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Nov

Gli agricoltori, la “faccia umana del cambiamento climatico”

Farmers’s Day: mercoledì 9 novembre alla COP22 di Marrakech la giornata è partita all’insegna degli agricoltori e del loro contributo alle azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. La questione non è per nulla semplice, visto che lo stesso Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) ha stimato che, per raggiungere gli obiettivi di contenimento del cambiamento climatico, serviranno, tra le varie azioni, anche quasi un miliardo di ettari di terreno per produrre bioenergie. Questo però potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare e i diritti degli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, riducendo il terreno disponibile per colture necessarie alla loro sopravvivenza. Mentre è invece necessario tutelare i 2 miliardi di piccoli agricoltori che ogni giorno producono il cibo per più della metà della popolazione terrestre, utilizzando meno di un quarto di tutta la terra coltivabile. Ecco che allora ci si domanda quale tipo di agricoltura dovremo promuovere e come dovranno essere gestite le terre coltivabili: di questo è stato invitato a discutere anche il Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA), uno degli organismi permanenti delle COP, che dovrebbe analizzare (tramite un nuovo work programme su agricoltura e la sicurezza alimentare), il tema dei finanziamenti, promuovendo modelli agricoli sostenibili.

A livello globale l’agricoltura è attualmente responsabile del 13,5% delle emissioni di gas serra (connesse al metano prodotto dalla digestione animale, al contenuto di nitrati del terreno etc.) e indirettamente di un altro 17% derivante dalla deforestazione e dal cambio di uso del suolo. Su questo tema specifico si è parlato all’interno dell’evento “Addressing Climate Change through Land Use: Supporting Corporations or Communities? Time to choose”. Non è purtroppo una novità che alcune popolazioni siano state costrette a lasciare i propri territori per far spazio a monocolture intensive: è successo ad esempio in Uganda, in quattro casi di introduzione di monoculture.  

Sempre all’interno dell’evento è stato sottolineato come l’intensificazione delle collaborazioni tra pubblico e privato possa talvolta ostacolare la protezione dell’ambiente, dato che la conservazione, che non comporta profitti immediati, mal si sposa con gli obiettivi di crescita economica delle aziende. Senza contare che strumenti di finanziamento importanti come lo Small Grants Program della Global Environmental Facility dell’UNEP raccolgono meno di quanto inizialmente previsto (nel caso specifico, 140 millioni di dollari invece di 3,8 miliardi). Uno spiraglio di speranza viene invece dalla Global Alliance for Climate-Smart Agriculture, che dal 2010 raggruppa entità statali e private, con i seguenti obiettivi:

  • Aumentare la produttività e la redditività agricola in modo equo e sostenibile
  • Promuovere la resilienza dei sistemi agricoli e degli allevamenti
  • Ridurre o rimuovere le emissioni di gas serra legate all’agricoltura
  • Aumentare la sicurezza alimentare

Questi temi sono oggetto anche di altri eventi alla COP22 di Marrakech: uno degli obiettivi è quello di evitare che la nuova forza lavoro giovanile abbandoni il settore agricolo, che invece avrebbe bisogno di nuove idee e persone propositive.

Detto ciò, Il messaggio è chiaro: dato che il cambiamento climatico colpisce il lavoro degli agricoltori – definiti da Martin Frick (FAO) “la faccia umana del cambiamento climatico” –è necessario intervenire con forza perché la discussione prenda ampio vigore. Verso un’agricoltura più sostenibile.

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