NEGOZIARE MENTRE IL MONDO ESPLODE: LA DENUNCIA DI CAN INTERNATIONAL
“È un’illusione pericolosa credere di poter risolvere l’emergenza climatica qui a Bonn, chiusi in isolamento: mentre i negoziatori si concentrano sui dettagli tecnici, il mondo fuori sta bruciando”. Da Bonn, il primo giorno della seconda settimana di incontri, Climate Action Network (CAN) International ha lanciato un appello chiaro e urgente: “no alla guerra”. Senza questa premessa, “continuare così non ha senso – ha spiegato Attila Kulcsar (CAN International) – qualsiasi decisione resterebbe irrilevante”.
Dopo di lui, la conferenza stampa organizzata dall’organizzazione ha dato spazio ad attiviste e attivisti provenienti da diversi continenti. Mohamed Kamel di CAN Arab World ha fatto risuonare nella stanza una domanda: “Qual è lo scopo della nostra presenza qui a Bonn? Siamo completamente dissociati da quello che sta succedendo fuori dalle stanze, ne siamo consapevoli? Molto probabilmente stiamo volontariamente scegliendo di ignorarlo”. Nelle sale si continua a discutere di clima e finanza non solo senza alcun risultato, ma anche “senza il minimo rispetto per il diritto internazionale e le convenzioni”, ha accusato l’attivista, e ha chiesto di cambiare narrativa, integrando qualsiasi questione climatica nel più ampio contesto che oggi tutte e tutti devono impegnarsi a considerare, per lo meno per essere credibili. “Non stiamo lavorando in un silos, non stiamo negoziando per un altro pianeta, ma per quello che alcuni Paesi qui presenti stanno mandando a fuoco”.

Dopo aver dato spazio all’indignazione, ecco i punti fondamentali emersi dall’incontro di CAN:
- denuncia del collasso del diritto internazionale, “sistematicamente ignorato dalle potenze dominanti, in particolare Stati Uniti e Israele”;
- impossibilità di affrontare l’emergenza climatica ignorando i conflitti in corso. “Guerra, genocidio e questioni climatiche sono intrinsecamente collegati e non possono essere trattati separatamente”;
- critica ai negoziati di Bonn: “i negoziatori climatici si concentrano su dettagli tecnici mentre il mondo sta bruciando, letteralmente e politicamente”;
- denuncia dell’ipocrisia dell’Occidente per la “politica estera aggressiva e il finanziamento di conflitti” che porta avanti mentre poi “predicando pace e multilateralismo”.
L’incontro si è concluso con un appello all’azione popolare, forse l’unica speranza, secondo gli attivisti, per portare la realtà al centro delle discussioni di Bonn.
Nella mattinata di lunedì, la drammaticità della situazione internazionale è stata al centro anche di un evento della campagna Demand Climate Justice: gli organizzatori e le organizzatrici hanno chiesto alle delegazioni di smettere di ignorare i conflitti globali e di ammettere “l’assurdità della loro attuale posizione”. “Sostengono il genocidio a Gaza e le altre guerre con migliaia di miliardi, poi vengono a questi incontri dicendo che non possono affrontare i finanziamenti climatici. Bombardano scuole e ospedali uccidendo migliaia di bambini, distruggono comunità, distruggono interi ecosistemi e poi chiedono a noi di trovare soluzioni da soli. Per il Nord Globale è il momento di prendersi le sue responsabilità”, ha affermato la rappresentante Movimento Asian People’s Contact and Development, Claire Manaca, denunciando il sabotaggio sistematico delle discussioni climatiche da parte del cosiddetto Global Nord. Manaca ha chiesto di cancellare il debito dei Paesi del Sud, demilitarizzare i fondi pubblici e creare una nuova architettura finanziaria democratica.
Queste priorità sono un buon punto di partenza anche per Meena Raman, di Third World Network, che è intervenuta portando l’attenzione sulla continua violazione del diritto internazionale. “Sentire i Paesi occidentali parlare di diritti umani mentre violano la legge internazionale non è più credibile né accettabile”, ha spiegato, chiedendo obblighi legali chiari relativi all’articolo 9.1. “Sia chiaro che non si tratta di aiuti volontari, ma sono basati su responsabilità storiche” ha aggiunto. Al centro dell’intervento di Raman anche le emissioni militari – “ignorate e nemmeno conteggiate negli obiettivi climatici, rendono sempre più impossibile limitare il riscaldamento globale”.
L’evento si è concluso con l’intervento di Analía Yosantos, di Shift US/Climate Reparations Camp, che ha sottoscritto quanto affermato dalle altre attiviste al tavolo ma con un nuovo punto di vista, quello di cittadina consapevole della responsabilità storica del proprio Paese, il “maggiore emettitore globale”. “Il nostro governo evita strategicamente ogni opportunità di fare la cosa giusta dando Contributi insignificanti al Fondo Perdite e Danni – ha ribadito – mentre spende miliardi per le guerre”.
Articolo a cura di Marta Abbà, delegata di Italian Climate Network ai negoziati intermedi di Bonn.
Foto di Marta Abbà.