perdite e danni
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FONDO PERDITE E DANNI: A CHE PUNTO SIAMO?

Negli ultimi due anni di negoziati sul clima uno dei temi centrali è stata la creazione, fortemente voluta da molti Paesi in via di sviluppo, di un nuovo fondo internazionale a compensazione di perdite e danni subiti a livello locale a causa degli eventi climatici estremi. Nonostante una forte resistenza politica, in particolare da parte degli Stati Uniti d’America da sempre poco inclini a discutere di responsabilità storiche sulle emissioni, e ancora molti dubbi dal punto di vista della tassonomia di cosa sarà finanziabile e cosa no sotto il nuovo strumento, il Fondo è stato infine lanciato a COP27 e formalizzato a COP28. I Paesi stanno ora costruendo le regole per il funzionamento di questo nuovo strumento finanziario, politicamente innovativo e sempre più centrale nel dibattito internazionale sul clima. La prima riunione del Consiglio di Amministrazione del Fondo si è tenuta ad Abu Dhabi tra il 30 aprile e il 2 maggio 2024.

La decisione di COP28

A COP28, nel primo giorno di conferenza, i delegati dei Paesi hanno approvato integralmente il testo predisposto nei mesi precedenti da un Comitato di Transizione istituito a COP27 per dare una forma a quello che sarebbe diventato il nuovo Fondo per Perdite e Danni. Il testo, organizzato in 73 paragrafi e accompagnato da alcune disposizioni pratiche, era stato fortemente criticato da alcune organizzazioni della società civile per via, in particolare, di due disposizioni: la compresenza di contributi e prestiti tra le modalità di erogazione dei fondi e la previsione di far ospitare il nuovo strumento finanziario alla Banca Mondiale per un primo periodo di prova di quattro anni.

In merito al primo punto, rilevano i paragrafi 57 e 58 del testo per come allegato (Annex I) alla decisione:

“Il Fondo fornirà le risorse finanziarie nella forma di contributi e prestiti altamente agevolati” (par. 57);

“Il Fondo potrà impiegare una serie di strumenti finanziari aggiuntivi che tengano in considerazione la sostenibilità del debito (contributi, prestiti altamente agevolati, garanzie, supporto diretto al budget e finanza basata su politiche, azioni, meccanismi assicurativi, meccanismi di condivisione del rischio, procedimenti preordinati, programmi basati sulla performance ed altri prodotti finanziari, dove appropriato)” (par. 58).

I due paragrafi risultano in evidente contraddizione tra loro per via dei verbi usati all’inizio delle due frasi – ci serviremo, per l’analisi, del testo originale inglese. Nonostante il paragrafo 57 dica che il Fondo “fornirà” (inglese “The Fund will provide”) risorse nelle due modalità indicate (contributi e prestiti), il successivo paragrafo 58 dice che lo stesso Fondo “potrà impiegare una serie di strumenti finanziari aggiuntivi” (inglese “The Fund may deploy a range of additional financial instruments”). La contraddizione emerge dall’imperatività del primo verbo (“will”) a discapito del secondo, che relega le disposizioni del paragrafo 58 al campo delle possibilità (“may”), nonostante quasi tutte le ipotesi successivamente elencate siano escluse dal giuridicamente più vincolante articolo precedente. Un’ambiguità che crediamo frutto del lungo negoziato che ha portato, nei mesi precedenti la COP di Dubai, all’adozione rapida di un testo di compromesso che tenesse su carta le istanze di tutti i gruppi negoziali seduti al tavolo.

Nei paragrafi 15 e 17 della decisione della COP viene poi indicato che il Fondo verrà ospitato per un periodo di prova di quattro anni dalla Banca Mondiale come ente fiduciario, secondo le modalità esistenti per i fondi di intermediazione finanziaria (FIF), a condizione che al Fondo venga garantita totale autonomia in merito alle proprie nomine interne, alle decisioni sulla finanziabilità di progetti e interventi (incluso tramite interventi di microcredito a comunità locali). Non ultimo, con la possibilità per il Consiglio di Amministrazione del Fondo di superare, ove necessario, i vigenti standard della Banca Mondiale ove risultassero meno adeguati di quelli stabiliti dal Consiglio di Amministrazione per il Fondo stesso.

Infine, il Fondo potrà avere personalità giuridica solo quando verrà identificato un Paese ospitante, che ad oggi non c’è. È in questo senso urgente che il Consiglio di Amministrazione si riunisca al più presto (si vedano però le considerazioni successive) per facilitare il processo di selezione e decisione. Senza personalità giuridica, il Fondo non potrà infatti dotarsi di un segretariato (che ad oggi non esiste e non dispone di un proprio budget) e non potrà rendere operativo l’accordo fiduciario con la Banca Mondiale.

I contributi annunciati dai Paesi

A COP28, alcuni Paesi hanno annunciato dei primi contributi (possiamo dire, di avvio) al nuovo strumento finanziario. In particolare, gli annunci più importanti sono arrivati nei due giorni del vertice dei Capi di Stato e di Governo all’inizio della COP. Ecco quanto annunciato durante COP28 per come registrato sul sito ufficiale della UNFCCC :

  • Italia – 100 milioni di euro (108,90 milioni di dollari)
  • Francia – 100 milioni di euro (108,90 milioni di dollari)
  • Germania – 100 milioni di dollari
  • Emirati Arabi Uniti – 100 milioni di dollari
  • Regno Unito – 50,60 milioni di dollari
  • Commissione Europea – 27,10 milioni di dollari
  • Norvegia – 25 milioni di dollari
  • Stati Uniti d’America – 17,50 milioni di dollari
  • Paesi Bassi – 16,30 milioni di dollari
  • Canada – 11,60 milioni di dollari
  • Giappone – 10 milioni di dollari – già ricevuti
  • Portogallo – 5,45 milioni di dollari
  • Finlandia – 3,26 milioni di dollari
  • Slovenia – 1,63 milioni di dollari
  • Islanda – 0,60 milioni di dollari
  • Estonia – 0,50 milioni di dollari

Per un totale di 661,39 milioni di dollari.

(Nota: nel corso della prima riunione del Consiglio di Amministrazione del Fondo, svoltasi tra il 30 aprile e il 2 maggio 2024, Austria e Lussemburgo hanno comunicato ulteriori fondi rispettivamente per 10 milioni di euro e 8 milioni di euro che, in aggiunta a 131 milioni di dollari per l’avvio finanziario dello strumento, portano il totale dei contributi promessi dai Paesi a circa 745 milioni di euro al 28 maggio 2024)

Italia e Francia si pongono alla guida del neonato “club dei 100 milioni” composto da Italia, Francia, Germania ed Emirati Arabi Uniti, puntando chiaramente ai livelli decisionali del nuovo filone tematico e politico. I contributi dei quattro Paesi rappresentano, infatti, da soli oltre il 60% della neonata finanza climatica per perdite e danni.

Altri Paesi non inclusi in questa lista hanno dichiarato, a ridosso dell’inizio di COP28 o nei mesi precedenti, di contribuire alla nascente finanza climatica per perdite e danni con strumenti diversi dalla partecipazione al primo riempimento del nuovo Fondo: ad esempio, il Belgio ha annunciato misure per 11,5 milioni di euro consistenti in una cancellazione del debito per il Mozambico consistente in 2,4 milioni di euro ed una contribuzione per 6,7 milioni di euro al sistema mondiale di allerta contro i fenomeni estremi. In questa sede conteggeremo solamente i contributi esplicitamente rivolti al nuovo Fondo.

Il Consiglio di Amministrazione – composizione e prime riunioni

Similmente alla composizione del Comitato di Transizione nel 2023, il Consiglio di Amministrazione del Fondo (Board) vede una maggioranza dei propri membri nominati da Paesi in via di sviluppo: su 26 membri nominati, 12 sono nominati da Paesi sviluppati e 14 da Paesi in via di sviluppo. Il Consiglio di Amministrazione è totalmente autonomo nelle proprie valutazioni e decisioni; pertanto, non vi siedono rappresentanti della Banca Mondiale né della UNFCCC, ma solo rappresentanti dei Paesi nominati dagli stessi.

Tra i 14 membri nominati dai Paesi in via di sviluppo, le nomine sono così suddivise: 3 per il gruppo Asia e Pacifico, 3 per l’Africa, 3 per i Paesi latinoamericani e dei Caraibi, 2 per i piccoli stati insulari (SIDS), 2 per il gruppo dei Paesi meno sviluppati (LDC), infine 1 nomina per quei Paesi in via di sviluppo che non appartengono ad alcuno dei precedenti gruppi.

12 Paesi sviluppati che hanno ottenuto una nomina nel Consiglio, e sostituti:

  • (UE) Italia (Antonella Baldino, sostituta Italia, Karima Oustadi)*
  • (UE) Germania (Sebastian Lesch, sostituto Germania, Simon Stumpf)*
  • (UE) Francia (Jean-Christophe Donnellier, sostituto Francia, Pierre Marc)*
  • Giappone (Atsushi Kato, sostituto Giappone, Tsuyoshi Hyokai)
  • Norvegia (Georg Børsting, sostituto Norvegia, Karoline Kjeldsen)
  • Regno Unito (Gerard Howe, sostituta Regno Unito, Claire Holzer Fleming)
  • Stati Uniti d’America (Rebecca Lawlor, sostituta Stati Uniti d’America, Christina Chan)
  • (UE) Portogallo, sostituto Spagna
  • (UE) Unione Europea, sostituto Irlanda
  • (UE) Danimarca, sostituta Finlandia
  • (UE) Austria, sostituto Lussemburgo
  • Canada, sostituto Nuova Zelanda

14 Paesi in via di sviluppo che hanno ottenuto una nomina nel Consiglio, e sostituti:

  • Emirati Arabi Uniti*, sostituto Kazakistan (Asia-Pacifico)
  • Arabia Saudita, sostituto Pakistan (Asia-Pacifico)
  • Filippine, sostituto Iran (Asia-Pacifico)
  • Sud Africa, sostituto Etiopia (Africa)
  • Egitto, sostituto Congo DRC (Africa)
  • Zambia, sostituto Sudan (Africa)
  • Brasile, sostituto Argentina (America Latina e Caraibi)
  • Honduras, sostituto Cile (America Latina e Caraibi)
  • Barbados, sostituto Bahamas (America Latina e Caraibi)
  • Fiji, sostituto Maldive (piccoli stati insulari)
  • Antigua e Barbuda, sostituto Seychelles (piccoli stati insulari)
  • Timor Est, sostituto Nepal (Paesi meno sviluppati)
  • Benin, sostituto Senegal (Paesi meno sviluppati)
  • (— da assegnare), sostituto India (Paesi in via di sviluppo non appartenenti ad altri gruppi)

(*= principali donatori del Fondo, con contributo promesso ≥ 100 milioni di euro)

Le nomine dei membri titolari e quelle dei sostituti all’interno del Consiglio sono espressione del diverso peso politico di alcuni Paesi rispetto ad altri. Ad esempio, si nota come sette Paesi sviluppati abbiano di fatto “blindato” la propria partecipazione nel Consiglio tramite una doppia nomina (titolare e sostituto): Italia, Germania, Francia, Giappone, Norvegia, Regno Unito, Stati Uniti d’America. Questi sette Paesi risulteranno determinanti in ogni scelta del Consiglio nei prossimi anni, essendo di fatto sempre presenti al tavolo grazie alla doppia nomina. Si noti come, nel gioco delle ripartizioni geopolitiche, Italia, Germania e Francia si siano di fatto garantite un posto nel Consiglio anche grazie al generoso contributo[1] al Fondo promesso a COP28 – i tre Paesi risultano infatti i principali donatori assieme agli Emirati Arabi Uniti, che non hanno invece ottenuto la doppia nomina (condivisa con il Kazakistan come sostituto).

Infine, si noti che nonostante formalmente le nomine riservate ai Paesi africani siano solo tre, altri stati del continente siano comunque entrati nel Consiglio (come titolari o supplenti) tramite altri gruppi ed in particolare il Benin ed il Senegal, entrambi tramite il gruppo dei Paesi meno sviluppati. Includendo anche le Seychelles (per il gruppo dei piccoli stati insulari), l’Unione Africana (intesa qui come inclusa di membri a pieno titolo e membri attualmente sospesi) può quindi contare su sei nomine tra titolari e supplenti, invece di tre.

La composizione del Consiglio è risultata politicamente travagliata sin dai primi giorni successivi a COP28. Ad accumulare ritardo sono stati i Paesi sviluppati. Secondo fonti che riteniamo attendibili, la querelle ruotava attorno all’opportunità politica di riservare una nomina o addirittura una doppia nomina (ossia una nomina “blindata” di titolare e sostituto) agli Stati Uniti d’America, che alla luce delle proprie responsabilità storiche in termini di emissioni e delle attuali disponibilità economiche (intese anche come potenziale di movimentazione di finanza privata) a COP28 avevano annunciato un primo contributo al Fondo ampiamente inferiore alle aspettative (per esempio, rispetto a Italia, Francia e Germania che ambivano almeno alla nomina titolare). La trattativa si è conclusa con la doppia nomina statunitense, sbloccando le altre per i Paesi sviluppati.

Rimane ora vacante un posto da titolare riservato a un Paese in via di sviluppo (per i Paesi non affiliati ad altri gruppi), con l’India che ha già nominato un proprio rappresentante come sostituto. Il Consiglio ha comunque potuto iniziare i propri lavori vista la presenza della nomina del membro sostituto indiano. 

Secondo il calendario dei lavori proposto dalla Banca Mondiale (disponibile a questo link) sulla base della decisione di COP28, marzo 2024 avrebbe dovuto essere il mese della presentazione di una prima bozza di lavoro per il Consiglio di Amministrazione, inclusiva di razionale e obiettivi del nuovo Fondo, struttura dello stesso, prime proposte di attività, ruolo e responsabilità operative della Banca. L’approvazione della bozza di lavoro da parte della Banca Mondiale era prevista entro metà aprile 2024. Stando a quello stesso calendario, dall’approvazione fino a luglio 2024, la Banca Mondiale si dovrebbe impegnare quindi a definire il testo dell’accordo sotto il quale ospiterà il Fondo (secondo la formula dei fondi di intermediazione, FIF) in consultazione con il Consiglio, da approvare assieme al Consiglio entro la fine di luglio 2024. Pensavamo che il notevole ritardo nelle nomine a inizio anno avrebbe potuto influire sensibilmente su questa tabella di marcia spostando le scadenze di alcuni mesi in avanti nel corso dell’anno, ma per fortuna non è stato così.

La prima riunione del Consiglio di Amministrazione del Fondo (30 aprile – 2 maggio 2024)

La prima riunione del Consiglio di Amministrazione si è tenuta ad Abu Dhabi dal 30 aprile al 2 maggio scorsi. La riunione è stata attentamente monitorata da voci della società civile quali Climate Home News e Third World Network, oltre che dai volontari di Italian Climate Network collegati da remoto.

Con una discreta velocità e operatività il Consiglio ha lavorato, in tre giorni, su tutti i principali punti rimasti in sospeso dal termine di COP28, anche grazie a delle utili bozze di lavoro preparate in anticipo dai facilitatori della riunione.

Massima urgenza è stata data all’identificazione del Paese che ospiterà il Fondo, visto che esso necessita di personalità giuridica secondo le leggi di almeno uno Stato membro delle Nazioni Unite per poter cominciare ad operare, nonostante l’ombrello della Banca Mondiale. È stato stabilito che i Paesi interessati ad ospitare il Fondo potranno presentare la propria candidatura entro il prossimo 3 giugno. Alla data d’inizio della prima riunione del Consiglio erano arrivate, non richieste, le candidature di Barbados, Bahamas e Filippine, seguite poi da quella di Antigua e Barbuda. La decisione finale sul Paese ospitante, che dovrà garantire tutte le immunità e le dovute garanzie ai partecipanti alle riunioni ed allo staff assegnato alla futura struttura, sarà presa durante la seconda riunione del Consiglio, prevista dal 9 al 12 luglio prossimi.

Altra questione urgente riguarda il processo di selezione e assunzione della “testa” amministrativa del nuovo Fondo, il Direttore Esecutivo. Dopo un lungo dibattito, nel quale molti Paesi in via di sviluppo hanno richiesto che la Banca Mondiale non interferisse nel processo di selezione, si è giunti ad una decisione: entro la prossima riunione del Consiglio a luglio dovrà essere presentata una bozza dei termini di riferimento per l’assunzione della nuova figura ed il relativo calendario del processo di selezione. La Banca Mondiale, sottolineando il fatto che non potrà sottrarsi ad un processo di selezione per un ruolo formalmente sotto loro contratto, ha garantito non ingerenza nel processo.

Tecnicismi amministrativi a parte, nella prima riunione i membri del Consiglio di Amministrazione hanno anche iniziato ad affrontare il tema, caldissimo, di come il nuovo Fondo erogherà risorse verso Paesi, regioni, comunità colpite. Renaud Seligmann, rappresentante della Banca Mondiale alla riunione, ha sottolineato che “l’area (di lavoro) più complessa è quella relativa all’accesso diretto ai fondi”, modalità fortemente voluta nei testi della COP e quindi nei nuovi strumenti di governance ora in costruzione dai Paesi in via di sviluppo, in contrapposizione ad altri approcci basati su prestiti agevolati o modalità più “classiche” di erogazione. Nella lunga discussione sulle modalità di erogazione sono tuttavia emerse aperture interessanti verso il supporto finanziario diretto anche da parte di molti Paesi occidentali, con riferimenti puntuali al paragrafo 49 della decisione di COP28 che elenca puntualmente nuovi possibili strumenti finanziari quali erogazioni ad autorità regionali e locali (che Seligmann ha definito “partner non tradizionali della Banca Mondiale”) e piccole erogazioni (grants) per comunità locali, comunità indigeni e gruppi vulnerabili. Rimane tuttavia molto lavoro da fare per strutturare processi formali propedeutici all’avvio vero e proprio delle erogazioni, previsto per non prima del 2025.

Le aspettative della società civile e di Italian Climate Network

Numerose organizzazioni della società civile globale hanno continuato a mostrare scetticismo rispetto all’affidamento alla Banca Mondiale, per quanto pro tempore, del ruolo di fiduciario del Fondo come deciso nel lavoro del Comitato di Transizione e quindi dalla COP28, nonostante le rassicurazioni di non ingerenza e flessibilità ribadite anche nel corso della prima riunione del Consiglio di Amministrazione. Pur consapevoli della proiezione ancora impattante del retaggio fossile di una delle principali istituzioni finanziarie globali, peraltro da sempre guidata da statunitensi, vorremmo tuttavia concentrarci, per il resto del 2024, su come le risorse verranno erogate una volta che il Fondo sarà a regime (quando quindi saranno completati i processi di selezione e identificazione di un Paese ospitante per fornire il Fondo di personalità giuridica, di dotazione di un budget, di un Segretariato, del Direttore Esecutivo).

Se le aspettative di buona parte della società civile riguardano la velocità di stanziamento dei fondi dove maggiormente attesi, come ICN vorremmo concentrarci anche e primariamente sul persistere delle clausole che permettono al nuovo Fondo di erogare risorse sia in forma di contributi che di prestiti concessori (agevolati).

La decisione di COP28, che adotta le regole minime di funzionamento del nuovo Fondo per come sviluppate nel lavoro del Comitato di Transizione, prevede infatti che il Fondo fornisca le risorse necessarie tramite siacontributi che prestiti (vedi sopra) o, per utilizzare il linguaggio della cooperazione internazionale, sia fondi a dono che prestiti. Sorvolando sull’evidente contraddizione tra i paragrafi 57 e 58 che, di fatto, sembrerebbe togliere dal campo possibilità di finanza innovativa o comunque in forme diverse da contributi e prestiti (nonostante le previsioni del precedente paragrafo 49), riteniamo che un eccessivo sbilanciamento delle erogazioni verso la forma dei prestiti agevolati (sbilanciamento che appare altamente probabile nonostante i segnali positivi provenienti dal Consiglio di Amministrazione) a discapito dei contributi diretti possa solo danneggiare ulteriormente le economie già sofferenti e fragili dei Paesi maggiormente colpiti e delle comunità locali.

Riteniamo eticamente problematico, né politicamente accettabile, far sostenere alle comunità più colpite dei costi ulteriori – in questo caso nella forma di interessi sul debito contratto per le ricostruzioni – rispetto a quelli, già pesantissimi, subiti in forma non solo economica a seguito di disastri e degli effetti degli eventi climatici a lenta insorgenza.

Alla base dell’atteso sbilanciamento in favore dei prestiti rileviamo inoltre una persistente sfiducia di molti Paesi sviluppati nei confronti dei governi nazionali e locali dei Paesi partner, spesso ritenuti poco affidabili o tecnicamente non in grado di gestire finanziamenti terzi secondo adeguati criteri di trasparenza e correttezza della spesa nell’equilibrio tra rischi e responsabilità. Riteniamo ancor più necessario, anche e specificamente in questo caso, investire in un sistema solidale basato sulla reciproca fiducia, trasparenza e possibilità di monitoraggio sotto l’egida delle Nazioni Unite e quindi il più possibile nel quadro della UNFCCC, vista la natura globale del fenomeno e, in prospettiva, la sempre più ineludibile necessità di una gestione condivisa globale delle politiche, delle responsabilità e delle compensazioni, anche finanziarie.

In merito a quanto descritto nei punti precedenti auspichiamo infine un protagonismo in questo senso del Governo italiano, considerato il proprio peso nel Consiglio di Amministrazione del Fondo e, non secondaria, la volontà espressa dal Governo di solidificare ulteriormente i propri partenariati internazionali ed in particolare quelli con l’Africa, anche alla luce degli esiti del recente Vertice Italia-Africa e dei prossimi appuntamenti del G7 a guida italiana e verso COP29.

A cura di Jacopo Bencini, Advisor Politiche Europee e Multilaterali sul Clima


[1] Non si conoscono ancora con certezza le modalità con le quali verranno stanziate/mobilitate le risorse promesse, che alla data della stesura non risultano stanziate in alcun capitolo del bilancio dello Stato; riteniamo probabile una mobilitazione di pari importo (€100 milioni) di capitali privati tramite aziende partecipate dallo Stato.

Immagine di copertina: wam.ae

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