COP28, GIUSTIZIA CLIMATICA E DIRITTI UMANI: QUALI ASPETTATIVE?
- COP28 al via con grandi annunci fin dalla plenaria di apertura
- Il Fondo Perdite e Danni è stato costituito, ineditamente, già in plenaria
- Le attese rimangono alte ma capiremo cosa possiamo aspettarci solo nei prossimi giorni
È iniziata giovedì 30 novembre la COP28 sul clima a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Si respira grande attesa per gli esiti di questa Conferenza, che si innesta in un quadro climatico quanto mai preoccupante. L’ultimo rapporto IPCC, pubblicato nel marzo 2023 a conclusione del sesto ciclo di valutazione, ci ricorda quanto siamo lontani dall’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5°C, e come il pianeta sia sempre più incapace di sostenerci. Alto il prezzo che paghiamo tutti, ma che stanno pagando soprattutto le popolazioni più vulnerabili dei Paesi in via di Sviluppo (fonte IPCC).
Lo stesso rapporto conferma anche che un’azione climatica fondata sui diritti umani è più efficace, e noi di ICN aggiungiamo che è necessaria per realizzare giustizia climatica. Questo termine incorpora molteplici aspetti del concetto di giustizia (ne abbiamo parlato qui) e serve da catalizzatore di azioni volte a produrre effetti intersezionali trasformativi a beneficio di tutti andando alla radice delle varie forme di disuguaglianza e discriminazione con il quale il cambiamento climatico interagisce.
Poiché tali obiettivi sono al cuore della tutela dei diritti umani, è fondamentale incorporarli nell’azione climatica. E questo vale ancora di più in questa COP28, che si svolge in un momento storico così determinante per il futuro nostro e delle prossime generazioni. L’IPCC, infatti, ci avvisa che le azioni per il contrasto al cambiamento climatico non possono più essere rimandate, anzi devono essere ancora più ambiziose.
In questo contesto, la società civile ritiene che COP28 debba fungere da snodo critico per rafforzare le intersezioni tra i diritti umani e l’azione per il clima, e molti temi consentono tale opportunità. In particolare, si chiede un impegno:
- al totale ‘phase out’ dai carboni fossili celere, equo, netto e ben finanziato, con ampio investimento nelle rinnovabili come parte di un più ampio pacchetto di ‘giusta transizione’;
- all’incorporazione e integrazione dei diritti umani con un approccio intersezionale nei principali filoni di lavoro della COP28 dal Global Stocktake (GST), al Nuovo, Collettivo, Obiettivo Qualificato (New, Collective, Quantified Goal (NCQG)) per la finanza climatica, alla Just Transition; perché fungano da criteri e linee guida, oltre ad una maggiore sinergia tra la UNFCCC e gli organi per i diritti umani delle Nazioni Unite anche alla luce del recente Commento della Commissione sulla Convenzione dei Diritti del Bambino, che ha chiarito come i diritti dei bambini si legano alla protezione dell’ambiente e al diritto umano ad un ambiento salubre e pulito (HR CRC General Comment).
- nel mettere le persone e non il business al centro dell’azione climatica, e quindi l’attenzione al diritto alla salute, al diritto alla riproduzione e alla cura che sono alla base di qualsiasi sviluppo e produzione.
Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che la COP28 si tiene in un Paese la cui economia è fortemente radicata nell’industria petrolifera e con uno scarso track record sui diritti umani. A ciò si aggiungono le recenti rivelazioni sull’asserito conflitto di interessi della Presidenza Emiratina e le preoccupazioni della società civile sulla possibilità di avere spazi sicuri di esercizio dei loro diritti di espressione e di assembramento ai negoziati sul clima, già emerse a COP27. Cosa ci si può attendere dunque?
Alla plenaria di apertura il Presidente emiratino della COP28, Sultan Al Jaber ha dichiarato che questa deve essere la COP della svolta perché il mondo lo attende e perché è quello che la scienza chiede. In particolare, ha dichiarato che si deve affrontare il negoziato con un nuovo mindset e con flessibilità, che bisogna puntare molto su soluzioni non convenzionali garantendo un processo inclusivo e trasparente.
In questo contesto va letto il ritardo nell’inizio della Plenaria che ha visto all’ultimo minuto l’inclusione di Hana Alhashimi, la leader negoziatrice degli Emirati Arabi Unitia COP27 e COP28, tra i partecipanti alla cerimonia di avvio dei negoziati, originariamente costituita da soli uomini. Così come la decisione inedita adottata in plenaria di costituire il Fondo Perdite e Danni secondo le raccomandazioni che erano state presentate dalla Transitional Committee. A ruota sono seguite le congratulazioni dei Paesi e i relativi impegni (pledges) a finanziare il fondo, dall’Unione Europea con i suoi 225 milioni di Euro e gli Stati Uniti con 17,5 milioni di dollari.
Queste dichiarazioni sono sicuramente positive , ma come vanno lette nel contesto generale e soprattutto in ottica di giustizia climatica e integrazione dei diritti umani?
Allo stato attuale, la plenaria e le varie sessioni negoziali sono state rese accessibili più agli Stati e ai membri del settore privato che al resto della società civile (le nostre delegate non sono riuscite sempre ad accedere, ad esempio). Il Presidente emiratino ha esordito dicendo che supporterà un phase out unabated con una combinazione energie fossili e rinnovabili, non esattamente quello che serve anche a fronte delle dichiarazioni congiunte degli Special Rapporteurs delle Nazioni Unite sulla necessità di un completo phase out.
Infine, la decisione di adottare il Fondo significa che il testo presentato dalla Transitional Committee e che era stato profondamente criticato dalla società civile rimane come è (vedi articolo). Ulteriori discussioni su Perdite e Danni potranno essere affrontate in altri filoni di lavoro della COP28 (GST, finanza climatica e il Santiago Network). Al momento gli Stati hanno manifestato la loro volontà di partecipare al finanziamento del Fondo, per un impegno complessivo fino ad oggi di circa 500 milioni dollari, un importo che comparato alle somme necessarie per far fronte alla crisi climatica appare insufficiente.
Gli Stati devono mettersi al lavoro per produrre risultati concreti che possano assicurare un clima stabile ed un mondo in cui i diritti umani non siano solo sulla carta. La strada per raggiungere gli obiettivi di Parigi dovrà passare attraverso ambiziosi sforzi in tutti i campi, dalla mitigazione e adattamento alla finanza climatica, attraverso processi trasparenti ed inclusivi.
I prossimi giorni ci sveleranno che corso prenderà questa COP28, se sarà la COP della svolta o meno. Di certo la decisione inedita di adottare il Fondo in plenaria rivela la capacità della presidenza emiratina di saper dirigere la comunità internazionale nei processi decisionali, ma quali?
Erika Moranduzzo, Coordinatrice della Sezione ‘Diritti e Clima’ e Alice Rotiroti, Volontaria Italian Climate Network
Credits immagine di copertina: UNFCCC