COP16 biodiversità
21
Ott

COP16 BIODIVERSITÀ: A CHE PUNTO SIAMO E COSA DOBBIAMO ASPETTARCI

Lunedì 21 ottobre inizia la COP16 sulla biodiversità – la sedicesima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD). Ospitata da Cali, in Colombia, durerà fino al 1° novembre e dunque si chiuderà poco prima della COP29 sul clima, al via l’11 novembre a Baku, in Azerbaijan.

La COP16 è particolarmente rilevante perché è la prima conferenza sulla biodiversità dopo l’adozione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework alla COP15, che nel 2022 ha racchiuso il piano d’azione globale per la biodiversità. Ne avevamo parlato qui.

Di cosa si parla alla COP16 sulla biodiversità

L’obiettivo principale dei negoziati in Colombia sarà quello di risolvere molte questioni che nel 2022 erano rimaste aperte, come per esempio il finanziamento per implementare l’accordo Kunming-Montreal e il monitoraggio delle azioni per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Sul tavolo anche le spinose questioni dei crediti di biodiversità e dei meccanismi di mercato.

I temi principali che verranno discussi a Cali: 

  • Finanziamenti e Global Biodiversity Framework Fund (GBFF)
  • Crediti di biodiversità
  • Monitoraggio degli obiettivi
  • diritti dei popoli indigeni

Il tema dei finanziamenti è al centro di un acceso dibattito perché molte nazioni del cosiddetto Sud globale, dove per altro si trova la maggiore biodiversità, hanno chiesto che si aprisse un fondo dedicato alla sua salvaguardia. La richiesta è stata finora respinta dai Paesi più ricchi, in una dinamica che ricorda un po’ quella che stiamo osservando anche sul fronte clima nel negoziato sulla finanza.

Attualmente è stato creato solo il Global Biodiversity Framework Fund, un fondo speciale che finora ha raccolto circa 250 milioni di dollari da alcuni Paesi come Canada, Germania, Regno Unito, Nuova Zelanda e Spagna, ma è una somma chiaramente insufficiente per tutto quello che c’è da fare.
L’obiettivo dichiarato dal Global Environmental Fund, che gestisce questo fondo, era quello di destinare circa il 20% dei finanziamenti ai popoli indigeni e alle comunità locali. Alcuni osservatori – come Survival International – hanno denunciato che, in realtà, finora i fondi sono stati mandati a grandi organizzazioni, alcune delle quali hanno un passato controverso per quanto riguarda i diritti delle popolazioni native e i progetti che sostengono per la conservazione della natura.
Per la tutela della biodiversità, insomma, la questione dei fondi è centrale alla COP16 e rischia di tenere sotto scacco tutto il resto, un po’ come stiamo vedendo anche nei negoziati sul clima.

Anche per quanto riguarda i crediti di biodiversità assistiamo a discussioni simili a quelle sui mercati del carbonio. L’accordo Kunming-Montreal non ha escluso l’ipotesi di creare un meccanismo di questo tipo per aumentare il flusso di fondi permettendo a organizzazioni e aziende di comprare crediti per compensare i danni causati dalle loro attività, ma si tratta di una questione controversa. Tra i rischi c’è quello che i crediti finiscano per promuovere una compravendita dei territori dei popoli indigeni per lo sviluppo dei progetti, popoli che a detta di molte voci del terzo settore potrebbero venire allontanati dalle loro terre, in assenza di adeguate garanzie; non ultimo, molti attori del settore continuano a nutrire dubbi sugli impatti positivi di tali progetti sulla stessa biodiversità.

Il monitoraggio degli obiettivi è infine legato al Target 3 dell’accordo Kunming-Montreal, dove si dichiara di mettere sotto protezione il 30% delle terre e dei mari entro il 2030 (Obiettivo 30×30). Anche la creazione delle Aree Protette può tuttavia rappresentare una minaccia per i popoli indigeni, nonostante nel 2022 si fosse annunciato di voler rispettare i loro diritti.

Quali aspettative?

Le decisioni che verranno – o non verranno – prese alla COP16 sulla biodiversità saranno insomma enormemente importanti. Come società civile, l’auspicio è che sia possibile stabilire livelli di ambizione elevati che ci consentano di affrontare le sfide sempre più difficili che abbiamo di fronte, e che possano fornire una nuova spinta anche alla COP29 sul clima.

La COP16 rappresenta un momento cruciale perché abbiamo l’opportunità di trasformare il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework in azioni concrete”, sottolinea anche Mattia Lucertini, di GYBN Italia (Global Youth Biodiversity Network). “Dovremo vedere politiche inclusive che proteggano la biodiversità, senza ritardi o compromessi sui diritti umani. Non possiamo più permetterci di scaricare tutto sulle spalle di chi verrà dopo di noi. In questi negoziati, la nostra attenzione deve andare ai finanziamenti giusti e a un monitoraggio efficace. E non possiamo ignorare il discorso sui consumi e gli stili di vita, specialmente noi europei, che abbiamo avuto un impatto considerevole”.

“È fondamentale che le Nazioni riconoscano i giovani non solo come destinatari delle politiche, ma come veri partner nelle decisioni – prosegue Lucertini -. Solo così potremo costruire un futuro che risponda alle aspirazioni delle nuove generazioni e affronti con determinazione la sfida climatica e quella della Biodiversità, un’unica crisi”.

Articolo a cura di Giorgia Ivan, volontaria di Italian Climate Network

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