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Set

LE IMPLICAZIONI STORICHE E ANTROPOLOGICHE DELLA FUSIONE DEI GHIACCIAI

Un team di ricercatori dell’Istituto di scienze polari del CNR e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha mostrato come l’accelerazione della fusione dei ghiacciai delle isole Svalbard (Norvegia), stia causando la perdita del segnale climatico e ambientale in esso contenuto.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cryosphere, ha preso in esame l’evoluzione climatica nel periodo tra il 2012 e il 2019. 

Le diverse implicazioni del riscaldamento globale nelle regioni artiche

Il riscaldamento globale risulta essere molto più marcato nelle regioni artiche per via del fenomeno dell’amplificazione artica. L’arcipelago delle Svalbard, nel Mar Glaciale Artico a nord della penisola scandinava, sta subendo gli effetti in maniera ancora più considerevole per via della sua bassa altitudine. 

La fusione dei ghiacciai, oltre a provocare l’innalzamento dei mari, la perdita dell’habitat di alcune specie viventi e il cambiamento nelle tradizioni e cultura delle popolazioni che vivono in quest’area, può causare anche la scomparsa dello storico ambientale e antropogenico contenuto all’interno del ghiaccio.

Per questo motivo, alcuni ricercatori, hanno prelevato delle profonde carote di ghiaccio presso il ghiacciaio Holtedahlfonna al fine di preservare i dati e lo storico registrato in essi. I carotaggi permettono di ricostruire la serie storica sul clima del passato e a oggi risultano essere gli strumenti più affidabili e quantitativamente migliori. Gli strati di neve possono riportare numerose indicazioni su diversi parametri atmosferici, come temperatura, composizione dell’aria, radiazione solare o eventi straordinari come eruzioni vulcaniche, grazie ai gas contenuti all’interno. 

L’effetto dell’amplificazione artica 

Le regioni artiche stanno subendo le conseguenze del riscaldamento globale in maniera maggiore per via dell’effetto dell’amplificazione artica: i ghiacciai artici infatti, avendo una superficie bianca, hanno una capacità riflettente molto superiore a quella dei suoli e dei mari. Il riscaldamento globale, che ne sta accelerando la fusione, provoca la riduzione della loro estensione, e di conseguenza anche la loro riflettività. Ciò porta a lasciare scoperte maggiori porzioni oceaniche e terrestri che, avendo una superficie più scura, tendono ad assorbire il calore del sole e aumentare ancora di più le temperature. Lo scongelamento provoca inoltre il rilascio nell’atmosfera di diversi gas serra trattenuti all’interno del permafrost, alimentando il ciclo in maniera continua. Questo fenomeno purtroppo è ancora più marcato nelle regioni artiche del nord Atlantico come ad esempio l’arcipelago delle isole Svalbard.

Questo aspetto climatico è sostenuto anche dai dati ottenuti da questo studio, che dimostrano infatti che c’è stato un incremento delle temperature almeno quattro volte superiore rispetto a quello globale dal 1979 a oggi.
L’arcipelago delle Svalbard è particolarmente sensibile al cambiamento climatico per via della bassa altitudine della sua principale calotta glaciale e per la posizione geografica nell’alto Nord Atlantico dove l’effetto dell’amplificazione artica è più significativa.

L’accelerazione della fusione del ghiacciaio delle isole Svalbard e la rilevanza storica contenuta nei ghiacciai

Le Svalbard ricoprono un’area di 34.000 km quadrati e rappresentano circa il 6 per cento delle risorse di ghiaccio mondiali oltre alla Groenlandia e i ghiacciai dell’Antartico. Per intenderci, se dovessero fondere completamente i suoi ghiacciai si alzerebbe il livello dei mari di circa 1,7 cm.
Come dimostra lo studio, questi sono i ghiacci che stanno subendo la fusione più rapida al mondo e i giorni di precipitazioni nevose sono diminuiti da 253 (1976-1997) a 219 (2006-2018).
Questi cambiamenti sono tutti registrati all’interno dei vari strati di ghiaccio che, come pagine di un libro, contengono informazioni ambientali e storiche.

Come spiega Jacopo Gabrieli, ricercatore presso l’Istituto di Scienze Polari ISP-CNR di Venezia, in un  articolo pubblicato su Nature, “gli strati di ghiaccio conservano anche altri tipi di dati ambientali che possono mostrare l’impatto dell’uomo. Strato per strato, in un campione di ghiacciaio possiamo individuare le tracce lasciate da eventi storici, sia globali che locali”. Egli infatti riporta che si può trovare traccia di diversi accadimenti storici che sono opera dell’uomo, come il picco di inquinamento da piombo intorno agli anni Settanta, o i residui di polonio derivanti dai test nucleari militari durante la Guerra Fredda, il calo delle emissioni durante la Grande Depressione, o persino tracce di attività mineraria locale in epoca medievale. Il polline incapsulato nel ghiaccio ad esempio può mostrare l’arrivo del mais in Europa e la diffusione della coltivazione del castagno in epoca romana.

Metodologia: studio dell’isotopo di ossigeno

Gli studiosi, una volta prelevati i campioni, hanno utilizzato il parametro del δ18O isotopo dell’ossigeno per ricostruire gli sbalzi di temperatura passati. Esso infatti viene meno influenzato da altri eventi quali la fusione del ghiaccio e l’infiltrazione d’acqua rispetto ad altri parametri chimici utilizzati durante l’analisi dei nuclei di ghiaccio.

Come spiega Jacopo Gabrieli, “si possono analizzare gli isotopi stabili di idrogeno e ossigeno presenti nella molecola dell’acqua. La loro proporzione è costante nell’acqua di mare, ma cambia nella pioggia e nella neve, a seconda della temperatura atmosferica. Ciò significa che possiamo osservare indirettamente la temperatura dell’atmosfera al momento della formazione della calotta glaciale, e quindi dedurre l’evoluzione del clima nel passato”.

Sulla base dei risultati degli isotopi dei quattro carotaggi prelevati dal ghiacciaio Holtedahlfonna è evidente che il segnale stagionale per i campioni del 2017 e 2019 ha subito considerevoli cambiamenti e si è progressivamente deteriorato.

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Descrizione generata automaticamente

Identificazione dei valori minimi e massimi di δ18O (punti rossi e blu) basato sulla datazione annuale del bilancio di massa per i quattro carotaggi superficiali ((a) nucleo 2012, (b) nucleo 2015, (c) nucleo 2017, (d) nucleo 2019).

Immagine che contiene testo, diagramma, schermata, Parallelo

Descrizione generata automaticamente

Rappresentazione della pendenza tra il valore massimo e minimo annuale di δ18O ponderato sulla differenza percentuale nel valore di δ18O per ciascun bilancio di massa annuale per i quattro carotaggi superficiali. La linea nera rappresenta la tendenza del cambiamento della pendenza ponderata nel corso degli anni. ((a) nucleo 2012, (b) nucleo 2015, (c) nucleo 2017, (d) nucleo 2019). Fonte: Cryosphere

Studiare il passato per anticipare il futuro

La conservazione di queste carote di ghiaccio oltre ad avere uno scopo scientifico, ne ha anche uno storico e antropologico.

Capire come è cambiato il clima negli anni è fondamentale per fare anticipazioni sul futuro. I ghiacciai sono modelli del cambiamento climatico: ciò che sta accadendo ora nell’artico è un segno degli impatti che vedremo in futuro anche nelle altre regioni. La rapida fusione delle calotte glaciali a cui stiamo assistendo è tragico per la perdita di risorse idriche e di biodiversità, ma anche per la scomparsa della conoscenza e della memoria racchiuse negli strati di ghiaccio

Articolo a cura di Lorena Piccinini, volontaria di Italian Climate Network

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