CARBON BUDGET: RIMANGONO 6 ANNI PER RISPETTARE L’ACCORDO DI PARIGI
- È stato pubblicato il report “Global Carbon Budget 2024” che valuta quanta CO2 possiamo ancora emettere per rispettare l’obiettivo +1.5°C.
- Le emissioni di CO2 del 2024 saranno pari a 41.6 Gt, il 51% in più rispetto al 1990, e non sembrano ancora aver raggiunto il picco.
- La capacità degli ambienti naturali di assorbire la CO2 è influenzata dagli stessi cambiamenti climatici.
Mercoledì 13 novembre durante COP29 è stato presentato il report del 2024 sul Global Carbon Budget, ovvero il report annuale che analizza il ciclo di carbonio, l’andamento delle emissioni globali e il carbon budget rimanente.
Il termine carbon budget si riferisce alla quantità netta totale di anidride carbonica che può ancora essere emessa dalle attività umane per limitare l’aumento di temperatura a un livello specificato, in particolare a +1.5°C o +2°C rispetto al periodo preindustriale per rimanere allineati all’Accordo di Parigi.
Il report valuta le emissioni di origine fossile, così come quelle legate a cambiamenti nell’uso del suolo, dovuti ad attività umane e a cause naturali. Tra le attività umane troviamo per esempio la deforestazione per lasciare spazio alle aree agricole, e tra le cause naturali gli incendi nelle aree boschive. Un aspetto complesso del calcolo delle emissioni dai “pozzi” naturali di carbonio è proprio distinguere tra gli effetti naturali della degradazione e i cambiamenti nell’uso del suolo per le attività umane.
Per quel che riguarda gli assorbimenti di carbonio, il report considera sia le tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio (ad esempio il Direct Air Capture and Storage), sia i cosiddetti sink naturali (oceano e suolo), valutando gli effetti dei cambiamenti climatici stessi sulla loro capacità di assorbimento.
Dal 1850 a oggi sono state emesse 2650 Gt CO2. Secondo le proiezioni le emissioni totali del 2024 saranno pari a 41.6 ± 3.2 Gt CO2, il 51% in più rispetto al 1990. Quest’anno la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto il valore record di 422.5 ppm.
Le emissioni di origine fossile saranno 37.4 Gt CO2, l’0.8% più alte rispetto al 2023. La traiettoria delle emissioni aveva visto una riduzione accentuata nel periodo della pandemia da Covid19, ma la crescita è ripresa appena dopo, seguendo il trend degli anni precedenti.
La crescita delle emissioni nel 2024 è dovuta all’aumento dell’uso di gas e petrolio e, in via marginale, all’aumento di uso del carbone.
I Paesi che hanno contribuito maggiormente sono Cina, Stati Uniti e India.
Quest’ultima, ad esempio, nonostante l’aumento delle rinnovabili continua a coprire la quota rimanente di domanda energetica con il carbone, che comporta emissioni rilevanti.
Gli Stati Uniti restano comunque il Paese con maggiori emissioni pro capite, mentre Cina e India su questo parametro perdono posizioni nella classifica globale.
Alcuni Paesi hanno invece ridotto le loro emissioni di origine fossile, ma questo non è sufficiente a invertire la traiettoria globale che continua a crescere, e sembra non aver ancora raggiunto il picco. Esattamente 22 Paesi rappresentanti il 23% delle emissioni globali hanno ridotto le loro emissioni nell’ultimo decennio (2014-2023). Tra questi, i Paesi dell’OCSE, inclusa l’Unione Europea, che hanno avuto una decrescita più marcata, pari a una media del -1.4% all’anno.
Le emissioni da cambiamenti di uso del suolo si assestano nel 2024 a 4.2 Gt CO2, ma sono in riduzione dagli anni ’90, e in particolare nell’ultimo decennio (-20%).
Rilevanti sono state però le emissioni dovute agli incendi, per cui il 2024 è stato da record rispetto ai 20 anni precedenti, da quando sono iniziate le registrazioni da satellite. Ricordiamo infatti la persistenza di incendi particolarmente gravi in Canada e in Brasile, accentuati dalle condizioni di siccità che si sono presentate.
Le terre emerse e gli oceani contribuiscono inoltre ad assorbire circa la metà delle emissioni generate dall’attività umana, nonostante siano impattati negativamente dai cambiamenti climatici stessi.
Le foreste tropicali, temperate e boreali sono i principali carbon sink terrestri, ma le emissioni dovute alla deforestazione, pur essendo diminuite nel periodo 2014-2023, rimangono ancora alte, pari a 3.7 Gt CO2. Gli assorbimenti legati a riforestazione/forestazione permanente, invece, sono pari a sole 1.9 Gt CO2 all’anno, sullo stesso periodo.
La capacità di assorbimento delle terre e degli oceani varia annualmente in base alla variabilità naturale del clima. Rilevante sulla capacità dei territori di assorbimento della CO2 ad esempio è l’effetto di El Niño, che nel 2023 ha influito sulla riduzione di assorbimento dai sink naturali. Le crescite maggiori di concentrazione di CO2 nell’atmosfera si sono verificate infatti nel 1987, 1998, e 2015-2016, in corrispondenza dei periodi caratterizzati da El Niño.Gli stessi incendi di quest’anno sono stati accentuati da El Niño. In aggiunta è necessario tener conto del fatto che, in seguito agli incendi, gli ecosistemi boschivi hanno bisogno di molto tempo (diversi anni) per tornare a essere dei “pozzi” di assorbimento del carbonio.
Una volta valutate le emissioni e gli assorbimenti dell’anno, il report calcola il carbon budget rimanente per limitare il riscaldamento globale a +1.5°C, +1.7°C e +2°C, con una probabilità del 50%, che risulta pari rispettivamente a 235 Gt CO2, 585 Gt CO2, e 1110 Gt CO2, equivalente alle emissioni di 6, 14 e 27 anni a partire dal 2025.
Per rispettare il budget dell’1.5°C dobbiamo azzerare le emissioni nette di (sola) anidride carbonica prima del 2040, e più si rimanda questo obiettivo più gli assorbimenti dovranno essere consistenti.
Articolo di Francesca Casale, delegata di Italian Climate Network
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