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Ott

Clima, l’Africa davanti a un bivio: verso una governance inclusiva

Credit: David White

di Jacopo Bencini

11 Ottobre 2018, Nairobi – Ha preso il via mercoledì scorso a Nairobi la settima conferenza su cambiamento climatico e sviluppo in Africa, organizzata dalla Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite (UNECA) assieme all’Alleanza Panafricana per la Giustizia Climatica, alla Banca Africana di Sviluppo, all’Unione Africana ed al governo del Kenya.

La conferenza, probabilmente la più importante del continente per numero e diversità dei partecipanti, è arrivata giusto 48 ore dopo il rilascio ufficiale del rapporto IPCC sulle residue possibilità di contenere il riscaldamento globale entro un grado e mezzo dall’inizio del secolo come auspicato dall’Accordo di Parigi del 2015. Accordo che, anche in vista dell’ormai imminente COP polacca di dicembre, è ovviamente al centro dell’attenzione a Nairobi. Accademici, politici e rappresentanti della società civile africana hanno discusso animatamente di soluzioni e buone pratiche per portare finalmente le previsioni dell’Accordo e dei relativi contributi nazionali nella pratica, coinvolgendo le realtà locali attraverso, dove necessario, riforme istituzionali e finanziarie che possano facilitare l’inclusione e l’accesso ai fondi internazionali.

L’urgenza si respirava chiaramente. Uno dei top speakers ha iniziato il suo intervento descrivendo i dati forniti dall’IPCC come “un vero e proprio film dell’orrore che tutti i governi dovrebbero vedere”. Per l’Africa, sviluppare le sue economie senza che allo stesso tempo queste aumentino drasticamente le proprie emissioni climalteranti è ancora possibile, allo stesso tempo lavorando da subito in modo serio e coordinato sulle politiche di adattamento. Per raggiungere l’obiettivo tuttavia non è più sufficiente indicare obiettivi ambiziosi: è ora tempo di attuare le riforme necessarie – hanno suggerito gli intervenuti – è tempo per i governi di rimboccarsi le maniche e facilitare l’azione climatica, soprattutto dove più necessaria.

La Banca Africana di Sviluppo ha ricordato, durante la conferenza, il suo impegno crescente nel finanziare azioni climatiche a livello statale e sub-statale – nel suo ambizioso piano 2016-2020, difatti, le cifre messe a bilancio per l’azione climatica sono triplicate, raggiungendo i 5 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. Poca cosa tuttavia se confrontata con i quasi 4 mila miliardi necessari a realizzare tutte le azioni di mitigazione ed adattamento contenute nei 53 contributi nazionali africani registrati sotto l’Accordo di Parigi, poca cosa in un contesto in cui l’Occidente capitalista non sembra voler tenere fede alla reiterata promessa di contribuire allo sforzo con 100 miliardi di dollari all’anno da destinare alle azioni climatiche dei paesi in via di sviluppo entro il 2020. A meno di due anni dalla data-obiettivo, le vicende politiche di Stati Uniti, Australia e Brasile vanno ad incupire un già fosco panorama.

Alla conferenza non è mancato tuttavia l’ottimismo, generato specialmente dalle tante idee innovative presentate da governi e membri della società civile. Per rispondere all’annoso problema della mancanza di coordinamento fra obiettivi nazionali e politiche a livello locale, stati come il Kenya hanno avviato coraggiose riforme istituzionali decentrando la titolarità dell’azione climatica a livello di province e contee, prevedendo per legge la creazione di unità amministrative sub-statali dedicate alla raccolta dei fondi ed a seguire l’implementazione sul campo dei progetti. Sebbene sia ancora presto per apprezzarne i risultati pratici, queste riforme sembrano puntare nella direzione giusta. Lo stesso governo del Kenya, durante la conferenza, ha ribadito più volte la necessità di includere tutta la varietà degli attori non statali e sub-statali nel processo, in quanto probabilmente più capaci di mobilitare risorse umane e finanziare a livello locale, in collaborazione con il governo nazionale. Sul come farlo, sul come rendere questa nuova governance inclusiva ed efficiente, tuttavia, ci sarà ancora molto da lavorare.

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