italian climate network NOMINA FREY
26
Mag

L’IMPORTANZA DELLA NOMINA DEL PRIMO RELATORE SPECIALE SU DIRITTI UMANI E CAMBIAMENTI CLIMATICI DELLE NAZIONI UNITE

Ian Fry, esperto internazionale di diritto e politica ambientale, è il primo Relatore Speciale sulla Promozione e Protezione dei Diritti Umani nel contesto del Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite. È stato nominato dal Consiglio per i diritti umani nella sua 49a sessione nel marzo 2022 e ha iniziato il suo mandato il 1 maggio 2022.

La sua nomina è il risultato di 12 anni di advocacy da parte di numerosi stati del sud globale del mondo e ed organizzazioni della società civile, tra cui il Climate Vulnerable Forum, la Missione permanente delle Isole Marshall e del Bangladesh a Ginevra.

Perchè era necessario avere un Relatore Speciale sui Diritti e Clima?

Un Relatore Speciale è un esperto indipendente che lavora per conto delle Nazioni Unite (ONU) nell’ambito di meccanismi di “procedura speciale” del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Ha il ruolo di indagare, monitorare e raccomandare soluzioni a problemi legati ai diritti umani in aree specifiche, nel caso di Fry il suo mandato si focalizza sull’intersezionalità tra diritti umani e cambiamento climatico.

È ormai assodato che il cambiamento climatico minaccia il godimento di un’ampia gamma di diritti umani, tra cui il diritto alla vita, al cibo e alla salute. Il paradosso è che le misure adottate per contrastare il cambiamento climatico, possono avere – e in molti casi hanno già avuto – impatti negativi su persone ed ecosistemi. Data la gravità della crisi climatica in atto, è quindi essenziale avere una figura indipendente promotrice di un’azione integrata che si faccia portavoce di uno sviluppo sostenibile, dell’Accordo di Parigi e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, ma che, allo stesso tempo, garantisca la promozione, la protezione, la realizzazione e il godimento dei diritti umani da parte di tutti.

Come si è arrivati a questo risultato?

Gli Stati e le istituzioni internazionali hanno gradualmente riconosciuto la complessa relazione tra il cambiamento climatico e i diritti umani e, negli anni, hanno dedicato sempre maggiori risorse alla creazione di strumenti internazionali che portassero alla loro tutela attraverso un’azione climatica umanocentrica.

Tra il 2008 e il 2021 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato 11 risoluzioni sui diritti umani e il cambiamento climatico, mentre il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani e Ambiente ha pubblicato due relazioni dedicate sulla stessa questione, nel 2016 e nel 2019. Nel frattempo, sono proseguiti i Negoziati sul Clima delle Nazioni Unite e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha presentato una serie di osservazioni nell’ambito del Meccanismo Internazionale di Varsavia su Perdite e Danni e i termini di riferimento del meccanismo di riparazione indipendente del Green Climate Fund. Nel 2011 la Parti coinvolte nei negoziati hanno cominciato a riconoscere l’intersezionalità tra gli obblighi in materia di diritti umani e cambiamenti climatici, fino ad arrivare alla stipulazione dell’Accordo di Parigi nel 2015, il primo trattato internazionale su clima e ambiente a menzionare esplicitamente gli obblighi di legge sui diritti umani nel preambolo.

Il rischio latente nei progetti e programmi climatici è che in nome della riduzione delle emissioni vengano messe in atto azioni dannose per persone ed ecosistemi, per questa ragione è fondamentale che principi legati ai diritti umani vengano inseriti all’interno di queste pratiche come salvaguardie sociali ed ambientali. Per questa ragione il riconoscimento del diritto umano ad un ambiente salubre formalmente sancito il 5 ottobre 2021 con la risoluzione 48/23, e la successiva creazione del nuovo Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani e il Cambiamento Climatico con  risoluzione 48/27 del 13 ottobre 2021, possono essere considerati come l’ultimo passaggio di un processo che mira al consolidamento di un approccio intersezionale nell’azione climatica e nella protezione dei diritti umani. 

Cosa aspettarsi?

Durante il suo mandato il Relatore Speciale su Diritti e Clima fornirà raccomandazioni su come affrontare e prevenire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul godimento dei diritti umani e su come rafforzare l’integrazione di principi dei diritti umani nella definizione delle politiche e nella legislazione sul clima, elemento fondamentale per realizzare una transizione equa dai combustibili fossili e fonti di energie rinnovabili e modelli societari sostenibili. Nelle sue attività, il nuovo relatore si coordinerà con l’attuale Relatore per i Diritti Umani e l’Ambiente David. R. Boyd, definendo i contorni di un approccio intersezionale tra diritti umani, ambiente e clima.
É bene sottolineare che la nomina di Frye la crescente legislazione su diritti umani, ambiente e clima, è il prodotto dell’incessante lavoro di advocacy di organizzazioni parte della società civile che, con il sostegno di diversi Paesi del sud globale, hanno continuato a fare pressione per bilanciare la mancata presa di responsabilità e ambizione che affliggono la governance ambientale a livello nazionale ed internazionale. Un segnale certamente positivo, ma che dovrà essere associato a una rinnovata volontà politica e impegno alla cooperazione multilaterale per vedere dei risultati tangibili, una vera e propria azione  sistemica ormai drammaticamente necessaria date le scadenze così a breve termine dateci dal sesto rapporto del Gruppo Intergovernativo di Esperti sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (IPCC).

Articolo a cura di Chiara Soletti, Policy Advisor e Coordinatrice della sezione Clima e Diritti Umani

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