ipcc nuovi report
21
Nov

L’IPCC STA LAVORANDO A DUE NUOVI REPORT METODOLOGICI

  • Due nuovi report verranno pubblicati nel 2027 dalla Task Force dell’IPCC per gli inventari nazionali delle emissioni climalteranti.
  • Un report riguarda le forzanti climatiche di breve durata, quelle sostanze che contribuiscono anche all’inquinamento atmosferico.
  • Il secondo report riguarda le soluzioni per l’assorbimento, lo stoccaggio e l’utilizzo di carbonio.

A COP29 la Task Force on national GHG Inventories dell’IPCC (TFI – Task Force per gli inventari nazionali di emissioni di gas a effetto serra) ha comunicato di aver cominciato il lavoro su due nuovi Methodological Report che entreranno nel ciclo del Settimo Assessment Report (AR7).

I titoli dei due report, che verranno pubblicati nel 2027, sono:

  • Methodological Report for short-lived climate forces,
  • Methodological Report on Carbon Dioxide Technologies, Carbon Capture, Utilisation and Storage.

La Task Force per gli inventari nazionali delle emissioni si occupa di definire le modalità per il calcolo delle emissioni e delle rimozioni di carbonio e sviluppa software ad hoc a disposizione di tutti i Paesi. Per questo organizza anche dei workshop aperti ai Paesi in via di sviluppo per spiegare come utilizzare i software.

La Task Force è supportata dal punto di vista tecnico e scientifico dalla Unità per il Supporto Tecnico (TSU), diretta dal Dottor Sandro Federici, che a COP ha presentato i due nuovi Methodological Report.

Il primo report riguarda le forzanti climatiche di breve durata, ovvero quelle sostanze, spesso classificate anche come sostanze inquinanti per l’aria, il cui tempo di vita, salvo alcune eccezioni, varia da poche ore a qualche mese. Queste sostanze sono aerosol/particolati PM (solfato, nitrato, ammonio, aerosol carboniosi, polvere minerale, gocce marine), e gas chimicamente reattivi (metano, ozono, composti alogenati, ossidi di azoto, monossido di carbonio, composti organici volatili non metanici, anidride solforosa, ammoniaca). Per quel che riguarda il loro effetto sul riscaldamento globale, non possono essere confrontate con le altre emissioni di gas serra, data appunto la loro breve persistenza in atmosfera.

La Task Force aveva deciso di redigere un report su queste forzanti climatiche durante il meeting IPCC49 del maggio 2019 che si è tenuto a Kyoto. Finora è quindi già stato fatto un lavoro preparatorio, durante il quale è stato definito che il report rappresenterà un guida per il reporting degli inventari nazionali sulle emissioni di SLCF, che andrà usata in aggiunta, e non in sostituzione, alle linee guida dell’IPCC del 2006 sugli inventari.

Il report, sulla stessa impostazione di quello del 2006, riguarderà solo le sorgenti di emissioni antropogeniche per cui è disponibile un’evidenza scientifica, ovvero settore energetico, industriale (IPPU – Industrial Processes and Product Use: processi industriali e uso dei prodotti), AFOLU (agricoltura, foreste e uso del suolo) e rifiuti. Il calcolo delle emissioni andrà effettuato a scala nazionale e annuale: queste ipotesi sono importanti per definire dei fattori di emissione che siano rappresentativi.

Il secondo report invece è stato deciso a gennaio 2024, durante l’IPCC60 a Istanbul, e il titolo deve essere ancora confermato. Nel frattempo si è già tenuto un meeting di esperti in luglio, in cui sono state definite le tecnologie per la rimozione di carbonio che verranno considerate, e che saranno il punto di partenza del lavoro preparatorio.

Il report considererà le seguenti soluzioni per la rimozione (CDR): forestazione, agroforestazione, biochar, soluzioni tecnologiche, BECCS (biocombustibili), oceani e gestione blue-carbon. Per ogni soluzione è stato definito il costo per tonnellata di CO2 rimossa. Le tecnologie sono state distinte tra quelle che catturano il carbonio durante un processo industriale e quelle che catturano il carbonio direttamente dall’atmosfera.

Un punto cruciale del report sarà definire la metodologia per verificare che le tecnologie garantiscano una rimozione permanente; infatti, le rimozioni negli inventari nazionali vengono inserite in un primo anno e poi considerate permanenti, ma su questo punto è necessario avere certezze.

Un altro tema importante è l’utilizzo del carbonio, che sta aumentando sempre di più sul mercato globale – si pensi ad esempio ai combustibili sintetici prodotti dall’anidride carbonica -, e per questo vengono definite nuove tecnologie molto di frequente. Bisogna definire però una metodologia per riuscire a seguire il carbonio per tutto il suo utilizzo e conteggiarlo adeguatamente negli inventari.

La prima cosa da fare per gli autori del report sarà quindi valutare il gap nelle metodologie esistenti dell’IPCC per la valutazione dei carbon sink (assorbimenti/pozzi di carbonio).

Il report avrà capitoli separati per il settore energetico, industriale (IPPU), AFOLU (principalmente biochar), e rifiuti, a cui si aggiungeranno due capitoli specifici su CCS/CCU/DACS (ovvero cattura e stoccaggio del carbonio, cattura e utilizzo, e assorbimento diretto dall’atmosfera), e oceani. Riguardo gli oceani verranno considerate le tecnologie di rimozione diretta e  miglioramento dell’alcalinità, ma non fertilizzazione degli oceani.

La guida che verrà sviluppata definirà quindi la metodologia per calcolare le rimozioni di carbonio da inserire negli inventari nazionali delle emissioni, ma dovrà essere pratica e chiara a sufficienza da poter essere utilizzate da tutti i Paesi, sia quelli più avanzati che quelli in via di sviluppo.

Gli aspetti finanziari, infine, sono entrati anche nell’evento di presentazione dei nuovi report. I rappresentanti dell’IPCC presenti hanno posto l’attenzione sulla necessità di risorse economiche per portare avanti i lavori. Fortunatamente dopo la pandemia di COVID19 si è iniziato a fare alcuni meeting online, e questo permette di risparmiare sui fondi dedicati a finanziare i viaggi degli esperti dai Paesi in via di sviluppo. Ma, così come per le attività del Segretariato, le Parti devono definire i fondi da dedicare all’IPCC.

Articolo a cura di Francesca Casale, delegata di Italian Climate Network.

Immagine di copertina: foto di Peggy Anke su Unsplash 

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