25
Ott

L’ECONOMIA CIRCOLARE NEL CONTESTO DEI SISTEMI ALIMENTARI

Il concetto di economia circolare (CE) rappresenta un modello di sviluppo che si propone di mitigare gli impatti negativi delle azioni umane, attraverso l’implementazione dei principi fondamentali delle “3R”: riduzione, riutilizzo e riciclo [1], con l’obiettivo di mantenere costantemente il massimo grado di utilità e valore per prodotti, componenti e materiali [2]. Il principio di base, quindi, dell’economia circolare è la creazione di valore economico per quei prodotti che fino ad ora sono stati considerati scarti dell’industria.

La necessità di sottolineare l’importanza degli scarti come materie prime nasce da una cultura dello spreco che ci induce, per esempio, a sottovalutare l’impatto degli sprechi alimentari sulle emissioni climalteranti. Il nostro attuale sistema economico utilizza il modello economico lineare “prendere-produrre-consumare-scartare”, che presuppone che la crescita economica possa basarsi sull’abbondanza di risorse e sullo smaltimento illimitato dei rifiuti. L’economia circolare applicata al sistema alimentare implica la riduzione della quantità di rifiuti generati nel sistema alimentare, il riutilizzo degli alimenti, l’utilizzo dei prodotti alimentari e l’uso dei rifiuti, il riciclo dei nutrienti e il cambiamento della dieta verso modelli alimentari più diversificati e più efficienti [3].

I dati ci mostrano che il totale dei rifiuti alimentari misurati nel 2021 in Europa era superiore a 58 milioni di tonnellate di massa fresca (131kg di spreco alimentare per abitante, all’interno dell’UE) [4].

Dopo aver effettuato il primo monitoraggio unificato dei rifiuti alimentari in tutta l’Unione Europea, Eurostat ha calcolato che il 54% dei rifiuti alimentari nell’UE ha origine nelle famiglie, il 7% proviene dal settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, mentre il 9% è attribuibile ai ristoranti e ai servizi di ristorazione. Altri comparti che contribuiscono al problema dello spreco alimentare nell’UE includono la produzione primaria. 

La produzione di scarti alimentari coinvolge, quindi, tutti i settori della filiera alimentare ed è un fenomeno impattante al livello globale che richiede uno sforzo congiunto. Le emissioni associate alla perdita alimentare (quella che si verifica lungo la catena di approvvigionamento alimentare, dalla raccolta/macellazione/cattura fino al livello di vendita, ma senza includerla) e agli scarti alimentari (dalla vendita al consumatore) sono infatti responsabili del 8-10% delle emissioni di gas climalteranti antropogeniche, comparabili alle emissioni globali del trasporto su strada [5]. 

Insieme agli alti livelli di spreco alimentare, il continuo aumento della domanda di energia e materiali per soddisfare la richiesta di cibo della popolazione sta costringendo molti Paesi a considerare l’economia circolare come una soluzione parsimoniosa al problema dello spreco alimentare. L’UE ha già iniziato ad applicare l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG) 12.3, che mira a dimezzare il cibo pro capite riducendo gli sprechi alimentari lungo la catena del valore alimentare, dai produttori ai rivenditori e ai consumatori [6]. 

Considerata la crisi climatica del nostro secolo, la creazione di un modello di business mirato al guadagno derivante da un prodotto di “scarto” pone l’attenzione sull’identificazione di nuove possibilità derivanti da una nuova prospettiva sui sistemi alimentari. Cambiare il nostro sistema alimentare da un modello lineare ad uno circolare, permetterebbe di affrontare le sfide ambientali con un approccio innovativo mirato alla protezione ambientale e della salute umana. D’altro canto, l’identificazione di nuove risorse all’interno della filiera, pone nuovi interrogativi legati ai trade-off ambientali. Il riutilizzo di un prodotto di scarto in una filiera preesistente, necessita anch’esso di una valutazione dell’impatto ambientale tramite, per esempio, l’identificazione dei punti critici del processo. 

Nella valutazione di impatto di un prodotto/processo, l’utilizzo di strumenti come calcolatori di emissioni  puó supportare il processo decisionale all’interno della catena di produzione/riutilizzo alimentare.

La sfida è, quindi, non solo identificare componenti di scarto come possibili risorse, ma anche mettere in atto un processo di trasformazione che sia conforme ad un sistema alimentare sostenibile. 

Articolo a cura di Bruna Anzà, Volontaria Italian Climate Network

Bibliografia

[1] Li, Huiquan, Weijun Bao, Caihong Xiu, Yi Zhang, and Hongbin Xu. 2010. “Energy Conservation and Circular Economy in China’s Process Industries.” Energy 35 (11): 4273–4281. doi:10.1016/j.energy.2009.04.021.

[2] Ellen MacArthur Foundation. 2015b. “Growth Within: A Circular Economy Vision for a Competitive Europe.” Ellen MacArthur Foundation, 100. 

[3] Jurgilevich A, Birge T, Kentala-Lehtonen J, Korhonen-Kurki K, Pietikäinen J, Saikku L, Schösler H. Transition towards Circular Economy in the Food System. Sustainability. 2016; 8(1):69. https://doi.org/10.3390/su8010069

[4] Eurostat, https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Food_waste_and_food_waste_prevention_-_estimates#Amounts_of_food_waste_at_EU_level

[5] Guo X, Broeze J, Groot JJ, Axmann H, Vollebregt M. A Worldwide Hotspot Analysis on Food Loss and Waste, Associated Greenhouse Gas Emissions, and Protein Losses. Sustainability. 2020; 12(18):7488. https://doi.org/10.3390/su12187488

[6] Tamasiga P, Miri T, Onyeaka H, Hart A. Food Waste and Circular Economy: Challenges and Opportunities. Sustainability. 2022; 14(16):9896. https://doi.org/10.3390/su14169896

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