09
Giu

SB52: lo sforzo dei più piccoli per riportare le proprie emissioni

di Teresa Giuffré e Jacopo Bencini

Questo articolo fa parte del Bollettino ICN dai Negoziati Intermedi 2021 (UNFCCC SB52)
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(Foto: Kent Wang, Flickr)

Sotto l’Accordo di Parigi del 2015 per la prima volta ogni paese è tenuto, secondo livelli, intensità e capacità tecniche diverse, a riportare regolarmente i propri progressi rispetto agli obiettivi climatici globali e nazionali. Questo processo vede, secondo il principio di responsabilità condivise ma differenziate in base alle capacità (CBDR), una reportistica più snella e facilitata per i paesi in via di sviluppo, almeno fino al 2024 quando dovrebbero entrare in vigore metodologie rafforzate comuni a tutti i paesi.

Italian Climate Network sta seguendo il processo facilitato annuale per i paesi in via di sviluppo, il Facilitative sharing of views (FSV): nella prima parte i rapporti biennali dei paesi vengono analizzati da un gruppo di esperti, per poi essere presentati dai paesi stessi durante una sessione plenaria con la possibilità di discuterne con tutti gli altri paesi, confrontandosi sulle metodologie e scambiando buone pratiche.

I rapporti vengono analizzati in modo non critico e tenendo presente, sia il diverso ruolo (perlomeno storico nel caso di Cina o India per esempio) dei paesi in via di sviluppo nelle emissioni climalteranti, sia la carenza di risorse, finanziarie o tecniche. I rapporti e le azioni di mitigazione di molti paesi dipendono infatti dai finanziamenti di terzi, in primis della Global Environment Facility (GEF), uno dei meccanismi finanziari di supporto esistenti sotto la Convenzione UNFCCC. Il processo aumenta la trasparenza e permette ai paesi interessati di testare le proprie competenze sul campo come nella trasmissione delle informazioni, ma soprattutto ad individuare tramite il processo multilaterale le aree che richiedono una maggior cooperazione internazionale.

Nella prima parte di questi negoziati intermedi abbiamo seguito le presentazioni di Botswana, Andorra e Benin. Interessante notare lo sforzo tecnico e scientifico di questi paesi nell’ingaggiare un processo tanto complesso data la percentuale irrisoria delle loro emissioni rispetto a quelle globali (0,02% per Botswana e Benin, 0,01% per Andorra). Il Botswana ha annunciato di aver creato un sistema nazionale di reportistica delle emissioni che include vari attori governativi e non, e di essere in procinto di istituire di una unità speciale sui cambiamenti climatici per coordinare le attività di mitigazione e adattamento. Il settore energetico è il maggior responsabile delle emissioni di gas serra, ed è pertanto il focus delle azioni di mitigazione del paese per raggiungere il proprio NDC (una riduzione del 15% rispetto al 2010 entro il 2030). Il Botswana punta sullo sviluppo dell’energia solare, sebbene sia necessario un ulteriore sostegno finanziario per investire sui parchi solari. Un altro ostacolo riscontrato è la scarsità dei dati disponibili: il paese chiede infatti sostegno tecnico per migliorare la raccolta, digitalizzazione e archiviazione dei dati.

L’Andorra, minuscolo stato europeo tra Francia e Spagna, dipende fortemente dai combustibili fossili, che rappresentano infatti il 75% del consumo di energia. Il petrolio, peraltro completamente importato, gioca un ruolo chiave. Pertanto, il paese punta soprattutto ad aumentare la produzione interna di energia, e a migliorare l’efficienza energetica nel settore residenziale e dei trasporti, con l’NDC ambizioso di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Uno dei principali ostacoli sono le capacità amministrative limitate, ma il paese ha riscontrato miglioramenti nella stesura del proprio inventario di emissioni grazie ai feedback degli esperti. Le priorità saranno ora analizzare il consumo energetico di ogni settore (creando un registro nazionale) e l’efficienza di ogni tipologia di veicolo.

Anche il Benin riscontra gli stessi ostacoli, specialmente la carenza di dati e competenze tecniche a livello nazionale in quasi tutte le aree presentate nel rapporto biennale. Ciononostante, il sostegno ricevuto ha permesso di creare degli inventari nazionali di emissioni di gas serra e valutare l’efficacia delle politiche di mitigazione. Il governo ha avviato vari piani per lo sviluppo del settore agricolo e per aumentare l’efficienza energetica al fine di raggiungere il proprio NDC: una riduzione delle emissioni (esclusa la silvicoltura) del 16,17% dal 2021 al 2030. Un altro piano è indirizzato al campo delle risorse umane, con formazione e sviluppo delle competenze. Un altro punto focale dei piani futuri del paese è l’afforestazione, con un rafforzamento delle politiche, l’istituzione e il mantenimento di boschi comunali e il recupero delle foreste degradate.

I tre casi portati rappresentano con chiarezza la complessità di un sistema di reportistica globale su quasi 200 realtà nazionali tanto diverse, dalle grandi potenze (anche in termini di emissioni) agli sforzi tecnici e scientifici richiesti ai più piccoli, peraltro caratterizzati da responsabilità storiche quasi nulle rispetto ai cambiamenti climatici in corso. L’architettura dell’Accordo di Parigi, che prevede il coinvolgimento di tutti gli Stati del mondo secondo le proprie capacità nazionali, potrà portare a risultati concreti solo se questo processo viene tenuto vivo e se i maggiori inquinatori e climalteranti porteranno avanti con serietà e trasparenza le proprie azioni ed il sostegno a chi ha più bisogno.

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