28
Ott

LE RICHIESTE DELLA SOCIETÀ CIVILE AI LEADER DEL G20

Dal 5 al 7 ottobre, la nostra volontaria      Teresa Giuffrè ha partecipato al summit del C20 a Bali, in Indonesia. Il C20 (Civil 20) è il gruppo di engagement ufficiale del G20 che rappresenta la società civile. Teresa è stata selezionata come delegata dal gruppo di lavoro “Ambiente, giustizia climatica e transizione energetica”, avendo contribuito quest’anno insieme a ICN alla stesura delle proposte politiche per i leader del G20. Le proposte sono state inserite nel Policy Pack finale che i rappresentanti del C20 hanno consegnato alla Presidenza indonesiana del G20 in occasione del summit, rappresentando il culmine del processo di advocacy del C20. 

In particolare, le raccomandazioni dal gruppo “Ambiente, giustizia climatica e transizione energetica” sono state le seguenti:

  • Tener fede all’impegno previsto dal summit del G20 di Pittsburgh, in linea con l’Accordo di Parigi, di eliminare progressivamente i sussidi per i combustibili fossili, garantendo al contempo l’accesso all’energia ai meno abbienti
  • Adottare un meccanismo di tassazione del carbonio adeguato, equo e trasparente per accelerare il raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette
  • Fare una stima dei risarcimenti dovuti ai paesi in via di sviluppo per le Perdite e i      Danni (Loss and Damage) subiti a causa degli impatti dei cambiamenti climatici;      risarcimenti che devono essere aggiuntivi rispetto ai finanziamenti per la mitigazione e l’adattamento ed erogati tramite sussidi e non prestiti
  • Raggiungere l’obiettivo di tutela del 30% delle aree terrestri e marine del pianeta entro il 2030
  • Implementare gli impegni nazionali del piano d’azione del G20 sui rifiuti marini, fissando una tabella di marcia per ridurre la produzione e il consumo di plastica
  • Riconoscere l’importanza del principio della giustizia climatica, integrandolo in ogni azione di mitigazione e adattamento del G20
  • Promuovere iniziative di resilienza climatica ed energetica guidate dalle comunità locali
  • Definire un piano d’azione per incrementare l’adattamento basato sui servizi ecosistemici, garantendo inclusività, supporto e partecipazione delle comunità locali
  • Istituire dei meccanismi in tutti i      Paesi G20 per tutelare lo spazio civico e arrestare ogni forma di violenza e criminalizzazione degli attivisti ambientali

La società civile chiede ai Paesi del G20 di assumere il ruolo guida che spetta loro in quanto responsabili del 75% delle emissioni globali. L’ultimo incontro dei Ministri dell’Energia del G20 ha avuto un esito deludente: a causa delle divergenze su alcuni punti, tra cui inserire o meno un riferimento alla necessità di limitare l’innalzamento delle temperature medie globali a +1,5°C. I Ministri non sono neppure riusciti ad accordarsi su un comunicato finale. L’unica conclusione prodotta dal ministeriale, il “Bali COMPACT”, rappresenta una mera serie di princìpi piuttosto vaghi da seguire, su base volontaria, per accelerare la transizione energetica. Peraltro, la natura informale del G20 fa sì che nessuna delle decisioni prese abbia valore normativo. 

Il processo rappresenta, comunque, un’occasione importante per la società civile di dialogare con Paesi dall’enorme peso politico ed economico, ma la partecipazione è ancora fortemente limitata. Ciononostante, uno dei messaggi emersi dal summit del C20 è che è fondamentale tenere aperto questo canale di comunicazione con i governi del G20 e, anzi, continuare a fare pressioni affinché le riunioni diventino più inclusive, garantendo la partecipazione dei rappresentanti della società civile che troppo spesso si vedono sbarrato l’accesso. Molti partecipanti del summit del C20 hanno infatti auspicato un processo di riforma del G20, affinché si apra a più parti interessate. Allo stato attuale, il gruppo appare sempre più come un club chiuso, rivolto esclusivamente verso sé stesso.

Proprio questo il fulcro del side event del 6 ottobre organizzato dal gruppo “Ambiente, giustizia climatica e transizione energetica” dal tema “Bali Compact: il futuro della transizione energetica e dell’agenda sul clima”. Il panel, che includeva anche la volontaria di ICN Teresa Giuffrè, ha discusso delle possibili soluzioni per rendere il G20 un gruppo capace di far fronte alle crescenti crisi globali quali quella climatica. Le crisi attuali richiedono una risposta multilaterale e sistemica, che includa nei processi decisionali i Paesi più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Ad esempio, sarebbe opportuno includere tra gli ospiti permanenti rappresentanti del gruppo dei Paesi meno sviluppati (least developed countries, LDCs) e dei      Paesi africani (oltre il Sudafrica e l’Unione Africana che, con la sua presidenza a rotazione annuale, non permette alla presidenza di turno di instaurare un dialogo duraturo con il G20). 
Ciò che la società civile chiede a gran voce è che i Paesi del G20 assumano un ruolo leader nel fronteggiare la crisi climatica, in particolare quelli sviluppati e storicamente più responsabili delle emissioni di gas climalteranti. Questo si traduce, da un lato, in obiettivi di mitigazione più ambiziosi, ma anche in un maggior sostegno finanziario – atteso da troppo tempo – ai Paesi in via di sviluppo e più vulnerabili, che non sono in grado da soli di ridurre a sufficienza le emissioni né di adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.

Articolo a cura di Teresa Giuffrè, volontaria e membro sezione Clima e Advocacy Italian Climate Network

Foto di copertina: © Civil-20 2022

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