FIT FOR 55, MEZZA FUMATA NERA PER IL PACCHETTO EUROPEO SUL CLIMA
Nella giornata di oggi, mentre a Bonn proseguivano i negoziati intermedi sul clima verso COP27 monitorati dal nostro team, a Strasburgo i parlamentari europei sono stati chiamati ad esprimersi sul pacchetto di misure detto “Fit for 55”, sigla inglese per indicare tutte quelle misure che avvicineranno le politiche europee su clima ed energia al macro-obiettivo europeo di diminuire le emissioni climalteranti del continente del -55% entro il 2030.
Il pacchetto Fit for 55 è parte integrante del Green Deal Europeo lanciato pochi mesi prima dell’avvento della pandemia e punta a cambiare radicalmente – e normativamente – le politiche energetiche comunitarie su trasporti, industria, aviazione, scambi marittimi, riscaldamento degli edifici. In esame tra ieri e oggi a Strasburgo, infatti, otto diversi report frutto di lunghe mediazioni nelle Commissioni, sui quali però sembrava già da giorni mancare l’accordo.
Proprio nel pomeriggio di oggi si è arrivati alla conta sulle misure più controverse. Alle 15.00 il relatore della commissione ENVI del Parlamento Europeo sulla misura, Pascal Canfin (francese, macroniano, gruppo Renew Europe) ha organizzato una breve conferenza stampa per raccontare come un emergere di veti incrociati abbia difatti affondato questa importante prima votazione.
Nonostante una votazione tutto sommato tranquilla sui primi report, relativi all’allargamento e aggiornamento del sistema europeo di scambio delle emissioni industriali (sistema ETS, attivo dal 2005) ai settori marittimo e dell’aviazione, i gruppi parlamentari non hanno poi trovato un compromesso sul testo relativo alla data di inizio della fine delle allocazioni libere di crediti di carbonio all’interno dello stesso ETS e verso l’entrata in vigore del meccanismo di aggiustamento frontaliero delle emissioni prevista per il 2030, apparentemente un tema molto tecnico ma al centro del sistema e cruciale per quasi 11.000 aziende europee (che rappresentano il 45% delle emissioni comunitarie, inclusi Norvegia, Liechtenstein e Islanda).
Una prima proposta di emendamento vedeva la fine delle allocazioni libere di crediti di carbonio per la generazione elettrica, un sistema pensato per aiutare nella transizione energetica i paesi con minori possibilità di investimento ed al quale aderiscono oggi Bulgaria, Ungheria e Romania, al 2026 con introduzione a regime del contestuale nuovo meccanismo di aggiustamento frontaliero (Carbon Border Adjustment Mechanism, CBAM) non dal 2030 ma dal 2032; questa proposta, sostenuta da una larghissima maggioranza ma considerata debole dai gruppi di anima ambientalista, è stata affossata per soli 11 voti.
La seconda proposta, che vedeva invece la posposizione della fine delle allocazioni libere al 2028 con introduzione del CBAM al 2034, è stata votata solamente dal Partito Popolare Europeo e da Renew Europe, quindi senza alcuna possibilità di raggiungere la maggioranza.
A seguito della bocciatura dei due report-cardine sulle tempistiche, è stata poi rimandata al pomeriggio la votazione su emissioni e assorbimenti da consumo di suolo e quella, delicatissima in termini industriali e politici, sui nuovi standard emissivi per le automobili in vendita nell’Unione Europea.
Nonostante la forte spaccatura di cui prima, comunque, il Parlamento Europeo ha poi approvato il report sui nuovi standard per le automobili nel tardo pomeriggio, confermando il previsto stop alla vendita di automobili a emissioni non-zero al 2035 senza ulteriori spaccature politiche.
La vicenda dei veti incrociati in plenaria sulla riforma dell’ETS, che potrebbe sembrare una parziale battuta d’arresto nel processo politico di implementazione del Green Deal Europeo, nonché una prima forte crepa nella cosiddetta “maggioranza Ursula” a Strasburgo, è stata salutata da molte associazioni ambientaliste e partiti di ispirazione verde e progressista come una vittoria contro proposte considerate non sufficientemente ambiziose né in linea con l’Accordo di Parigi.
Rispondendo a una domanda di un giornalista, Pascal Canfin ha dichiarato che la battuta d’arresto sull’ETS oggi a Strasburgo non è da collegarsi in alcun modo con l’attuale crisi da Federazione Russa e Ucraina né alle relative considerazioni politico-energetiche di breve periodo, ma a visioni divergenti sul lungo termine tra i principali partiti europei. Lo stesso Canfin ha successivamente salutato il voto serale sugli standard emissivi delle automobili come una vittoria di tutto il Parlamento Europeo, anche alla luce di quanto accaduto poche ore prima.
Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point di Italian Climate Network