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Mag

Bonn, si chiude il negoziato: la quiete e la consapevolezza dopo Parigi

di Federico Brocchieri

Sessione congiunta dei corpi sussidiari e dell’APA – Foto di Federico Brocchieri

Si è concluso ieri a Bonn il negoziato intermedio SB44, durante il quale si sono tenute le 44esime sessioni di lavoro dei corpi sussidiari SBI (per l’implementazione della Convenzione) e SBSTA (per il supporto tecnico-scientifico alla Convenzione), oltre alla 1^ sessione dell’APA, piattaforma negoziale per l’implementazione dell’Accordo di Parigi in vista della sua entrata in vigore.

Nel corso dei dieci giorni di lavoro, si sono affrontati diversi temi previsti dall’agenda (approvata non senza difficoltà dopo ben 4 giorni di discussioni): caratteristichetrasparenza, comprensionecontabilizzazione degli INDC; linee guida circa l’adattamento, anche in relazione all’inserimento del tema negli INDC; modalità della futura global stocktake; definizione di un Comitato di esperti che presti particolare attenzione alla differenti circostanze dei Paesi.

Il documento finale, tutto sommato positivo, ha tuttavia visto venire meno un paragrafo che se approvato avrebbe portato il Segretariato UNFCCC, nei prossimi mesi, a redigere tre documenti tecnici che avrebbero costituito un valido strumento a disposizione dei Paesi:

  • un’overview delle sfide e delle problematiche relative alla comprensione e trasparenza degli INDC;
  • un’overview delle attuali disposizioni, entro la Convenzione, circa le comunicazioni inerenti l’adattamento;
  • un’overview del lavoro esistente relativo alla trasparenza entro la Convenzione ed i vari altri “corpi”.

Per via dell’opposizione da parte del gruppo LMDC, secondo cui tale lavoro sarebbe stato prematuro, e dei dubbi di alcuni altri Paesi circa alcuni aspetti marginali, tale paragrafo non è stato purtroppo inserito nel documento finale. Un peccato.

In ogni caso, i risultati dei vari tavoli costituiranno la base delle prossime sessioni negoziali, già nei prossimi mesi.

I prossimi passi

La prossima tappa sarà la COP22 di Marrakech, il prossimo novembre; successivamente, dovrebbero continuare a tenersi due meeting all’anno (la COP tra i mesi di novembre e dicembre, un negoziato intermedio a Bonn tra maggio e giugno). Il raggiungimento delle soglie per l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi (occorrono almeno 55 Paesi pari ad almeno il 55% delle emissioni globali – per ora, dalla cerimonia di firma lo scorso 22 aprile a New York, hanno ratificato 17 Paesi corrispondenti a circa il 0.04% delle emissioni), deve verificarsi entro il 2020, ma non è escluso – ed appare anzi più che probabile – che ciò possa verificarsi con un paio d’anni di anticipo.

ratificazione

Numero Paesi e Percentuale Emissioni Globali per la Ratifica dell’Accordo di Parigi. Fonte – unfccc.int – http://unfccc.int/paris_agreement/items/9485.php

L’UE e l’ostacolo-ratifica

Una delle problematiche circa un’entrata in vigore “anticipata” (rispetto al 2020) dell’Accordo di Parigi potrebbe riguardare l’Unione Europea. L’UE, infatti, per poter ratificare l’Accordo ha bisogno della ratifica di tutti gli Stati Membri: situazione, questa, che potrebbe non verificarsi prima di un paio d’anni, come affermato nel corso di una conferenza stampa da Elena Bardram, Capo della Delegazione UE, rispondendo ad una domanda circa quando potrebbe – realisticamente – avvenire la ratifica europea.

Non è possibile fornire una timeline precisa, ma non quest’anno. 

Al momento, infatti, l’unico stato dell’UE ad aver ratificato l’Accordo di Parigi è l’Ungheria, il cui parlamento ha votato a favore due giorni fa. Tutti gli altri Paesi stanno intraprendendo il processo. Il problema di una ratifica tardiva da parte dell’UE, ed in particolare nel caso in cui ciò avvenisse dopo l’entrata in vigore dell’Accordo, sarebbe una potenziale esclusione dell’UE dai tavoli negoziali del CMA (Meeting delle Parti dell’Accordo di Parigi), che prenderà il via alla prima conferenza utile in seguito all’entrata in vigore dell’Accordo, ponendo fine ai lavori preparativi dell’APA. In sintesi, l’UE non parteciperebbe alla prima, importante sessione che definirà aspetti cruciali circa gli strumenti dell’Accordo. 

Per scongiurare tale eventualità, una delle ipotesi attualmente considerate sarebbe quella di “sospendere” – nel caso – la prima sessione del CMA, prolungando il mandato dell’APA in attesa della definizione di tutte le regole necessarie e della ratifica dei major players. Ciò sia per garantire un’adeguata inclusività, sia per evitare fenomeni di free riding.

Per quanto riguarda il contenuto degli INDC – tema su cui si è ampiamente discusso in questi giorni, con il tentativo da parte di alcuni Paesi di rivederne il contenuto, magari inserendo il tema della finanza – il messaggio dell’UE è forte e chiaro:

Abbiamo raggiunto un accordo su questo a Parigi: mitigazione e, eventualmente, adattamento. E’ importante rispettare l’outcome di Parigi e non cominciare a modificare qualcosa che è stato frutto di anni di negoziazioni. Coloro che desiderano inserire elementi di adattamento nei propri INDC, dovrebbero farlo.

Quiete dopo la tempesta, nuova consapevolezza o entrambe?

Nonostante tali affermazioni, è innegabile come questo negoziato sia stato contraddistinto da un clima disteso, quasi surreale. Per chi ha seguito i negoziati di recente, è infatti impossibile non percepire la differenza rispetto ai negoziati intermedi dello scorso anno (nel 2015, ben 4 conferenze hanno preceduto la COP21), quando la fretta e la paura di non raggiungere l’obiettivo rendevano le discussioni tese, gli osservatori infastiditi e la security dell’ONU sempre sull’attenti per cercare di trovare posto ai negoziatori nelle sale piene o controllare le azioni dimostrative dei giovani.

E’ vero che tanto è cambiato: l’Accordo è stato raggiunto, e molti delegati (sia dei Governi che degli Osservatori) hanno lasciato il mondo dell’UNFCCC alla ricerca di nuovi orizzonti, sostituiti da “nuove leve”. Tuttavia, è lecito chiedersi se questa nuova atmosfera sia semplicemente dovuta alla classica “quiete dopo la tempesta”, ovvero al naturale periodo di riorganizzazione in seguito alla conclusione di un percorso negoziale durato quasi 5 anni, oppure se vi sia anche una maggiore consapevolezza per la quale dovremmo ringraziare proprio l’Accordo di Parigi: è possibile, in sintesi, che la buona riuscita dell’Accordo abbia finalmente allontanato gli spettri di Copenaghen, offrendo la possibilità di negoziazioni più distese e costruttive nel prossimo futuro? Vedremo!

L'”addio” di Christiana Figueres

Tra chi ha dato il proprio “addio” al mondo dei negoziati sul clima c’è il più illustre dei nomi: Christiana Figueres, alla guida dell’UNFCCC come Segretaria Esecutiva dal 2010, alla quale va il grande merito di aver costruito – dalle “ceneri” di Copenaghen – un percorso negoziale che è stato in grado di portare gli oltre 195 Paesi al raggiungimento dell’Accordo di Parigi lo scorso dicembre. Sarà sostituita, dal 7 luglio, da Patricia Espinosa, già Presidente della COP16 di Cancun ed ex Ministra degli Esteri messicana, attualmente ambasciatrice del Messico presso la Germania. 

espinosa figueres

Il passaggio (informale) di consegne tra la Figueres e la Espinosa. Foto di Federico Brocchieri

Nel suo intervento di saluti, la Figueres non è riuscita a trattenere le lacrime: ringraziata da tutti i Paesi con affetto e gratitudine, anche gli osservatori della società civile hanno voluto rendere omaggio al suo lavoro ed al suo carisma nel guidare il processo negoziale, intonando “You are the Climate Queen” sulle note della celebre canzone degli ABBA. Un ultimo momento di celebrazione, prima di tornare al lavoro: la direzione è quella giusta, ora non bisogna fermarsi.

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