I PAESI RICCHI CONTINUANO A INVESTIRE SUI COMBUSTIBILI FOSSILI
17
Giu

I PAESI RICCHI CONTINUANO A INVESTIRE SUI COMBUSTIBILI FOSSILI

A Bonn, CAN International accusa: i nuovi progetti di estrazione ignorano gli impegni di COP28 e aumentano perdite, danni e disuguaglianze

In una conferenza stampa durante i negoziati di Bonn, martedì CAN International ha acceso i riflettori sul  ruolo dei Paesi più ricchi nei progetti di nuove estrazioni di combustibili fossili, che genereranno ingenti emissioni e che avranno implicazioni anche sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sulle perdite e danni che verranno provocati. Altro tema chiave della conferenza stampa è stato quello della finanza climatica.

Oil Change International ha pubblicato lunedì un nuovo set di dati relativi all’espansione dell’estrazione di petrolio e gas da qui al 2035. Dall’analisi emerge che alcuni tra i Paesi più ricchi al mondo non solo stanno continuando a ignorare l’impegno preso a COP28, ovvero quello di allontanarsi dai combustibili fossili in maniera giusta ed equa, ma stanno addirittura raddoppiando i progetti per l’estrazione di gas e petrolio. In particolare, quattro nazioni (Stati Uniti, Canada, Norvegia e Australia) sono responsabili di quasi il 70% della nuova espansione verso petrolio e gas prevista per i prossimi 10 anni, e delle emissioni che ne deriveranno. Si stima che le emissioni generate da questi nuovi progetti estrattivi possano arrivare a 32 miliardi di tonnellate di CO2.

CAN International ha sottolineato che più queste nazioni continueranno a utilizzare i combustibili fossili, maggiori saranno i costi da sostenere per affrontare la crisi climatica – e che maggiore sarà anche lo sforzo che dovranno fare i Paesi in via di sviluppo per adattarsi ai cambiamenti climatici e far fronte alle perdite e ai danni. Si genera così un corto circuito in cui proprio i Paesi che dovrebbero promuovere il phase out dai fossili sono quelli che ostacolano la transizione anche in altri Stati, incrementando gli impatti climatici. Questo porta al secondo punto affrontato durante la conferenza stampa a Bonn: la finanza climatica. Sulla questione, CAN International ha detto di sostenere la posizione del G77, gruppo che comprende soprattutto Paesi definiti in via di sviluppo, secondo cui l’accordo raggiunto faticosamente a COP29 rimanda a privati e altri attori le responsabilità che dovrebbero essere riconosciute alle nazioni più ricche, e storicamente più responsabili della crisi climatica, ignorando il ruolo dei finanziamenti pubblici verso il cosiddetto Sud globale.

La conferenza stampa ha ospitato anche un intervento dell’Observatório do Clima, una rete che riunisce enti della società civile per discutere la questione dei cambiamenti climatici nel contesto del Brasile, il Paese che a novembre ospiterà la COP30. Gli attivisti brasiliani hanno portato l’attenzione su un’asta con cui l’Agenzia Nazionale Brasiliana del Petrolio offrirà in concessione permanente 172 blocchi per l’esplorazione petrolifera, alcuni dei quali si trovano presso la foce del Rio delle Amazzoni. Secondo le stime l’espansione dell’estrazione in questi siti potrebbe generare oltre 11 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, circa due volte le emissioni annuali degli USA.

CAN ha descritto l’iniziativa come un’azione di «doppio sabotaggio», perché non solo mette a repentaglio il futuro climatico mondiale, ma rischia anche di vanificare gli sforzi della diplomazia brasiliana che a Bonn sta cercando di fare del suo meglio, in vista delle alte ambizioni di COP30. CAN ha segnalato in particolare che Petrobras, la compagnia petrolifera statale Brasiliana, potrebbe ottenere la licenza per procedere all’estrazione presso il blocco 59 a Amapá Águas Profundas, un sito offshore situato nel margine equatoriale. Il blocco 59 ha un’alta vulnerabilità ecologica e si trova in prossimità della barriera corallina, habitat florido in biodiversità e valore naturalistico e ambientale, il che rende ancora più grave la volontà di procedere con attività estrattive.
CAN ha inoltre sottolineato che, se i giacimenti di petrolio verranno effettivamente rinvenuti in volumi tali da giustificarne l’estrazione, il progetto estrattivo di Petrobras avrà inizio solamente tra cinque o sei anni, ovvero quando sarà superato il picco della domanda di petrolio, che la IEA stima per il 2030, ad ulteriore riprova dell’insensatezza del progetto. La produzione massima di questo blocco sarebbe infatti conseguentemente raggiunta solo nel 2050, quando il prezzo del petrolio rientrerà e gli investimenti fatti dal Brasile per questa attività non potranno essere recuperati.

CAN su questo punto ha citato infine un report del WWF secondo cui questo progetto estrattivo potrebbe essere redditizio solo in uno scenario che supera i 2,4°C: se l’obiettivo è rimanere sotto il grado e mezzo, insomma, non sono certamente questi gli investimenti che devono essere implementati.

La conferenza stampa ha approfondito anche il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Anche a questo proposito è stato sottolineato quanto la finanza sia cruciale per le azioni sul campo, perché 43 milioni di persone sono sfollate a causa degli impatti causati dalla crisi climatica e a Bonn si sta ancora dibattendo sull’opportunità di far rientrare o meno la finanza tra i punti in agenda. L’adattamento è una priorità, ha avvertito la portavoce di CAN International: è un bisogno, perché rappresenta il diritto a sopravvivenza, giustizia, equità, dignità e sviluppo sostenibile, per le Nazioni che affrontano ogni giorno i rischi legati agli impatti del cambiamenti climatici.

L’accordo di Parigi dieci anni fa ha stabilito l’obiettivo globale sull’adattamento (Global Goal on Adaptation – GGA), e CAN si aspetta che ci siano progressi al riguardo anche se a oggi siamo ancora lontani dal mettere in atto misure concrete e si sta ancora negoziando su quali fattori debbano essere considerati come indicatori di progresso. 

Per il raggiungimento del GGA, CAN sostiene che ci sono tre funzioni da sviluppare: migliorare le capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità. Per farlo, avvertono gli attivisti, la finanza è fondamentale: per questo l’organizzazione sostiene la necessità trattare, durante i negoziati, l’articolo 9.1 dell’Accordo di Parigi.

È certo che l’adattamento sarà uno dei temi cruciali di questi negoziati intermedi, e nei prossimi giorni seguiremo i lavori per capire come verrà effettivamente sviluppato.

Articolo a cura di Giada Fenocchio, delegata SB62 da remoto per Italian Climate Network

Immagine di copertina: foto di CAN International

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