03
Ago

Non solo ambiente: un Green New Deal di ricchezza e lavoro

Jacopo Bencini, Policy Advisor, Italian Climate Network

Questo articolo è il quinto di una serie realizzata con il contributo di European Climate Foundation nell’ambito del progetto “Green New Deal per l’Italia ”

Immagine: Flickr/Alberto Brambilla

Il precedente articolo di questa serie, pubblicato lo scorso 7 luglio, arrivava a seguito della pubblicazione del cosiddetto Piano Colao e degli Stati Generali organizzati da Giuseppe Conte. Due momenti altamente strategici per il destino del paese ma, come Italian Climate Network aveva evidenziato, purtroppo scevri di una vera riflessione operativa sui necessari nessi tra ripartenza post-pandemia e trasformazione in chiave ecologica del sistema produttivo italiano, verso gli obiettivi europei al 2030 e 2050. Le poche parti del Piano relative al tema, peraltro, fanno ancora riferimento al Piano per l’energia e per il clima (PNIEC) del dicembre 2019, ormai ampiamente superato nell’ambizione politica.

Volendo contribuire al dibattito già dalla seconda metà di quest’anno, ICN ha cominciato ad analizzare i primi risultati della ricerca alla base del progetto “Green New Deal per l’Italia”, sostenuto dalla European Climate Foundation e teso a fornire al più vasto pubblico italiano elementi chiari e aggiornati di valutazione in merito alle politiche socio-climatiche ed alle prospettive di transizione del nostro paese verso la metà del secolo. La ricerca, coordinata da ICN e realizzata  dall’associazione Està – Economia e Sostenibilità, verrà presentata nel mese di settembre, ma è già possibile anticipare alcuni punti-chiave.

Alla base del lavoro di advocacy di ICN verso una proposta di Green New Deal per l’Italia, una solida convinzione: in qualsiasi disegno politico a livello europeo ed italiano non sarà più possibile tenere separati i piani dell’ambiente, dell’economia e dei diritti, con un’attenzione particolare alla trasformazione e creazione di posti di lavoro. La transizione verso la neutralità carbonica, per essere giusta come auspicato anche dalla Commissione Europea, dovrà infatti tenere conto degli impatti delle politiche di conversione ambientale sulla qualità di vita degli europei in senso lato. ICN  ha voluto quindi considerare il tema delle ricadute occupazionali come inscindibile da quello della necessaria riduzione delle tonnellate di CO2 che ogni anno emettiamo, in particolare attraverso i nostri settori più inquinanti (produzione e consumo dell’energia, anche a livello domestico). Sebbene con esiti specifici diversi secondo le possibili combinazioni di lavoro, ricchezza ed emissioni, dalla ricerca emerge con chiarezza come maggiori investimenti in politiche verdi rispetto all’attuale PNIEC possano portare buoni risultati in tutti e tre i campi.

La ricerca analizzata si spinge oltre, evidenziando attraverso metodologie innovative il rapporto tra le diverse e possibili tecniche di agricoltura e silvicoltura disponibili ad oggi ed i possibili benefici dal punto di vista delle emissioni, data la capacità naturale di assorbimento di anidride carbonica di terreni e foreste: aspetti che vanno a comporre il quadro complessivo dei punti cardine del Green New Deal orientato al 2050. Sebbene sia stato ideato prima della pandemia, il percorso di ricerca e advocacy sul Green New Deal per l’Italia, si pone oggi come un utile punto di partenza per il dibattito politico della seconda metà del 2020, guardando ai nuovi obiettivi comunitari ed alla ripresa a seguito della pandemia. La crisi attuale è ben diversa da quella di dieci anni fa e probabilmente porterà effetti ancora peggiori sul nostro sistema socio-economico. L’obiettivo del progetto diviene quindi quello di fornire ai decisori politici nazionali elementi per orientarsi in questo contesto di generalizzata navigazione a vista.

Quali investimenti saranno necessari da qui al 2030 per raggiungere l’obiettivo proposto dal Parlamento Europeo di riduzione delle emissioni del 55%?

Cosa accadrebbe se nell’economia italiana fossero immessi, tra fondi pubblici e mobilitazione privata, per esempio, 100 miliardi di euro all’anno in più in investimenti verdi da oggi al 2030? Quanti posti di lavoro si potrebbero creare? I vantaggi sarebbero direttamente proporzionali all’investimento?

La ricerca che ICN presenterà a settembre si pone l’ambizione di provare a rispondere a queste domande sulla base di compiute analisi macroeconomiche e solide evidenze scientifiche. Ripartendo dallo storico delle emissioni italiane dal 1990 ad oggi e percorrendo tecniche e sperimentazioni metodologiche, traccia in grassetto le ricadute sociali e occupazionali di un Green New Deal basato, appunto, sull’importanza degli investimenti, della ricerca e sviluppo, dell’innovazione. Su una diversa idea di ripartenza del paese, sulla strada verso la decarbonizzazione (sostenibile anche dal punto di vista del lavoro) che dovremo percorrere entro i prossimi dieci anni.

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