“Da negoziatori a costruttori”: si aprono a Bonn i primi negoziati dopo la COP21
Da Bonn, Francesco Capezzuoli, Gabriele Motta e Rachele Rizzo
Bonn, primo giorno
Si sono aperti ieri a Bonn i tavoli di lavoro degli organi di supporto della COP (SBSTA44 e SBI44), mentre oggi si darà il via per la prima volta ai lavori dell’APA1 (Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement), la piattaforma negoziale che da qui al 2020 lavorerà all’implementazione dell’Accordo di Parigi. Christiana Figueres, Segretario Esecutivo uscente dell’UNFCCC, ha dato il benvenuto ad una nuova era per le negoziazioni sul clima, avviata dallo storico accordo di Parigi, il primo accordo sul clima realmente “globale”.
Lo scopo principale di questo negoziato intermedio è di avviare il percorso per rendere operativo l’Accordo di Parigi, iniziando a sciogliere i nodi rimasti su adattamento, mitigazione, finanza, tecnologia e capacity building. La Figueres ha auspicato che al centro dei futuri accordi siano posti i paesi più vulnerabili e l’essere umano, cercando di scindere il rapporto tra sviluppo socio-economico e l’aumento delle emissioni.
Il Presidente designato della prossima COP22, Salaheddine Mezouar, ha poi preso la parola per congratularsi con il prossimo Segretario Esecutivo designato, Patricia Espinosa, ed ha ricordato l’obiettivo per la climate finance di mobilitare fino a 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020. Salaheddine si è dunque concentrato sui Contributi Nazionali Volontari (INDC) dei Paesi sviluppati, augurandosi che vengano rivisti in maniera più ambiziosa e che le soglie di ratifica per l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi vengano raggiunte al più presto. Inoltre, per proteggere i paesi più vulnerabili, il Presidente ha proposto di facilitare loro l’accesso ai finanziamenti, adottare misure per l’adattamento rivolte agli agricoltori dei paesi africani e sviluppare tecnologie per la cattura e l’immagazzinamento del carbonio nel sottosuolo (CCS).
Ségolène Royale, Presidente della COP21 (ha sostituito di recente il dimissionario Laurent Fabius, divenuto Giudice della Corte Costituzionale in Francia), ha inoltre ricordato come dalla cerimonia del 22 aprile alle Nazioni Unite, ben 177 Paesi abbiano già firmato l’Accordo, un record assoluto nella storia degli accordi internazionali, che dimostra come i cambiamenti climatici siano un elemento importante nelle agende dei diversi Paesi. La Royal ha inoltre sollecitato i paesi sviluppati ad assumersi maggiori responsabilità al di là dei finanziamenti, impegnandosi anche a trasferire competenze e tecnologie agli altri Paesi.
Le posizioni dei Paesi
Nel corso della cerimonia d’apertura sono intervenuti diversi Paesi, a cominciare dalla Thailandia in nome del gruppo “G77 + Cina”. Il gruppo, supportato anche da Congo, Colombia, Honduras, Nicaragua e Arabia Saudita, ha dichiarato la propria intenzione di continuare a lavorare per aumentare l’ambizione verso la mitigazione per raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro gli 1.5°C alla fine del secolo. Adattamento e Loss&Damage sono gli elementi chiave per i paesi in via di sviluppo. Il gruppo ha inoltre ricordato come sia necessario accelerare le ratifiche dell’Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto (strumento che, nel 2012, ha permesso la definizione del Secondo Periodo d’Impegno del Protocollo) per operazionalizzare le misure nel periodo pre-2020.
L’Unione Europea ha dichiarato di voler continuare a lavorare su tutti gli aspetti presenti nell’Accordo di Parigi e di essere pronta ad aggiungere contenuti all’accordo, il quale costituisce una base robusta per un’economia globale resiliente. L’UE ha affermato di voler lavorare all’implementazione degli INDC, i quali dovranno essere integrati in maniera coerente in strategie e politiche nazionali.
L’Umbrella Group (USA, Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda…) ha auspicato una rapida entrata in vigore dell’Accordo d’accordo, sottolineando l’importanza di lavorare sulle linee guida per la trasparenza entro il 2018 e di sviluppare capacity-building nei diversi Paesi per poter agire congiuntamente contro il cambiamento climatico. Il gruppo ha inoltre concordato con l’UE circa la necessità di una maggiore sinergia tra INDC e piani di investimento, al fine di accelerare la mobilitazione del settore privato e delle relative (e ingenti) risorse.
Il Congo, in rappresentanza del gruppo dei Paesi Meno Sviluppati (LDCs), i più vulnerabili, ha espresso la volontà di accelerare il lavoro per l’implementazione dell’accordo di Parigi. Tre sono le priorità di questo gruppo: risolvere le incertezze legate all’entrata in vigore dell’Accordo (vorrebbero che un piano di lavoro fosse pronto entro la fine dell’anno), mantenere la coerenza sui vari temi negoziali partendo dal lavoro già svolto nel corso degli anni e dagli organi sussidiari, e mantenere l’impegno dei Paesi in via di sviluppo e il supporto dei Paesi sviluppati.
Tra le constituency della società civile intervenute alla fine della cerimonia di apertura segnaliamo YOUNGO, gruppo che rappresenta i movimenti giovanili per il clima, il cui rappresentante ha sottolineato la “storicità” dell’Accordo di Parigi, soprattutto per via dell’inserimento del principio di equità intergenerazionale nel preambolo dell’Accordo e del tema dell’educazione nell’articolo 12. Ciononostante, il gruppo auspica di ottenere la possibilità di una maggiore partecipazione dei giovani nei processi decisionali, in quanto maggiori destinatari delle scelte dei Governi.