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I mercati volontari e il ruolo dei progetti di compensazione post 2020

di Marta Iacopetti

Italian Climate Network (ICN) ha iniziato questa seconda settimana di negoziati alla COP25 con un evento organizzato presso il Padiglione Italiano in collaborazione con Carbonsink. Il side event ha affrontato il tema cardine del ruolo dei mercati volontari post-2020 per il raggiungimento dell’Accordo di Parigi, evidenziandone le potenzialità per il coinvolgimento del settore privato. Durante l’evento si è discusso dell’importanza di definire regole chiare e condivise per evitare il doppio conteggio delle emissioni da parte dei Paesi o delle imprese, nonché l’importanza di integrare clausole di salvaguardia dei diritti umani nell’implementazione dell’articolo 6, per evitare gli errori commessi nei mercati di scambio delle emissioni del Protocollo di Kyoto.

Stefano de Clara, International Policy Advisor per l’International Emissions Trading Association (IETA) dal 2014, ha presentato l’evoluzione del contributo dei Mercati Volontari e del loro ruolo nell’Accordo di Parigi. A differenza dei meccanismi di mercato previsti dal Protocollo di Kyoto che prevedevano la riduzione delle emissioni per i soli paesi dell’Annex I, i nuovi meccanismi includeranno tutti i Paesi firmatari e dovranno tenere in considerazione gli obiettivi stabiliti secondo i propri contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions – NDCs). I mercati volontari potranno inoltre essere complementari rispetto tali obiettivi.

Considerando i settori delle fonti fossili e dell’utilizzo del suolo, alcuni studi hanno stimato che i meccanismi di mercato volontario potrebbero colmare il “gap di ambizione” tra gli NDCs e l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, grazie ad una riduzione delle emissioni aggiuntiva di circa 9 miliardi di tonnellate di CO2e, con un risparmio di circa 320 miliardi di dollari entro il 2030 rispetto alla realizzazione delle stesse riduzioni con solo misure “domestiche”. È quindi fondamentale riconoscere questo “gap di ambizione” e cercare modi per ridurlo, pur garantendo standard di integrità e certificazioni riconosciute a livello internazionale.

Andrea Maggiani, Managing Director di Carbonsink, ha parlato del potenziale ruolo di un mercato volontario italiano a supporto delle strategie di mitigazione delle imprese. Secondo Maggiani, negli ultimi anni è cresciuto notevolmente l’interesse del settore privato ad aumentare la propria ambizione in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, fino a raggiungere la “neutralità carbonica”. La spinta verso azioni di mitigazione più forti è arrivata anche dai mercati finanziari e il crescente interesse nel promuovere investimenti in aziende green e socialmente responsabili. Nel periodo post 2020 si prevede quindi un aumento di ambizione, sia dei paesi che del settore privato, verso la carbon neutrality. A tal fine è importante avere mercati volontari che siano regolamentati, con sistemi di monitoraggio trasparenti e registri indipendenti per monitorare l’effettiva riduzione delle emissioni.

Dell’importanza di avere un meccanismo robusto per evitare il doppio conteggio delle emissioni nei mercati di carbonio ha parlato anche Marina Vitullo, negoziatrice per la delegazione italiana e autrice dei rapporti IPCC sui sistemi di contabilizzazione in campo foreste e usi del solo. Nei nuovi sistemi di contabilizzazione previsti nell’ambito dell’Accordo di Parigi sarà presente un sostanziale cambiamento rispetto all’approccio usato per il Protocollo di Kyoto, sia in termini di reportistica che di quantificazione. Se prima esisteva una sola metrica per i target di riduzione sotto il Protocollo di Kyoto (tonnellate di emissioni di CO2 equivalenti) nei settori economici di riferimento (rifiuti, agricoltura, processi industriali ed energia), in futuro esisteranno diverse tipologie di obiettivi nei contributi determinati a livello nazionale, i quali saranno misurati secondo metriche differenti (kWh risparmiati, ettari di riforestazione, percentuale di produzione energetica da fonti rinnovabili). Questa molteplicità di metriche renderà più difficoltoso il monitoraggio degli NDCs e del funzionamento dei mercati di carbonio, soprattutto al fine di evitare il doppio conteggio. Se un progetto finanzierà un incremento di produzione di energia rinnovabile, dovranno essere stabilite delle regole per far sì che tale progetto non venga conteggiato più volte rispetto a diversi obiettivi, ad esempio anche per la conseguente riduzione delle emissioni di CO2.

L’evento si è concluso con un intervento di Rachele Rizzo di Italian Climate Network, che ha ribadito la necessità di integrare la clausole di salvaguardia per la protezione ambientale e i diritti umani nell’implementazione dell’Accordo di Parigi, ed in particolare nei nuovi meccanismi di mercato. In passato infatti, azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici hanno causato violazioni dei diritti umani anche a causa della mancanza di linee guida nello sviluppo dei progetti. Tale importanza è anche ribadita all’interno del preambolo dell’Accordo di Parigi, in cui le parti si impegnano a rispettare e promuovere i diritti umani nell’implementazione dell’Accordo. Questi elementi sono fondamentali per far sì che la transizione ad un’economia a basse emissioni di carbonio sia una transizione giusta e in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

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