fine delle due sedute non si è raggiunto alcun consenso sulla totalità dei due testi, che sono stati re-inviati ai facilitatori della plenaria conclusiva interamente coperti da parentesi, ossia senza che sia stata di fatto adottata preliminarmente alcuna formula.
Non ultimo, la delegata dell’Ucraina ha polemizzato rispetto alla prospettiva di proseguire nei lavori sul tema con ulteriori sessioni intermedie prima di Baku ma non per l’idea in sé, quanto per la necessità di avere riunioni ibride così da permettere la loro partecipazione viste le evidenti difficoltà logistiche: un’evidente provocazione rivolta ai delegati della Federazione Russa seduti a pochi posti di distanza che invece si erano dichiarati favorevoli a negoziati solo in presenza – a sua volta una provocazione, se vogliamo, visti gli importanti problemi con i visti che quella stessa delegazione ha avuto per arrivare in Germania per gli intermedi nei giorni scorsi.
Quisquilie procedurali e politiche, insomma, che hanno però allontanato la possibilità di chiudere questi negoziati intermedi con un consenso sui due principali testi relativi all’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi, consenso che solo poche ore fa sembrava molto più vicino. Complessivamente però non possiamo non notare come fatto positivo il generale scontento tra le delegazioni rispetto a ogni tentativo di inserire le emissioni evitate nelle misure conteggiabili sotto l’Accordo. Sarà interessante vedere quale testo, sempre che ve ne sarà uno, potrà finire in plenaria nelle prossime ore.
A cura di Jacopo Bencini, Advisor Politiche Europee e Multilaterali sul Clima
Immagine di copertina: foto di Jacopo Bencini