finanza climatica cop28
05
Dic

FINANZA CLIMATICA E DOVE TROVARLA

  • Oltre al nuovo obiettivo di finanza climatica post-2025, a COP28 si discute anche dell’obiettivo precedente di 100 miliardi di dollari.
  • Secondo un rapporto OCSE, i Paesi sviluppati hanno probabilmente raggiunto la somma nel 2022, ma permane comunque il gap degli anni precedenti.
  • È importante stabilire linee guida per definire cosa si intenda per “finanza climatica”.
  • Bisogna anche individuare le fonti: la finanza pubblica dev’essere centrale, ed esistono soluzioni per incrementarla, ma i progressi sono lenti.

In parallelo al nuovo obiettivo di finanza climatica post-2025 (New Collective Quantified Goal), a COP28 si discute anche della cosiddetta “finanza a lungo termine”.
Un po’ di contesto: alla COP15 di Copenaghen venne stabilito che i Paesi Annex II, quelli con l’obbligo di fornire sostegno finanziario, avrebbero dovuto stanziare una somma di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020. L’obiettivo è stato poi esteso fino al 2025, anno in cui entrerà in vigore il nuovo obiettivo. Successivamente, la COP17 di Durban creò un programma di lavoro per aiutare i Paesi sviluppati a identificare le fonti da cui attingere e i modi efficaci per mobilitare i 100 miliardi. In questo contesto, si è richiesto ai Paesi sviluppati di presentare rapporti biennali sulle strategie perseguite per incrementare i finanziamenti per il clima.

Attualmente, qui a COP28 le discussioni sulla finanza climatica ruotano principalmente attorno al “vecchio” obiettivo da 100 miliardi e su come colmare il gap che ancora persiste per arrivare finalmente all’intera somma.
Nei loro interventi, i Paesi sviluppati sottolineano i progressi compiuti: secondo un rapporto dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), l’obiettivo è stato probabilmente raggiunto nel 2022.
Secondo i Paesi in via di sviluppo, invece, i progressi non possono farci dimenticare le mancanze accumulate negli anni precedenti e non ancora compensate: si parla di 16,7 miliardi nel 2020 e 10,4 miliardi nel 2021, per un totale di 27,1 miliardi.

Nonostante il focus sui 100 miliardi entro il 2025, le buone pratiche raccolte serviranno anche per impostare il nuovo obiettivo post-2025 perché non presenti gli stessi limiti del precedente.

Infatti, anche se il vecchio obiettivo sta per scadere, il dialogo sulla finanza climatica a lungo termine continuerà fino al 2027 anche in relazione al nuovo obiettivo: è essenziale che, da un lato, i Paesi sviluppati continuino a fornire informazioni trasparenti e complete sul loro sostegno finanziario e, dall’altro, i Paesi in via di sviluppo ricevano supporto per identificare concretamente le proprie necessità. 

Il primo passo fondamentale per fornire sostegno finanziario efficace è dare una definizione precisa di “finanza climatica”. Infatti, non ci sono ancora delle linee guida per definire cosa si possa considerare finanza climatica all’interno dell’UNFCCC, e ciò non garantisce trasparenza nella reportistica dei Paesi Annex II. A tal proposito, questa mancanza di trasparenza ha finora permesso ai Paesi Annex II di sovrastimare le somme effettive stanziate, contando nel totale finanziamenti che facevano  già capo ad altri tipi di impegni (come gli aiuti umanitari allo sviluppo), e perfino il finanziamento dei progetti più disparati (da una centrale a carbone a un film romantico ambientato nella foresta pluviale argentina!).
Di conseguenza, il tema della definizione di finanza climatica trova molto spazio nelle attuali discussioni, con i Paesi in via di sviluppo che premono per inserire linee guida chiare su cui basare i contributi finanziari, mentre i Paesi sviluppati preferirebbero ovviamente mantenere l’ambiguità attuale.

Un’altra questione importante sono le fonti da cui attingere i finanziamenti: per fortuna, i Paesi sviluppati riconoscono sempre più la centralità dei finanziamenti pubblici. Infatti, gli investimenti privati svolgono si un ruolo importante, ma risultano problematici sotto diversi aspetti: oltre ad aggravare l’indebitamento dei Paesi vulnerabili, causano altri impatti negativi come la privatizzazione dei servizi base o un aumento delle disuguaglianze, e spesso mancano di misure di salvaguardia dei diritti umani. 

Pertanto, i governi dovrebbero piuttosto prediligere soluzioni per incrementare i finanziamenti pubblici, e molte delle soluzioni esistenti ruotano attorno al principio di “far pagare” i responsabili della gran parte delle emissioni. Tra le soluzioni proposte dalla società civile vi sono: una tassa sui profitti record delle aziende fossili, l’abbandono delle sovvenzioni ai combustibili fossili, una tassa sui maxi-redditi (il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del 50% delle emissioni).
La possibilità di attuare alcune di esse viene finalmente discussa anche a livello politico, come è avvenuto ad esempio al Summit di Parigi per il nuovo patto finanziario mondiale, che ha riguardato più in generale la trasformazione del sistema finanziario mondiale, necessità che viene ormai riconosciuta anche dai governi dei Paesi più ricchi.

Ciononostante, non sono ancora emersi impegni concreti per attuare davvero queste soluzioni. Ad esempio, la promessa di abbandonare le sovvenzioni ai fossili risale già alla dichiarazione dei leader del G20 di Pittsburgh del 2009, ma i governi non vi hanno mai tenuto fede, grazie all’inserimento di scappatoie come “sovvenzioni inefficienti nel testo. 

Invertire la rotta sembra un’impresa non da poco: applicare il principio del “chi inquina paga” (come richiesto anche dal nostro consorzio Spark con la petizione europea “Make them Pay” da poter firmare), vorrebbe dire ripensare interamente il nostro sistema economico, affinché tutti i flussi finanziari siano coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi

Ciononostante, è un elemento imprescindibile per trovare fondi da investire nella transizione, soprattutto in quei Paesi che più hanno bisogno di risorse e che subiscono maggiormente gli effetti non solo del cambiamento climatico, ma anche di un sistema socioeconomico profondamente iniquo. È dunque prima di tutto una questione di equità e giustizia. 

Ma non solo: l’allineamento dei flussi finanziari è uno dei tre impegni cardine dell’Accordo (insieme all’obiettivo 1,5°C e all’adattamento), e gli sforzi per rispettarlo sono già stati rimandati troppo a lungo.

Articolo a cura di Teresa Giuffrè, delegata di Italian Climate Network alla COP28.

Foto di copertina: Teresa Giuffrè

You are donating to : Italian Climate Network

How much would you like to donate?
€10 €20 €30
Would you like to make regular donations? I would like to make donation(s)
How many times would you like this to recur? (including this payment) *
Name *
Last Name *
Email *
Phone
Address
Additional Note
Loading...