PIANI DI ADATTAMENTO, NEGOZIATO DIFFICILE A BONN
Al secondo giorno di consultazioni sui Piani Nazionali di Adattamento non si è ancora trovato un accordo sulle modalità di lavoro: il testo negoziale è pieno di opzioni, e non è chiaro nemmeno come affrontarle.
Alla COP28 era stato stabilito che nel 2025 gli Stati avrebbero dovuto presentare i nuovi Piani Nazionali di Adattamento (NAPs), per arrivare poi a implementarli progressivamente entro il 2030. Questi piani dovranno essere messi in atto attraverso i criteri e le modalità che saranno stabilite dall’Obiettivo Globale di Adattamento (Global Goal on Adaptation – GGA), attualmente in discussione ai negoziati di Bonn.
L’adattamento è uno degli argomenti centrali degli intermedi di Bonn e sarà centrale anche alla COP30: lo abbiamo visto ribadire in varie sale negoziali, in particolar modo dai Paesi in via di Sviluppo che sono più colpiti dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.
L’analisi dei dati UNFCCC rivela che a oggi circa il 41 per cento dei Paesi in via di sviluppo, ha presentato un Piano Nazionale di Adattamento, mentre il 44% circa dichiara che la predisposizione è “in progress”. Il processo di pianificazione, quindi, è ancora piuttosto indietro.
A COP29 i negoziati sui Piani Nazionali di Adattamento si sono focalizzati perlopiù sul tema delle risorse finanziarie necessarie per la loro redazione e implementazione, per poi naufragare al termine delle consultazioni che, per la mancanza generale di consenso, erano state rimandate ai negoziati di giugno, ora in corso a Bonn. Tra i temi più dibattuti e su cui, nel testo negoziale di novembre 2024, si trovano maggiori proposte di modifica, si individuano i cosiddetti mezzi di attuazione (Means of Implementation – MoI) in particolar modo verso i Paesi in via di Sviluppo. Tra questi ci sono mobilitazione di risorse finanziarie, trasferimento tecnologico e capacity building, ma anche aspetti legati all’approccio rispetto ai gruppi più vulnerabili e ai diritti umani.
Durante i negoziati che abbiamo seguito in questi giorni è emerso, purtroppo, che le difficoltà non sono ancora state superate. Durante il primo incontro tra le Parti i co-facilitatori hanno evidenziato fortemente la necessità di procedere nella formulazione e implementazione della bozza di decisione su cui a Baku non si era raggiunto un accordo, e hanno chiesto alla platea di confermare se i lavori avrebbero potuto ripartire dal draft e di indicare le modalità di attuazione per arrivare a concretizzare il documento. A seguito della richiesta, però, non si è giunti a una soluzione neanche al secondo giorno di consultazioni.
In generale le Parti hanno concordato sulla necessità di essere efficaci per raggiungere l’obiettivo in questa tornata negoziale, senza incappare nuovamente nello stallo e conseguente rinvio avvenuto a COP29, ma non hanno trovato l’unanimità sulle modalità di attuazione.
In particolare, il gruppo G77 ha sostenuto la posizione di ripartire dalla versione in bozza di Baku, proiettarla a schermo e commentarla “riga per riga”, per non perdere il lavoro fatto nelle precedenti sessioni, anche in relazione alla mancanza di tempo per procedere sulle attività. Questa modalità ha trovato in disaccordo l’Unione Europea, il Regno Unito, il Giappone e l’Australia, che pur ritenendo utile lavorare sul testo si sono opposti alla proposta di procedere riga per riga sostenendo che nel corso dei negoziati precedenti questo approccio si fosse dimostrato fallimentare, visto il documento risultante, pieno di parentesi e proposte alternative.
L’Unione Europea, inoltre, nella prima seduta ha proposto di lavorare prioritariamente sulle sezioni su cui c’è maggiore allineamento e raggruppare le questioni principali, focalizzandosi in particolare su:
- il processo integrato di monitoraggio, valutazione e apprendimento (Monitoring Evaluation and Learning – MEL),
- il tema dei gruppi sensibili al genere e i gruppi vulnerabili,
- le sinergie presenti con altri processi rilevanti,
- il coinvolgimento del settore privato,
- le circostanze particolari del Paesi in via di sviluppo e dei Piccoli Stati insulari in via di sviluppo.
Una posizione praticamente identica è stata presa dall’Australia e dal Giappone. Quest’ultimo ha sostenuto inoltre che dovrebbero essere considerati temi prioritari anche l’inclusione del settore privato come soggetto attivo e coinvolto, in particolare nella fase attuativa dei NAPs, l’importanza delle piattaforme per consentire l’accesso alle competenze e la necessità di avere sinergia tra i processi. Il Regno Unito ha poi segnalato l’intenzione di inserire nel nuovo testo più riferimenti alla questione di genere e dichiarato che sono necessari più elementi relativi alla finanza e l’accesso ai finanziamenti, in relazione all’attuazione dei piani.
Se nel primo giorno di negoziati si è almeno tentato di individuare i paragrafi del documento da mantenere, pur senza definire una reale metodologia di lavoro, il secondo giorno è stato ancora più inconcludente, e si è perso più tempo del previsto nei cosiddetti “capannelli”, cioè raggruppamenti di consultazione.
Il gruppo G77 ha preso la parola per riproporre lo stesso metodo che non era stato condiviso il giorno precedente, e Regno Unito e Unione Europea si sono opposti. Il gruppo dei Paesi arabi ha quindi incalzato le delegazioni chiedendo quale fosse la loro controproposta, ma senza ottenere risposte più concrete di quelle viste nel giorno precedente.
Nella sala negoziale era evidente l’affaticamento dei co-facilitatori, che dopo aver a più riprese ricordato di essere nelle mani delle Parti hanno sottolineato la necessità di fare progressi. Anche le Parti intervenute hanno più volte ricordato l’importanza di fare passi avanti sul tema dei Piani di Adattamento, cruciale in termini di contenuto e stringente in termini di scadenze, tuttavia finora non è stato possibile vedere nessun risultato concreto, e le delegazioni non sono riuscite neppure ad accordarsi su come poter lavorare in maniera più efficace.
Il tempo stringe, perché le sessioni sono limitate: seguiremo i prossimi sviluppi, sperando di non dover assistere a un flop su un tema di importanza così vitale.
Articolo a cura di Giada Fenocchio, delegata SB62 da remoto per Italian Climate Network.
Immagine di copertina: foto di Isabela Castilho | COP30 Brasil Amazônia