Marzo 2019, mite e (soprattutto) siccitoso
di Simone Abelli, meteorologo del Centro Epson Meteo
Il mese di marzo si conferma complessivamente mite e decisamente siccitoso. Le tre irruzioni fredde verificatesi nel corso del mese, che hanno portato le temperature temporaneamente sotto i valori normali e favorito nevicate a quote di bassa montagna se non addirittura di alta collina, hanno solo contribuito a rendere meno ampia l’anomalia termica positiva mensile il cui valore, su scala nazionale, ricalca quella del mese di febbraio attestandosi intorno a +1.4°C sopra la media del trentennio 1981-2010. D’altronde questo scarto positivo, che persiste dalla fine dell’inverno, è stato ben evidenziato dall’anticipo di circa una o due settimane della stagione vegetativa. Tale valore si pone al 9° posto fra i più elevati degli ultimi 60 anni e, analogamente al mese di febbraio, scaturisce quasi esclusivamente dall’anomalia delle temperature massime che ha toccato +2.1°C, soprattutto per i valori fuori stagione raggiunti al Nord (anomalia Tmax al Nord-Ovest = +2.9°C, anomalia Tmax al Nord-Est = +2.7°C) e al Centro (anomalia Tmax = +2.4°C). Fra i picchi di temperatura raggiunti nel mese, spesso tipici del mese di maggio o a tratti anche dell’inizio di giugno, spiccano i 23.8°C di Trieste toccati il giorno 23, che rappresentano il nuovo record storico di temperatura massima di marzo degli ultimi 60 anni.
Il dato più significativo, comunque, resta quello relativo alla carenza di precipitazioni, evidenziato da una forte anomalia negativa pari a -58% a livello nazionale, dovuta in gran parte al Centro-Nord dove è piovuto circa un terzo rispetto alla norma (considerando il Nord-Ovest si scende addirittura a un quarto delle precipitazioni normali). Per il Centro si tratta del 5° mese di marzo più secco degli ultimi 60 anni, mentre per il Nord e per l’Italia intera si tratta del 7° posto fra i mesi di marzo più secchi della serie storica. In alcune città il deficit si presenta ancora più elevato. Ad esempio Firenze, Pisa, Grosseto, Cagliari e Brescia evidenziano un’anomalia intorno a -90%; addirittura in alcuni tratti del Ponente ligure e della Sardegna meridionale non è stato osservato neppure un giorno di pioggia. In effetti le 7 perturbazioni transitate sull’Italia, in parte ostacolate dalla presenza di strutture anticicloniche sull’area euro-mediterranea, non hanno prodotto fenomeni rilevanti su ampia scala, ma al massimo dei brevi e locali episodi di precipitazioni intense. L’anomalia pluviometrica negativa del mese di marzo, già di per sé preoccupante, non fa altro che accentuare il dato negativo che emerge a partire dalla fine dell’autunno, cioè da quando ha cominciato a evidenziarsi il problema della siccità che successivamente è divenuta sempre più grave. Il deficit calcolato a partire da dicembre, pari a -36%, ossia una carenza di più di un terzo di precipitazioni, equivale a circa 23 miliardi di metri cubi di pioggia in meno rispetto alla norma, quantità paragonabile all’acqua contenuta nel Lago di Como. Se confrontata con l’analogo periodo del 2017, la situazione attuale si presenta ancora più grave: infatti, alla fine del marzo 2017, quando cominciava a evidenziarsi un notevole stress idrico, l’anomalia calcolata a partire dal precedente dicembre risultava pari a -28%, valore sicuramente rilevante, ma un po’ più contenuto rispetto a quello attuale.