Aprile, il più caldo degli ultimi 60 anni
di Simone Abelli, meteorologo del Centro Epson Meteo
Il dato più evidente che caratterizza questo mese di aprile è certamente la temperatura elevata, complessivamente al di sopra della norma dall’inizio alla fine del mese, eccetto un breve momento nei primi giorni quando è scivolata lievemente sotto la media, a causa dei postumi dell’ultima irruzione fredda di marzo. A conti fatti, non si tratta solo dell’aprile più caldo degli ultimi 60 anni, ma addirittura degli ultimi due secoli, come confermato dalle elaborazioni dell’ISAC-CNR. Questo primato, contraddistinto da uno scarto di +2.8°C rispetto alla media del trentennio 1981-2010, deriva soprattutto dalle forti anomalie termiche osservate nella seconda metà del mese quando un poderoso anticiclone di matrice sub-tropicale carico di aria calda si è esteso dalla zona del Sahara occidentale verso il continente europeo dove ha determinato una fase di stampo estivo con valori prossimi ai 30°C persino nelle zone intorno al Mare del Nord. Nelle nostre regioni, nell’ambito di questo periodo di due settimane con valori sempre più diffusamente oltre i 25°C fino a picchi intorno a 30°C, il giorno 20 sono stati superati alcuni record storici di temperatura massima, come ad esempio a Grosseto con 29.4°C e a Genova con 28.8°C. In molte zone, specialmente al Nord, per buona parte della seconda metà del mese le temperature massime hanno raggiunto valori dai 5 ai 10 gradi sopra la media e localmente anche oltre, attestandosi su livelli da estate già avviata, in un contesto complessivamente siccitoso con precipitazioni scarse o del tutto assenti, nonostante il passaggio a fine mese di 3 perturbazioni evidentemente poco significative.
Le prime due settimane, invece, sono state decisamente più perturbate a causa della scarsa presenza anticiclonica che ha consentito il transito di 5 sistemi nuvolosi alcuni dei quali a tratti intensi, come ad esempio la perturbazione che ha interessato la Sardegna e il Centro formando un profondo ciclone sul Tirreno fra l’8 e il 9 o quella che ha portato molte piogge e temporali al Nord e parte del Centro fra l’11 e il 12. Nonostante queste condizioni dinamiche, le temperature sono rimaste comunque mediamente sopra la norma, sebbene non ai livelli della seconda metà del mese, a causa della particolare configurazione della circolazione, caratterizzata dal frequente affondo di depressioni ricolme di aria fredda verso la zona fra l’Europa occidentale – il Marocco e l’Algeria – e dalla contemporanea frequente presenza di aree anticicloniche sull’Europa orientale, con conseguente risalita di impulsi di aria calda verso i Paesi dell’est e, in misura più marginale, anche verso la nostra penisola.
Complessivamente, le precipitazioni, concentrate quasi esclusivamente nella prima metà del mese, hanno dato origine a un quantitativo decisamente inferiore alla norma a livello nazionale (-38% rispetto al valore normale del trentennio 1981-2010), ma con i deficit più significativi al Sud (-89%), in Sicilia (-67%), al Centro (-46%) e al Nord-Est (-42%).
Al Nord-Ovest e in Sardegna ci si è avvicinati un po’ di più al valore normale (+2% e -10% rispettivamente), con locali esuberi come ad esempio a Milano (+53%) e nel nord-ovest della Sardegna (+66%).
Naturalmente, le notevoli anomalie termo-pluviometriche di aprile hanno contribuito a modificare sensibilmente le corrispondenti anomalie parziali riferite alla primavera e all’anno in corso. In particolare, con uno scarto di +1.2°C rispetto alla media, questa primavera risulta essere al momento una delle più calde degli ultimi due secoli, mentre l’anomalia da inizio anno, dopo una costante discesa dovuta ai valori sotto la media di febbraio e marzo, è risalita fino al considerevole valore pari a +1°C che rimette il 2018 in corsa fra gli anni più caldi. Nonostante il deficit di aprile, gli accumuli di pioggia rimangono comunque superiori alla media di circa un quarto, sia dall’inizio dell’anno, sia per quel che riguarda la primavera. Il surplus a livello nazionale da gennaio corrisponde a circa 20 miliardi di metri cubi in più rispetto alla norma, con il contributo maggiore che deriva dalle regioni centro-settentrionali e dalla Sicilia. A titolo di confronto, nello stesso periodo del 2017, invece, l’Italia stava già soffrendo a causa di una carenza di circa 10 miliardi di metri cubi di acqua, che poi si è ulteriormente aggravata nei mesi successivi.