______________________
Alla COP28 di Dubai, lo scorso anno, sono state adottate da tutti gli Stati aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) le regole di base per il funzionamento di un nuovo strumento finanziario a sostegno delle comunità più colpite dalle perdite e dai danni causati dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo (il “Fondo per le perdite e i danni”). La decisione ha segnato un accordo epocale nella storia del multilateralismo.
Le regole adottate stabiliscono che il nuovo Fondo diventerà operativo sotto la Banca Mondiale per un periodo di prova di 4 anni, con l’obiettivo di fornire sostegno ai Paesi e alle comunità più bisognose non appena tecnicamente possibile. Diversi governi si sono immediatamente impegnati a fornire contributi finanziari al nuovo Fondo, tra cui 11 membri dell’Unione Europea con nuovi e ulteriori finanziamenti per il clima per un valore di 446,4 milioni di dollari su un totale di 661,4 milioni di dollari. Questi governi europei, insieme alla Commissione, hanno sicuramente inviato un chiaro segnale politico a tutte le economie sviluppate: è tempo di mettere in pratica la leadership e di pagare per le responsabilità climatiche storiche. Il che significa far pagare i responsabili, i grandi Paesi industrializzati.
Per saperne di più: FONDO PERDITE E DANNI: A CHE PUNTO SIAMO?
Tuttavia, in qualità di organizzazioni della società civile e di rappresentanti di movimenti, in partnership con numerose organizzazioni e movimenti del Sud globale dove vivono le comunità più colpite e fragili, vogliamo esprimere la nostra più profonda preoccupazione riguardo ai paragrafi 57 e 58 della decisione di Dubai, in cui si afferma che il Fondo “fornirà finanziamenti sotto forma di sovvenzioni e prestiti altamente agevolati”, e che “potrà impiegare […] sovvenzioni, […] sostegno diretto al bilancio e finanziamenti basati sulle politiche […]”. Riteniamo che questa formulazione possa potenzialmente aumentare l’ingiusto fardello posto sulle spalle dei Paesi e delle comunità più colpite dai disastri causati dal cambiamento climatico e dall’uomo, dove i finanziamenti pubblici e internazionali, l’assistenza e il sostegno sono già più necessari sotto forma di supporto diretto e sovvenzioni, come compensazione per le perdite e i danni già verificatisi – denaro che non deve certo arrivare sotto forma di prestiti, ossia creando potenzialmente più debito pubblico e/o privato a livello di comunità e di Paesi.
Le comunità, le famiglie, le piccole imprese e i governi locali colpiti dai disastri climatici non meritano altri debiti, poiché non ne hanno la responsabilità storica e, di certo, non possono sostenere nuovi costi aggiuntivi sotto forma di tassi di interesse oltre a quelli per le riparazioni. Chiediamo quindi all’UE e ai governi occidentali di dare la massima priorità alle sovvenzioni e al sostegno diretto al bilancio, evitando il più possibile i prestiti (anche se altamente agevolati).
Insieme ad altre ONG e movimenti della società civile di tutta Europa, nell’ambito del consorzio paneuropeo Spark, Italian Climate Network lancia quindi due azioni, a cui ogni organizzazione interessata può liberamente aderire a titolo personale, per mantenere viva nel 2023 le campagne “Make the Rich Polluters Pay” e #Sottoinostriocchi, che entrano ora in una nuova fase: