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Giu

SB52: la mitigazione complessiva delle emissioni globali

di Giulia Nardi

Questo articolo fa parte del Bollettino ICN dai Negoziati Intermedi 2021 (UNFCCC SB52)
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(foto: https://unsplash.com/)

L’ultimo rapporto stilato dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul riscaldamento globale riporta chiaramente l’urgenza di adottare misure di adattamento e mitigazione al fine di contenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C. Le proiezioni più recenti indicano tuttavia che i contributi cumulativi determinati a livello nazionale chiamati NDCs (Nationally Determined Contributions) allo stato attuale non sono abbastanza ambiziosi per raggiungere gli obiettivi contenuti nell’ Accordo di Parigi.

Questa realtà era già nota quando il testo negoziale corrispondente è stato stilato e difatti l’Articolo 6 è incentrato sulle misure di mitigazione legate alla diminuzione delle emissioni da parte degli stati attraverso la creazione di una sorta di “mercato internazionale di emissioni” dove, attraverso gli NDCs e meccanismi di cooperazione tra le parti, esse possono collaborare al fine di perseguire gli obiettivi dell’Accordo. In particolare l’Art 6.4 contiene la descrizione di un meccanismo di accredito secondo il quale enti pubblici e privati ​​possono attuare attività di riduzione delle emissioni tramite l’emissione di crediti di compensazione che possono vendere a diversi acquirenti. Il meccanismo di cui sopra è supervisionato a livello internazionale e la sua implementazione, per essere tale, deve comportare una mitigazione complessiva delle emissioni globali (in inglese Overall Mitigation in Global Emissions: OMGE). Per evitare che gli impatti di questo meccanismo vadano a confondersi con quelli ottenuti tramite gli NDCs e le LT-LEDs (Long-term low emissions and development strategies), occorrono regole e procedure specifiche per poter quantificare in modo rappresentativo il suo stato di avanzamento e per organizzare la sua stessa implementazione.

Ad oggi queste regole sono ancora discusse in ambito negoziale e nella giornata di Sabato 5 Giugno si è svolta la terza consultazione informale riguardo gli strumenti di mitigazione descritti nell’Art. 6, successiva a quelle concernenti il tema dell’Ambizione ad esso collegato e della transizione del CDM (Clean Development Mechanism) al suo interno. 

La sessione è stata quindi incentrata sulle modalità di implementazione della mitigazione complessiva delle emissioni globali e ha preso il via con l’auspicio di focalizzarsi su punti di incontro trasversali ai diversi gruppi negoziali piuttosto che di reiterare le proprie posizioni; scopo della stessa è stato infatti quello di individuare delle opzioni per permettere di raggiungere il consenso tra le parti.

Gli interventi si sono focalizzati su due tematiche cardine ovvero quale metodo risultasse il migliore per implementare l’OMGE e quale fosse la modalità più efficace per riportarne gli impatti e quindi tenerne traccia. Come nelle precedenti occasioni, il delegato della Bolivia ha ribadito la sua posizione a favore di un’ottica più lungimirante che non miri agli strumenti di mercato come unico metodo per ottemperare agli scopi comuni, ma come parte integrante di una strategia più organica che includa anche i cosiddetti non-market approaches dell’articolo 6.8.

Tutti gli interventi hanno ribadito il ruolo fondamentale della mitigazione complessiva nel contesto climatico attuale dove parlare solo di compensazione di emissioni non è più sufficiente, tuttavia la sua concezione da parte degli stati è rimasta eterogenea. In particolare da alcuni è intesa come cancellazione (obbligatoria o meno) dei cosiddetti crediti di emissioni gestiti all‘ interno della cooperazione tra stati, da altri come corresponding adjustements agli NDCs o semplicemente come uno strumento per aumentare l’ambizione dei singoli NDCs.

A rompere il ghiaccio è stato il delegato rappresentante delle LCD (Least Developed Countries), il quale ha voluto subito porre l’attenzione sulla necessità di istituire un meccanismo obbligatorio che preveda il cancellamento di una percentuale di emissioni da tutte le attività di mitigazione svolte dai rispettivi paesi. Secondo lui, questo step è fondamentale perché questo strumento sia efficace e per poter distinguere i crediti destinati agli OMGE da quelli relativi alle altre misure di mitigazione.

Inoltre la priorità di eliminare le ambiguità legate al doppio conteggio della riduzione delle emissioni da parte degli stati è stata riportata al centro del dibattito, soprattutto nell’ ottica di applicare questo articolo ad un contesto di cooperazione tra stati.

Il gruppo AOSIS (Alliance of Small Island States) ha condiviso queste considerazioni esprimendo preoccupazione riguardo il raggiungimento di una netta riduzione delle emissioni mantenendo gli NDCs al loro stato attuale, sostenendo fortemente l’istituzione di un sistema di reportistica supervisionato dal CMI (Carbon Market Institute). In tal modo -ha aggiunto la delegata del gruppo AOSIS- si potranno identificare gli impatti e individuare sia contributi che le opzioni che man mano andranno delineandosi. Il delegato dell’Unione Europea ha appoggiato fortemente questo sistema per riportare l’avanzamento dell’OMGE, adottando tuttavia posizioni più moderate rispetto alla cancellazione della suddetta percentuale rispetto agli interventi precedenti.

L’inviata del Brasile ha successivamente polarizzato il dibattito esprimendo un’opinione contrastante rispetto all’adozione di cancellazioni obbligatorie. Il suo intervento è inoltre proceduto ricontestualizzando la definizione di OMGE stessa per inserirla più nel contesto dell’aumento dell’ambizione attraverso ulteriori misure che non come strumento indipendente dagli altri contributi volti a mitigare le emissioni.  I rappresentanti del Gruppo Arabo, LMDC (Like- Minded-Group of Developing Countries), Gruppo Africano e USA hanno sottolineato come la partecipazione diffusa delle parti all’adozione del meccanismo dell’ OMGE sia di fondamentale importanza, argomentando quindi la loro avversione ad un contributo di tipo obbligatorio perchè collegato ad implicazioni economiche sfavorevoli che lo renderebbero meno appetibile. L’inviata del LMDC ha inoltre rinforzato la sua posizione esprimendo perplessità riguardo il concetto di riduzione netta di emissioni, precisando che nel testo negoziale degli Accordi di Parigi la parola netta non appare in nessun articolo, quindi non rappresenta un punto di accordo esplicito tra le parti.

In generale, seppur tutte le parti (includendo anche le rappresentanze di Nuova Zelanda, Australia,  Russia, Giappone e gruppo EIG) abbiano espresso la loro preferenza per istituire un sistema organizzato di reportistica per tenere traccia dei progressi svolti nell’ambito dell’OMGE, le nazioni devono ancora concordarsi sul suo campo di azione all’interno dei paragrafi costituenti l’ Articolo 6, in particolare la discussione riguarda la sua espansione all’articolo 6.2 (approcci cooperativi). I punti di partenza rimangono ancora eterogenei e si fa fatica ad individuare una base fertile per poter iniziare ad implementare questo processo. Le divergenze riscontrate sottolineano ancora una volta l’urgenza di trovare una visione comune per poter procedere agevolmente verso le prossime Pre-COP e COP26. 

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