cop28
02
Dic

A COP28 IL GRIDO DI URGENZA DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO: AZIONE CLIMATICA E FONDI IMMEDIATI

Il Side Event di Alto livello sulle esigenze di finanziamento per il clima dei Paesi in via di sviluppo, che si è svolto durante la COP28 a Dubai, ha illustrato i progressi compiuti nell’attuazione del progetto Needs-Based Finance (NBF) per facilitare accesso e mobilitazione dei finanziamenti per il clima per esigenze e priorità dei Paesi in via di sviluppo su base regionale.

Al panel presenti Isole Cook, Grenada e Repubblica del Tagikistan, concordi con l’esigenza di sviluppare la finanza climatica e relativo accesso, soprattutto per l’adattamento.

Mark Brown, primo ministro delle Cooks, ha sottolineato come i paesi insulari del Pacifico siano piccole microeconomie “e quando parliamo di finanza, una delle sfide finanziarie più grandi che abbiamo è investire nella costruzione della resilienza o sviluppo di capitali o infrastrutture. Per le piccole economie insulari, il costo degli investimenti nelle infrastrutture è sproporzionatamente più alto di quello dei paesi ancora più poveri ma di scala economica più ampia, quindi è una sfida per paesi come noi cercare di trovare finanziamenti per costruire resilienza su infrastrutture chiave“.

Quando vieni classificato in uno status, valutato dai criteri OCSE, di reddito troppo alto, la tua capacità di prendere prestiti è resa più costosa.. Quindi, essere considerato un paese ad alto reddito ti penalizzerà se hai un’economia molto piccola e non puoi accedere a finanziamenti a tassi agevolati. Il che ci porta ai finanziamenti per il clima: l’accesso dei nostri paesi a fondi come il Green Climate Fund è un esercizio di per sé davvero straordinario.”

Il Primo Ministro delle Cooks si è congratulato “in particolare con la Banca asiatica di sviluppo che ha recentemente annunciato una nuova iniziativa di finanziamento rivolta in particolare ai paesi a piccola economia come il nostro, per termini e condizioni di prestito molto più agevolati, tra cui prestiti fino a 40 anni con un periodo di tolleranza di 10 anni e un tasso di interesse dell’1%. Sono termini molto più abbordabili e condizioni di prestito più convenienti”.
È irragionevole -ha aggiunto Brown- aspettarsi che le economie delle piccole isole debbano contrarre prestiti per costruire resilienza contro gli impatti del clima, modificare gli impatti che non sono causati dai piccoli Stati insulari. Il Pacifico da solo è responsabile dello 0,03% delle emissioni di carbonio totali, quindi si tratta di un impatto che non è stato causato da noi”.

Nel Pacifico abbiamo visto gli impatti di condizioni meteorologiche estreme, ma ciò che vediamo è anche l’impatto degli effetti del cambiamento climatico a insorgenza lenta… La riduzione delle emissioni del carbonio non dobbiamo farla presto, dobbiamo farla ora. È una frase pronunciata con tono normale, quella del primo ministro delle Isole Cook. Ma in realtà è un fermo grido di urgenza. “È importante per fermare la fusione  dei ghiacciai che si sta verificando in Asia centrale, per fermare l’impatto dei danni che si verificano nei paesi oceanici. Questo è il messaggio che spero in questa COP risuoni molto forte e ridurre le emissioni di carbonio deve avvenire per l’80% dai paesi del G20. È qui che si avrà l’impatto maggiore, dobbiamo trovare soluzioni nei mezzi per poter affrontare gli attacchi tenendo presente che alcuni di questi paesi hanno esigenze di sviluppo, mentre provano a far uscire la popolazione dalla povertà. Quindi  -ha concluso Brown- è necessario concentrarsi su come passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e solo attraverso la collaborazione saremo in grado di raggiungere questo obiettivo”.

Kerryne James, Ministra per la Resilienza climatica, l’Ambiente e l’energia rinnovabile di Grenada ha parlato di quanto “abbiamo bisogno di un piano per far volare e gestire la finanza internazionale per il clima in modo da massimizzare l’impatto delle risposte per noi”. 

Grenada è un’isola nella regione dei Caraibi che, come molte altre, sarà quella maggiormente colpita dagli effetti del cambiamento climatico -sottolinea la giovane politica grenadina- e noi siamo tra le tante isole che hanno subito i danni più grandi a causa di disastri naturali..” 

L’abbiamo visto nel 2004 con l’uragano Ivan. Il  Loss and Damage di per sé può contribuire alla difficile situazione economica in paesi come Grenada e altri piccoli stati insulari in via di sviluppo. Siamo proiettati a vedere un’intensità esacerbata di uragani, tempeste, inondazioni e a realizzare, comprendere e interiorizzare davvero che siamo già in un disastro”.  James poi incalza, affermando quanto “noi politici e attivisti per il clima e per l’ambiente, ci sentiamo senza speranza perché, nonostante tutti gli sforzi, nonostante tutte queste conversazioni e panel che stiamo tenendo, non riusciamo ancora ad avere abbastanza accesso ai finanziamenti per il clima e, quando riusciamo ad accedere, le strade che dobbiamo attraversare sono così estenuanti che a volte siamo già predisposti al fallimento.” “Quindi, capendo geograficamente dove ci troviamo, capendo cosa esiste attualmente per quanto riguarda l’architettura o il meccanismo per l’accesso alla finanza per il clima, la domanda – che si pone e pone la giovane Ministra- è: come possiamo collaborare a livello mondiale, come possiamo mettere insieme le risorse di cui disponiamo per impattare davvero su ciò di cui abbiamo bisogno e che potrebbe garantire la sopravvivenza nei piccoli stati insulari in via di sviluppo?” 

James afferma che i governi di Grenada “hanno deciso che l’energia rinnovabile è la strada da percorrere”, ma “non abbiamo economie di scala per attrarre investimenti, non abbiamo la capacità tecnica, le risorse umane. Anche se avessimo accesso ai finanziamenti, chi realizzerebbe i progetti?”. Parla poi di un progetto geotermico in corso che è iniziato dal 2018 e si concluderà nel 2023, altro esempio di costruzione della propria resilienza climatica. “Ma se non hai tutte le risorse necessarie, -sottolinea- il lasso di tempo in cui questi progetti possono essere completati si espande enormemente e sai che a volte, come decisore politico, tendi a sentirti senza speranza, come se stessi combattendo una causa in cui, pur non essendo quelli che emettono in grandi percentuali, cerchi comunque di provarci“.

E alla fine James arriva al punto, con la forza di una politica esperta e la risolutezza della sua età: “Mentre cerchiamo di costruire la nostra economia e renderla sufficientemente solida, dobbiamo ancora mitigare ciò che gli altri paesi ci stanno facendo. L’energia rinnovabile per noi è uno dei modi in cui possiamo garantire la nostra sicurezza, è uno dei modi con i quali possiamo trasformare i piccoli stati insulari in via di sviluppo; per alcuni di noi sono davvero importanti, fino al 30-40% del nostro PIL.” La Ministra sottolinea anche che se avesse la possibilità di “aggiustare i nostri sistemi energetici e trasformarli in forniture energetiche economicamente vantaggiose, allora credo che questo potrebbe contemporaneamente rafforzare la nostra sicurezza contro le forniture e i prezzi shock. Potremmo contribuire a modo nostro agli sforzi di globalizzazione e –conclude- darci l’opportunità di costruire una sorta di resilienza economica e di sistema che ci consentirebbe di adattarci agli impatti climatici previsti. Parliamo troppo, alla fine di COP28 serve azione”.

Bahodur Sheralizoda, Presidente del Comitato per la Protezione Ambientale della Repubblica del Tagikistan ha illustrato come il 98% del mix energetico del paese provenga dalle centrali idroelettriche e, con il potenziale eccesso dell’energia generata, esporta energia pulita verso i paesi vicini  grazie ai progetti in corso come il sistema di rete unificata dell’Asia centrale.

Il paese ha un’elevata vulnerabilità ai cambiamenti climatici, con bassa capacità di adattamento, illustra Sheralizoda: “Abbiamo tra le emissioni più basse a livello globale, buoni indicatori in termini di generazione di energia, ma  -evidenzia- stiamo affrontando un aumento di molti disastri indotti dal clima, come le frane più frequenti, l’aumento della temperatura e lo spostamento delle precipitazioni che colpiscono circa il 70% della popolazione la cui vita dipende dall’agricoltura e anche dai ghiacciai che sono molto importanti e abbondanti risorse in Tagikistan. Esecondo le stime la nostra perdita economica causata dalle malattie indotte dal clima è circa il 50% entro il 2030.” Secondo l’esponente asiatico “il Tagikistan si sta dimostrando molto proattivo in termini di rispetto dei propri impegni o di presentazione del proprio contributo nazionale, con obiettivi ambiziosi di mitigazione e adattamento. Almeno il 10% del PIL del paese, sarà necessario per finanziare tutte le misure condizionate e incondizionate identificate.” Infine, ha evidenziato che il paese “utilizzerà le proprie risorse per azioni di mitigazione incondizionate del NDC, tuttavia la disponibilità di fonti nazionali ha subito un impatto significativo a causa della pandemia di Covid-19”.

Articolo a cura di Paolo Della Ventura, volontario Italian Climate Network

Immagine di copertina: Kerryne James, Grenada (UNFCCC Platform)

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