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LEADERS SUMMIT A COP29, NELLA PRIMA GIORNATA ARRIVA IL NUOVO NDC BRITANNICO

  • Il vertice dei leader alla COP29 si svolge in due giornate consecutive, tra martedì 12 e mercoledì 13 novembre.
  • Pesano assenze importanti nella rosa dei leader invitati ad annunciare quelli che sono i nuovi Nationally Determined Contribution, gli obiettivi nazionali per il contrasto ai cambiamenti climatici (anche detti NDC 3.0).
  • Nel generale “nulla di nuovo” che ha finora caratterizzato gli interventi della maggior parte degli Stati, emerge il Regno Unito con l’annuncio di impegni sfidanti e complessi da attuare nei prossimi anni.

Il secondo giorno della Conferenza sul Clima di Baku prevede in agenda uno dei principali momenti di incontro degli Stati partecipanti ai negoziati. Il World Leaders Climate Action Summit (WLCAS) è infatti in corso alla COP29 tra le giornate del 12 e 13 novembre. Per gli Stati rappresenta un’occasione per comunicare i nuovi “contributi determinati a livello nazionale” (meglio noti come Nationally Determined Contribution, o NDC), annunciando piani di azione concreti, credibili e sempre più ambiziosi che ciascuno Stato persegue rispetto a quanto comunicato negli anni precedenti.

Come ogni anno, uno dopo l’altro i Capi di Stato o di Governo sono stati invitati ad anticipare, ove possibile, i loro nuovi obiettivi per il clima, quest’anno più che mai importanti in vista dell’aggiornamento obbligatorio degli NDC previsto per il 2025 e preceduto nel 2023 dal Global Stocktake. Il Global Stocktake, la cui prima edizione si è tenuta proprio lo scorso anno, rappresenta infatti un meccanismo di valutazione stabilito dall’Accordo di Parigi che dichiara, all’Articolo 14, che la Conferenza delle Parti «verifica periodicamente l’attuazione del presente Accordo al fine di valutare i progressi collettivi compiuti verso la realizzazione dello scopo per cui esso è inteso e dei suoi obiettivi a lungo termine (“bilancio globale”)».

Iniziando a scorrere l’elenco dei partecipanti alla Plenaria, saltano subito all’occhio assenti importanti come Joe Biden (Stati Uniti), Modi (India), Xi Jinping (Cina), Ishiba (Giappone), Ursula von der Leyen (Presidente della Commissione europea), Anthony Albanese (Australia), Olaf Scholz (Germania), Dick Schoof (Paesi Bassi), Emmanuel Macron (Francia), Justin Trudeau (Canada), Cyril Ramaphosa (Sudafrica).

Ad aprire il vertice l’intervento del Presidente dell’Azerbaigian, Paese che ospita la COP29. Ilham Aliyev ha dato il benvenuto a tutti i suoi ospiti e ha presentato una panoramica delle azioni che il suo Paese si è impegnato a concretizzare, evidenziando soprattutto l’obiettivo di aumentare l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia del 30 per cento entro il 2030. La strategia nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici punta a ridurre le emissioni di gas climalteranti del 40 per cento entro il 2050, ha spiegato Aliyev.

La seconda parte del discorso di apertura ha invece suscitato polemica. Non ha dissimulato infatti quello che può essere definito un vero e proprio attacco politico verso quei Paesi occidentali che, utilizzando a suo dire un doppio standard di giudizio, acquistano combustibili fossili dall’Azerbaijan, storicamente responsabile di più della metà della produzione di petrolio a livello globale, per poi accusare il Paese per la produzione dello stesso. Secondo il presidente azerbaigiano la possibilità di avere a disposizione delle risorse naturali – «doni di Dio» per citare le sue testuali parole – e la scelta di commercializzarle non dovrebbe essere oggetto di critica. 

Prima di immergerci in cosa è stato comunicato in questa prima giornata di summit riepiloghiamo brevemente cosa era stato annunciato un anno fa alla COP28 di Dubai: tra i punti salienti c’è stata senz’altro l’adozione del fondo Loss & Damage per le perdite e i danni, seppur con alcuni compromessi, e soprattutto per quanto riguarda l’Italia, la promessa di destinargli 100 milioni, annunciata a sorpresa dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il cui intervento quest’anno è previsto nella giornata di mercoledì 13 novembre.Tra gli aspetti più deludenti che vale sicuramente la pena citare c’è invece la somma che gli Stati Uniti – tra i Paesi più inquinanti al mondo – hanno deciso di destinare al Fondo: 17,5 milioni di dollari.

A un anno da allora ci troviamo di fronte, per la maggioranza degli Stati presenti in questa prima giornata di Summit, a una sostanziale conferma degli impegni assunti un anno fa Dubai: poche dunque le novità. Molti dei Paesi in via di sviluppo hanno ribadito che, pur essendo responsabili in maniera quasi irrilevante delle emissioni che contribuiscono a creare l’urgenza climatica, si trovano a far fronte in maniera sempre più costante a eventi climatici estremi. Tra gli obiettivi principali emerge l’importanza di intensificare gli investimenti nelle energie rinnovabili, in progetti di riforestazione e nella tutela della biodiversità.

Il vero attore principale della prima giornata è stato però il Regno Unito, che ha comunicato un NDC molto più che “ambizioso”.Il primo ministro Keir Starmer ha infatti annunciato l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra dell’81% entro il 2035 rispetto ai livelli del 1990, e il Regno Unito si qualifica così come il primo Stato membro del G7 ad assumere un tale impegno (peraltro mentre Politico pubblicava uno scoop secondo il quale l’Unione Europea non riuscirà a consegnare il suo nuovo NDC in tempo nel 2025).
Quanto comunicato  comporterà inevitabilmente un notevole rafforzamento delle politiche interne e in particolare un aumento degli investimenti verdi nel Paese, nonché dei sotto-obiettivi settoriali ben declinati soprattutto per quanto riguarda il settore dei trasporti, dell’energia e dell’agricoltura.

Starmer ha aggiunto che il Regno Unito investirà prioritariamente nelle energie rinnovabili e nel business sostenibile che a sua volta genera virtuosamente nuovi posti di lavoro. A testimonianza di ciò, alla fine di settembre ha spento per sempre i suoi impianti la centrale elettrica di Ratcliffe-on-Soar, dando un segnale importante per il Paese che proprio grazie al carbone diede inizio alla Rivoluzione Industriale – e che anche per questo è tra le nazioni storicamente più responsabili delle emissioni climalteranti.

Anche la finanzia climatica sembra un tema centrale quest’anno per il Regno Unito, che ha anche annunciato la quotazione sulla borsa di Londra di un “CIF Capital Market Mechanism”, strumento pensato per mobilitare fino a 75 miliardi di dollari in capitale aggiuntivo (oltre agli impegni nazionali e internazionali già assunti) verso i Paesi in via di sviluppo nel corso del prossimo decennio 2030-2040.

Questa prima giornata di Summit ha visto il Regno Unito di Starmer come assoluto e quasi unico protagonista. Continueremo a seguire il Summit dei leader anche mercoledì, come sempre in diretta dai negoziati: seguite gli aggiornamenti con il nostro Bollettino COP e su www.italiaclima.org

Articolo a cura di Martina Compagnucci, delegata di Italian Climate Network alla COP29 di Baku

Immagini: Un Climate Change

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