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Giu

AI NEGOZIATI SUL CLIMA DI BONN I LAVORI INIZIANO CON QUASI DUE GIORNI DI RITARDO

Si inizia davvero solo nella serata di martedì, dopo uno stallo di 30 ore in cui si è discusso sull’inserimento di due temi in agenda.

La plenaria di apertura, che avrebbe dovuto dare il via ai negoziati sul clima di Bonn nella mattinata di lunedì con l’approvazione dell’agenda, si è svolta solo martedì sera – dopo un’altra giornata di rinvii e attese.
A ritardare l’inizio dei lavori sono state alcune divergenze tra le parti, legate principalmente a due punti di disaccordo: le proposte di meccanismi commerciali definiti “unilaterali” e il nuovo obiettivo finanziario raggiunto a COP29 (NCQG, New Collective Quantified Goal).

Il primo punto è un chiaro riferimento al Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), il nuovo strumento commerciale utilizzato dall’Unione Europea: attualmente in “fase di prova”, diventerà definitivo nel 2026. Questo strumento impone una tassa sul carbonio alla merce in ingresso all’UE, per limitare il cosiddetto carbon leakage, ovvero che le industrie inquinanti spostino sedi e produzione al di fuori dell’Unione sfuggire alle regole del mercato europeo del carbonio, ed evitare che le aziende europee subiscano la concorrenza di chi, altrove, non paga per le proprie emissioni (come invece accade in Europa con il sistema ETS). Il CBAM quindi si pone come obiettivo quello di dare il giusto prezzo “carbonico” alle merci in ingresso per permettere uno scambio equo e promuovere una produzione industriale più pulita anche negli stati non europei.
Come lecito attendersi, molti Paesi si oppongono a questa misura per timore di ripercussioni negative sul proprio export e il gruppo LMDCs (Like-Minded Developing Countries) ha proposto di affrontare il tema qui, durante questi negoziati sul clima, prima che diventi effettiva. Questa discussione, come forse ricorderete, era stata già sollevata a COP29 ed era già stata in grado di bloccare l’approvazione dell’agenda, ma allora era stata accantonata rapidamente. Similmente, negli ultimi anni obiezioni erano state sollevate in sede di WTO risolvendosi sempre in un niente di fatto. Il compromesso raggiunto durante la plenaria di martedì sera è stato quello di inserire il tema nell’agenda di quest’anno, all’interno della discussione sulla giusta transizione, come nota a piè pagina. 

Il secondo punto di disaccordo affrontato dalle delegazioni in questi giorni si riferisce all’Articolo 9.1 dell’Accordo di Parigi, che definisce l’obbligo dei Paesi sviluppati di fornire le risorse finanziarie per sostenere i Paesi considerati in via di sviluppo nella mitigazione e nell’adattamento. Anche in questo caso è stato il gruppo dei LMDCs a richiedere di aggiungere il tema in agenda, con lo scopo di riaprire il dialogo sulla finanza pubblica fornita dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo. Ne parliamo più nel dettaglio in questo articolo. 

La plenaria di martedì sera si è chiusa con un breve intervento di Simon Stiell, Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, che ha commentato quanto accaduto dicendo che «le ultime 30 ore sono state difficili, e non hanno rispecchiato l’urgenza che dobbiamo affrontare». 

Concludendo il suo discorso, Stiell ha detto che «anche se è imperfetto, anche se nessun Paese o gruppo ottiene tutto quello che vuole, il multilateralismo climatico ha compiuto progressi evidenti a ogni COP recente. Ma chiaramente serve di più, più in fretta, e abbiamo bisogno di dimostrare al mondo che la cooperazione climatica può portare risultati, ora più che mai. E se vogliamo che la COP30 ci porti altri passi avanti, abbiamo bisogno che i prossimi 8 giorni portino progressi concreti sotto tutti gli aspetti dell’agenda».

Immagine di copertina: foto di Isabela Castilho | COP30 Brasil Amazonia.

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