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Dic

Giovani, Negoziati ed Equità Intergenerazionale

di Francesca Mingrone

Nell’ambito delle negoziazioni sul Clima, a prima vista sembra che la società civile, ed in particolare i giovani,  non abbiano un ruolo rilevante. Tuttavia, prestando maggiore attenzione si  vedranno per i corridoi della COP giovani in giacca e cravatta, armati di laptop e risme di fogli, correre da un lato all’altro della Conferenza con sguardo deciso e concentrato: sono i giovani membri del Working Group on Intergenerational Equity, che hanno come obiettivo il riconoscimento a livello internazionale del principio di Equità Intergenerazionale. Sin dalla COY10, Conferenza Giovanile che ha anticipato di qualche giorno la COP20, giovani attivisti provenienti dai cinque continenti hanno unito le proprie forze per elaborare una strategia vincente. Lo scopo ultimo è di includere nel testo conclusivo dell’ADP – Ad hoc Working Group on the Durban Platform il riferimento esplicito a tale principio, che dovrebbe costituire il leitmotiv dei futuri accordi climatici, in particolare del tanto atteso accordo di Parigi nel 2015.

Il principio di per sé sorprende per la propria semplicità: le generazioni future dovrebbero avere il diritto di vivere in condizioni pari, o addirittura migliori, di quelle in cui viviamo in questo momento. Tale affermazione, di per sé quasi ovvia, ha in realtà ripercussioni di ampia portata su tutto l’impianto negoziale, in quanto presuppone che gli Stati si pongano ora obiettivi a lungo termine per scongiurare un ulteriore aggravamento dell’equilibrio ecologico del Pianeta e, conseguentemente, un peggioramento  degli standard di vita delle generazioni a venire. Tuttavia, vedere tale principio formalmente riconosciuto su carta non è sufficiente, ma servono proposte e misure concrete atte a realizzare – implement, usando la terminologia tecnica – tale idea. Due in particolare sono le proposte avanzate dagli Inteqqer (come amano farsi chiamare): emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050 ed inclusione del tasso di sconto sociale all’interno degli INDC – Intended Nationally Determined Contributions che ogni Stato dovrà presentare.

Il primo punto presuppone che l’emissione media di gas ad effetto serra sia pari a zero, il che non significa assenza in assoluto di emissioni fossili – obiettivo da molti sognato ma purtroppo eccessivamente difficile da realizzare in tempi brevi – ma che la quantità di emissioni prodotte sia perfettamente bilanciata dagli interventi posti in essere per l’attenuazione delle stesse. Ancora più complesso il discorso sul tasso sociale di sconto. Tale parametro è ben conosciuto dagli economisti, in quanto prima di intraprendere qualsiasi tipo di investimento e strategia a lungo termine è necessario valutare il rapporto tra costi e benefici derivanti dagli stessi. Maggiore è il lasso di tempo tra il momento in cui tale calcolo è compiuto e quello in cui l’investimento avrebbe i propri effetti, maggiore è la percentuale che viene sottratta al rapporto tra costi e benefici, con la conseguenza che i vantaggi puramente economici derivanti da un intervento ad effetti immediati sono economicamente maggiori di quelli conseguenti a politiche a lungo termine. Questo meccanismo si pone in netto contrasto con l’essenza stessa del Principio di Equità Intergenerazionale, che non pone distinzioni di valore tra Umanità presente e futura, ed è per tale motivo che si chiede che il tasso sociale di sconto sia compreso tra 0 e 1.4%, come indicato dalla Stern Review del 2006. Per poter comparare i diversi tassi sociali di sconto applicati da ogni Paese e permettere che gli Stati siano influenzati in meglio dai più virtuosi, gli Inteqqer chiedono che questi siano esplicitamente indicati negli INDC,  che ogni Stato dovrebbe presentare entro marzo 2015 per comunicare quali impegni è disposto ad assumersi per la riduzione delle emissioni.

Alla fase teorica e di pianificazione segue necessariamente quella di azione, consistente in una serrata attività di lobbying direttamente con i delegati. In questi giorni, gli Inteqqer hanno ottenuto incontri con negoziatori di Paesi appartenenti a tutte le Regioni del Mondo, presentando le modifiche auspicate e facendo tesoro dei riscontri ottenuti. Alcune coalizioni, come l’AILAC – Alliance of Independent Latin America and the Carribean, si sono dimostrate molto interessate all’introduzione del principio di Equità Intergenerazionale e lo hanno proposto ai chair dell’ADP. Al tempo stesso il gruppo sta lavorando sulla redazione della Lima Declaration on Intergenerational Equity, che contenga i punti principali della loro strategia, in modo che sia fatta sottoscrivere dai rappresentanti dei vari Stati.

Con la conclusione della COP20 alle porte, l’Equità Intergenerazionale non è stata ancora inserita nel draft paper dell’ADP, a causa di alcune forti posizioni contrarie, come l’Arabia Saudita. Tuttavia non è detta ancora l’ultima parola: alla scorsa COP19 di Varsavia, la formula ‘Future Generations’ è comparsa nel testo l’ultima notte, dopo 11 anni che non veniva menzionata e grazie alle grandi pressioni da parte della componente giovanile. Gli Inteqqer dunque sono più agguerriti che mai e sfrutteranno ogni momento per dare voce alle Generazioni che ancora una propria voce non hanno.

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