ADATTAMENTO: A BONN SI PREPARANO LE BASI PER COP30, MA IL CONFRONTO RESTA APERTO
L’adattamento ai cambiamenti climatici è stato uno dei temi centrali durante i negoziati intermedi di Bonn, un appuntamento che la Presidenza brasiliana della COP30 aveva indicato come decisivo per rafforzare il percorso su questo tema specifico. Ma il confronto, per quanto acceso e politicamente rilevante, non ha portato a passo avanti significativi.
Il principale tema in discussione è stato il Global Goal on Adaptation (GGA), l’obiettivo dell’Accordo di Parigi che punta a rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento a livello globale. Alla COP29 di Dubai era stato adottato il quadro strategico United Arab Emirates Framework for Global Climate Resilience, e le Parti si erano impegnate a sviluppare indicatori comuni per valutare i progressi collettivi sull’adattamento. A Bonn, i lavori si sono concentrati proprio su questi indicatori.
Durante la seconda settimana dei negoziati il testo in discussione è stato oggetto di aggiornamenti quotidiani. Tuttavia, nonostante gli sforzi di mediazione, non è stato possibile raggiungere un consenso su una versione condivisa, e la discussione è stata quindi rinviata alla prossima sessione prevista a Belém.
Tuttavia, la proposta di includere nella lista anche indicatori relativi alla finanza climatica, ovvero i fondi messi a disposizione dai Paesi sviluppati e le risorse Pobilitate a livello nazionale, ha trovato l’opposizione dei paesi in via di sviluppo. Secondo queste delegazioni, tali indicatori rischiano di spostare l’attenzione dagli impatti e dalle soluzioni concrete ai flussi finanziari, su cui continua a pesare la parziale mancanza di fiducia tra Nord e Sud del mondo sul fronte della finanza. Il tema è tanto più delicato alla luce dei risultati insoddisfacenti raggiunti finora nel quadro della finanza climatica.
Un ulteriore punto di divergenza riguarda il livello di indirizzo che le Parti dovrebbero fornire al gruppo di esperti incaricato di lavorare sugli indicatori per il monitoraggio del GGA. Alcune delegazioni hanno sostenuto la necessità di fornire indicazioni più dettagliate, proponendo che siano le Parti a definire gli indicatori-chiave e l’impostazione generale del quadro indicatori. In base a questa proposta, agli esperti verrebbe affidato il compito di sviluppare i sub-indicatori, i criteri di applicazione e gli altri aspetti tecnici. Questi Paesi hanno inoltre suggerito l’organizzazione di un workshop specifico, che dovrebbe svolgersi prima della COP30, che consenta un’interazione diretta e strutturata tra Parti ed esperti.
La maggior parte dei Paesi sviluppati ha però espresso la volontà di evitare interferenze politiche delle Parti, sottolineando che si tratta di un esercizio tecnico-scientifico che richiede indipendenza e rigore metodologico.
Sempre nell’ambito della discussione sugli indicatori, i Paesi in via di sviluppo e alcuni sviluppati hanno evidenziato con forza la necessità di includere in modo adeguato indicatori relativi alle dimensioni trasversali, quali l’uguaglianza di genere, la partecipazione dei giovani, l’inclusione delle persone svantaggiate e maggiormente vulnerabili agli impatti climatici, e il riconoscimento dei diritti e delle esigenze specifiche delle comunità afrodiscendenti.
Durante l’ultima sessione plenaria, che si è conclusa nella notte tra giovedì 26 e venerdì 27 giugno, è stato adottato un testo decisionale parziale sul GGA, limitato ai primi 21 paragrafi su 39 inizialmente previsti, a causa delle forti divergenze tra le Parti su numerosi punti. Il documento ha soprattutto lo scopo di non bloccare i lavori del gruppo di esperti sugli indicatori in vista dei negoziati di Belém.
È stato richiesto al gruppo di esperti di ridurre e perfezionare l’elenco consolidato degli indicatori proposti, portandolo a un massimo di 100 indicatori applicabili su scala globale. Questi dovranno includere, ove pertinente, anche indicatori relativi agli elementi che permettono o facilitano l’attuazione dell’adattamento (“enabling factors”), ai mezzi di attuazione, alle questioni trasversali (quali genere, giovani, gruppi vulnerabili) e alle diverse componenti degli obiettivi definiti in precedenza.
Il lavoro tecnico dovrà proseguire immediatamente e includerà un workshop prima di COP30, come richiesto dai Paesi in via di sviluppo. Il gruppo di esperti sugli indicatori dovrà seguire alcune linee guida aggiuntive: gli indicatori dovranno essere formulati in modo misurabile e non generico; quelli che descrivono impatti o rischi climatici senza un chiaro collegamento con l’adattamento dovranno essere riformulati; quelli mutuati da altri contesti dovranno essere adattati specificamente all’adattamento; gli indicatori relativi alla mitigazione dovranno essere esclusi. Al contrario, dovranno essere inclusi indicatori che permettano di misurare le risposte di adattamento rispetto a diversi scenari di riscaldamento climatico in relazione all’obiettivo di temperatura dell’Accordo di Parigi.
Gli indicatori dovranno inoltre tener conto delle diverse situazioni nazionali, consentendo ai Paesi di scegliere quelli più rilevanti per il proprio contesto. Particolare attenzione sarà data agli indicatori relativi ai mezzi di attuazione, in particolare alla finanza per l’adattamento, alla tecnologia e alla formazione, che dovranno misurare l’accesso, la qualità e l’adeguatezza del supporto fornito per rispondere ai bisogni e colmare i divari nell’attuazione del GGA. Questo rappresenta un riconoscimento, fortemente richiesto dai Paesi in via di sviluppo durante le sessioni negoziali, della necessità di monitorare anche i mezzi di attuazione, in particolare i flussi finanziari destinati all’adattamento climatico.

Delegazioni riunite in capannello per discutere durante i negoziati sul Global Goal on Adaptation. Foto di Giacomo Cozzolino.
Un altro punto di confronto è stato quello sul cosiddetto “adattamento trasformativo”, ovvero l’idea che non esista un’unica soluzione valida per tutti i Paesi, ma che sia necessario valorizzare diverse opzioni e approcci adattivi. Tra le opzioni discusse c’è anche quella di utilizzare un documento di sintesi accessibile per chiarire il concetto di “adattamento trasformativo”, ma non è emersa una posizione condivisa.
Un altro nodo su cui non è stata raggiunta un’intesa riguarda la Baku Adaptation Roadmap (BAR), concepita per rafforzare le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, con particolare attenzione ai Paesi più vulnerabili, e per fornire orientamenti operativi sull’attuazione degli indicatori sviluppati nell’ambito del Programma di Lavoro di Abu Dhabi e del più ampio quadro del GGA. Nel testo negoziale discusso a Bonn sono state avanzate otto diverse opzioni per delineare il ruolo e l’architettura della BAR, che costituirà uno degli strumenti centrali per orientare l’attuazione del Global Goal on Adaptation stabilito dall’Accordo di Parigi.
I negoziati hanno affrontato anche il tema dei Piani nazionali di adattamento (NAPs): le Parti hanno riconosciuto il loro ruolo come strumenti centrali per pianificare e attuare misure di adattamento, ma finora solo 63 Paesi hanno presentato formalmente il proprio piano. A Bonn le Parti non sono riuscite a trovare un accordo sull’assessment collettivo dei NAPs, che era già stato rinviato dalla COP29 e ora resta nuovamente in sospeso.
Un tema rilevante emerso nel corso delle discussioni riguarda la richiesta, sollevata da numerosi Paesi in via di sviluppo, di un riconoscimento più esplicito della necessità di rafforzare i mezzi di attuazione per l’adattamento, in particolare in termini di risorse finanziarie, rafforzamento delle capacità e trasferimento tecnologico. Questi Paesi hanno sottolineato che, senza un sostegno adeguato, sarà difficile avanzare nell’implementazione delle strategie e delle azioni di adattamento, in particolare nell’elaborazione e realizzazione dei NAPs.
Tale necessità è stata ribadita anche negli eventi collaterali ai negoziati. In una conferenza stampa il gruppo dei Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries – LDCs) ha chiesto di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2030, rispetto ai livelli del 2022 (che sono stati di 28 miliardi di dollari), e di farlo attraverso sovvenzioni da fonti pubbliche, andando oltre il Glasgow Climate Pact che ne chiedeva il raddoppio al 2025. Questo incremento di flusso dai Paesi sviluppati verso quelli meno sviluppati sarebbe comunque pari a meno di 100 miliardi di dollari e non sarebbe quindi sufficiente a superare il divario individuato dall’ultimo rapporto dell’UNEP sul gap dell’adattamento (Adaptation Gap Report 2024), secondo cui servono tra i 187 e i 359 miliardi di dollari ogni anno. La richiesta continua a non ricevere risposta nei testi negoziali.
A questo proposito, alcuni tra i Paesi in via di sviluppo hanno anche proposto di formalizzare, nel testo negoziale, un principio di condizionalità, secondo il quale l’attuazione dei NAPs nei Paesi in via di sviluppo dovrebbe essere subordinata alla disponibilità effettiva di finanziamenti provenienti dai Paesi donatori. Questa proposta ha incontrato una forte opposizione da parte della maggior parte dei Paesi sviluppati, che l’hanno respinta affermando che si tratterebbe, di fatto, di una condizione vincolante non accettabile. Secondo la posizione espressa dalle loro delegazioni, la richiesta dei Paesi in via di sviluppo equivarrebbe a sostenere che tutti i NAPs dipendono interamente dai flussi finanziari provenienti dall’estero, un’affermazione considerata non corretta e non sempre rispondente alla realtà, poiché – a loro avviso – in molti contesti esistono margini di attuazione anche senza tale condizionalità.
Anche sui NAPs, che rientrano nel filone negoziale sull’adattamento, secondo alcune osservatrici e osservatori il rischio è che un ulteriore rinvio possa indebolire ulteriormente la fiducia tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, rallentando il processo di rafforzamento delle capacità di adattamento laddove più urgente.
Per ora, le Parti si sono lasciate con l’impegno a continuare il lavoro tecnico nei prossimi mesi, in modo da arrivare a Belém con una base solida per le decisioni sulla valutazione dei NAPs e sull’adozione degli indicatori del GGA. Ma il cammino resta complesso, e il successo della COP30 sull’adattamento dipenderà anche dalla volontà politica di costruire un compromesso credibile e ambizioso.
Articolo a cura di Giacomo Cozzolino e Giada Fenocchio, delegati di Italian Climate Network.
Immagine di copertina: delegazioni riunite in capannello per discutere durante i negoziati sul Global Goal on Adaptation. Foto di Giacomo Cozzolino.
