loss and damage meloni italia
01
Dic

ALL-IN DI MELONI SU PERDITE E DANNI

Tutto potevamo aspettarci dal primo giorno di summit dei Capi di Stato e di Governo a COP28, fuorché uscirne con l’Italia come primo donatore globale del nuovo Fondo a compensazione di perdite e danni, noto anche come Loss and Damage, le cui regole di funzionamento minime sono erano adottate dalla COP solo un giorno prima.
Invece venerdì la Presidente del Consiglio Meloni, dopo aver richiamato il Fondo Italiano per il Clima da 4,2 miliardi di euro già lanciato nel 2021 e 2022, ha annunciato proprio un contributo italiano di 100 milioni al nuovo Fondo (che sembra ad oggi indipendente dall’altro), andando quindi a pareggiare i contributi di Francia e Germania, e superando di oltre cinque volte quello degli Stati Uniti.

Sul Loss and Damage un annuncio che coglie di sorpresa per vari motivi.

Prima di tutto, per l’improvviso rovesciamento politico del Governo sul tema di perdite e danni, trattato come residuale (se non addirittura tabù, come per molti altri Paesi occidentali) fino alla COP27 dello scorso anno, e poi senza alcuna nuova o particolare enfasi nei mesi scorsi e durante i negoziati intermedi estivi di Bonn. 

Che qualcosa avrebbe potuto cambiare in corsa lo segnalava l’ordine del giorno approvato dalla maggioranza (governativa) alla Camera dei Deputati proprio a ridosso dell’inizio di COP28, ne avevamo parlato ieri in questo articolo sul nostro sito. In quel testo non erano tuttavia presenti riferimenti a cifre o obiettivi numerici di alcun tipo. Dalla lettura combinata di quel documento parlamentare e del comunicato stampa del Commissario europeo Hoekstra del 13 novembre scorso, che segnalava la disponibilità europea “e dei Paesi membri” a donare sul nuovo Fondo come contributo di avvio, potevamo intuire la possibilità – considerata comunque remota – di un contributo italiano, sicuramente non però di una Presidente del Consiglio che appena arrivata in COP ne facesse un punto di forza della propria presenza. 

In queste ore numerosi osservatori e giornalisti stanno cercando di motivare l’improvvisa disponibilità italiana su un tema, quello del Fondo perdite e danni, così caro ai Paesi più fragili (ed in particolare a quelli africani) ma anche alla Presidenza di COP28, ripercorrendo a ritroso accordi e contratti stipulati dal Governo italiano con gli Emirati negli ultimi mesi. In particolare, spicca un accordo tra ADNOC, compagnia petrolifera emiratina di cui è amministratore il Presidente della COP Al Jaber, le italiane SAIPEM e Maire Technimont con partecipazione diretta di ENI per lo sviluppo di due giacimenti di gas naturale al largo degli Emirati, un affare da 17 miliardi di dollari. L’annuncio risale allo scorso 6 ottobre e rappresenta solo una delle occasioni di collaborazione e dialogo che sicuramente il Governo italiano ha avuto con quello emiratino nell’avvicinamento a COP28. Forse è azzardato, però, immaginare in questa fase quali possano essere state le eventuali richieste emiratine su perdite e danni (sempre che ce ne siano state) in occasione di quelle interlocuzioni.

Rimane il fatto che il Governo italiano ha promesso un contributo di 100 milioni di euro. 

Il secondo fattore di sorpresa rispetto all’annuncio di Meloni è proprio la cifra, non certo ingente se paragonata all’obiettivo di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari all’anno su quello stesso Fondo entro il 2030 come ipotizzato dal Comitato che ha curato le bozze durante l’estate, non ingente se paragonata ai 4,2 miliardi di euro su 5 anni del Fondo Italiano per il Clima (840 milioni di euro all’anno fino al 2026), ma politicamente estremamente rilevante in un contesto in cui i principali responsabili storici delle emissioni climalteranti a livello planetario, gli Stati Uniti d’America, proprio giovedì hanno annunciato un loro primo contributo di soli 17,5 milioni di dollari. L’Italia, con i suoi 100 milioni di euro, si pone come primo donatore globale a pari merito con Berlino e Parigi

Per capire quanto il tutto sia per così dire “fuori scala” basti ricordare che dall’unità d’Italia al 2021 il nostro Paese ha prodotto circa 25 miliardi di tonnellate di CO2, la Germania quasi quattro volte tanto, gli Stati Uniti oltre sedici volte tanto e oggi il nostro Paese, per contro, promette di donare ad un fondo che – non per regola scritta, ma per principio etico – dovrebbe rispondere almeno parzialmente ad un criterio di responsabilità storica oltre cinque volte più di quanto promesso da Washington. Al netto delle possibili controversie derivanti da questa disponibilità finanziaria.

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Descrizione generata automaticamente

(figura: Our World in Data, ultimo accesso dicembre 2023)

Da segnalare che l’idea di chiedere al Governo di impegnarsi con una donazione di start-up di almeno 100 milioni di euro era emersa nel dibattito parlamentare alla Camera proprio durante la scorsa settimana, quando la cifra era apparsa per la prima volta in una proposta del Partito Democratico; la discussione si era poi conclusa con l’approvazione del citato testo della maggioranza che invece non conteneva indicazioni finanziarie specifiche.
La cifra proposta dal PD e poi effettivamente annunciata da Meloni sembrava congrua per spingere su un primo contributo, sebbene ovviamente iniziale e parziale, anche in una prima analisi di Italian Climate Network che l’aveva paragonata ai contributi annunciati da altri Paesi europei lo scorso anno per l’iniziativa Global Shield, a differenza di altre realtà che si erano invece mantenute più prudentemente intorno ai 50 milioni di euro – comunque quasi certi, come noi, che si sarebbe trattato di poco più di un whishful thinking.

Da capire, nei prossimi giorni, quale sarà la fonte esatta di finanziamento a sostegno di questa donazione e come il Governo intenda procedere all’erogazione una volta che il Fondo sarà avviato. 

Sicuramente dalla giornata di venerdì il Governo guidato da Meloni ha segnato un inatteso cambio di passo – complici o meno eventuali do ut des politici e negoziali tra Roma e gli Emirati – e, in generale, COP28 può guardare ai prossimi giorni con quella che ormai è una certezza, ossia che sul tema del Fondo su Loss and Damage la Presidenza emiratina non solo ha deciso di investire, in continuità con quella egiziana e assecondando il gruppo negoziale G77, ma che piuttosto ha già abbondantemente investito capitale politico nell’avvicinamento alla COP, preparata ad arte per attirare l’attenzione su questo tema almeno in questa fase iniziale.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor, Politiche Europee e Multilaterali sul Clima Italian Climate Network

Immagine di copertina: YouTube Palazzo Chigi

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