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di Violetta Vivarelli

La mobilità gioca un ruolo centrale nelle dinamiche economiche e sociali delle città. L’innovazione recentemente portata nel mercato dei beni e servizi di spostamento dall’uso di applicazioni per smarthphone e social media ha inciso positivamente sull’attrattività dei centri urbani e sta creando una rete di raccolta e trasmissione di informazioni tra gli utenti. Infatti, essendo le città sempre più diramate sul territorio e non riuscendo più le infrastrutture di trasporti a garantire un servizio adeguato e sostenibile, i cittadini e le aziende private hanno dato una risposta al problema della mobilità pubblica creando alternative valide ed efficaci in grado di colmare questo vuoto.

I governi locali di molte città europee sono ancora sotto alla prese con l’austerità economica e sono perciò costretti a ridurre (o comunque a non poter incrementare) gli investimenti nei servizi di trasporto pubblico e nelle infrastrutture per la logistica urbana. Negli ultimi cinque anni, si è infatti registrato un calo per oltre il 40% degli investimenti infrastrutturali da parte degli enti locali in molti paesi europei.

Oltre alle iniziative delle grandi imprese che possono permettersi ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, come ad esempio Tesla che ha lanciato da pochi anni le auto elettriche, oppure Google con i veicoli driverless, vi sono esemplari iniziative provenienti dagli attori della sharing economy sempre di più diffuse nel territorio e meno legate alle dinamiche dei grandi investimenti (tra queste ricordiamo tra le principali Uber e BlaBlaCar).

Il problema di questi progetti è che spesso offrono servizi e forme di lavoro digitale in conflitto con le regolamentazioni esistenti nei vari ordinamenti giuridici, soprattutto europei, che causa un ritardo nella loro diffusione su larga scala. Abbiamo visto infatti gli sviluppi del caso Uber che, bloccato dalle numerose proteste dei tassisti e non solo, non riesce ancora a trovare il suo spazio nel sistema normativo italiano.

A prescindere dalle varie problematiche di questo nuovo tipo di mobilità , esso presenta essenzialmente tre punti di forza: la trasmissione di informazioni utili; la mobilitazione di risorse latenti e l’incontro tra la domanda e l’offerta.

Per quanto la trasmissione di informazioni, essa si incentra appunto sulla raccolta di dati sulle scelte di mobilità compiute dagli utenti, sulla base delle quali si trasmettono informazioni alla comunità stessa. Da un certo punto di vista questo tipo di raccolta dati potrebbe complicare le scelte di spostamento provenendo da una domanda di mobilità frammentata dettata da esigenze diverse e non comuni a tutti gli utenti. Ciononostante la grande mole di dati che viene immagazzinata risulta cruciale per soddisfare al meglio le varie esigenze di trasporto. Gli studi di economia comportamentale, infatti, sottolineano come gli individui spesso compiano scelte ‘errate’ (cioè, che non rispecchiano le proprie reali preferenze), semplicemente perché non sempre la loro attenzione è focalizzata sulle informazioni necessarie per decidere in modo a loro più consono in una determinata situazione. In tal senso, le piattaforme digitali condivise portano all’attenzione informazioni utili ai cittadini e li aiutano a fare scelte in linea con le proprie preferenze.

Molti esempi di progetti di mobilità sostenibile derivano da iniziative locali e per tale motivo riescono a utilizzare al meglio le risorse disponibili e il capitale umano permettendo così la mobilitazione di risorse latenti. Un esempio lodevole in tal senso sono le Ciclofficine, diffuse ormai in gran parte del territorio italiano, le quali hanno incentivato l’utilizzo delle biciclette per gli spostamenti anche di lunga distanza nei centri urbani garantendo un servizio di riparazione e manutenzione di detti veicoli a un prezzo contenuto.

Infine, grazie alla crescente diffusione della tecnologia, sta aumentando il numero dei matchmakers, ovvero quelle piattaforme predisposte per connettere gruppi di individui che esprimono domande e offerte allineate. È il caso delle imprese di ride-sharing come BlaBlaCar, che raccolgono richieste di passaggio in auto e, al tempo stesso, le appaiano con chi può offrire il passaggio (evitando poi che le auto viaggino col solo conducente). Ad oggi, sono presenti diverse iniziative per promuovere la creazione, anche dal basso, di circuiti di condivisione dei viaggi in auto, anche tramite l’uso di incentivi. Ad esempio, per le auto del car pooling sono previsti un pedaggio ridotto e caselli autostradali appositi, mentre sono in via di attivazione programmi per la creazione di car sharing condominiali, come all’interno del progetto europeo Sharing cities, che coinvolge Lisbona, Londra e Milano.

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