Riscaldamento globale, non si placa l’allarme rosso CO2
Un nuovo, ennesimo record di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è stato registrato nelle scorse settimane, a cavallo tra maggio e giugno. La fatidica soglia di 410 ppm è infatti stata superata ancora durante la 26esima settimana del 2018, stando ai dati forniti dall’Osservatorio di Mauna Loa, alle Hawaii.
Più precisamente, i rilevatori della NOAA hanno segnato il valore di 410.57 parti per milione (ppm) di CO2, superiore al dato dello scorso anno nello stesso periodo e più alto anche del valore medio mensile di aprile (410.31 ppm) – con un picco record di 411.24 ppm a fine mese.
La preoccupazione degli esperti non è dovuta esclusivamente al singolo dato in sé – poco rilanciato dai media – anche perché il picco stagionale di maggio è di solito atteso dai climatologi. Ma la soglia di 410 rimane un valore simbolico, un riferimento importante in un quadro climatico generale di allarme – in termini di rischio, ha di fatto sostituito il precedente “punto di non ritorno” di 400 ppm . Ciò che fa più temere, e dovrebbe allertare non solo gli addetti ai lavori, è in realtà la velocità con cui cresce di anno in anno il livello dei valori medi di ppm di CO2. I dati raccolti solo nell’ultimo decennio, infatti, mostrano un trend che non ha precedenti in tutta la storia climatica più recente, e che anzi si avvicina pericolosamente a quanto successo sulla Terra in tempi assai più remoti, nell’ordine di ere geologiche.
Per capire il senso di questi numeri, è importante ricordare che prima della rivoluzione industriale, salvo sporadiche oscillazioni nel corso di millenni di lontane ere geologiche la concentrazione di CO2 non aveva mai superato i 300 ppm.
Il metodo di raccolta e lettura dati attualmente utilizzato a Mauna Loa è quello cosiddetto della Keeling Curve, inaugurato nel 1958 da David Keeling. La Keeling Curve ha un andamento stagionalmente altalenante e in costante aumento. Solo cinque anni fa, nel 2013, la curva ha per la prima volta segnalato il superamento della “barriera” di 400 ppm. Con i dati di maggio-giugno, la Keeling Curve ci dice che negli ultimi sessant’anni la concentrazione di CO2 in atmosfera è aumentata del 30% – le primissime osservazioni del 1958 segnalavano 315 ppm.
Ralph Keeling, figlio dello scienziato che ha battezzato la curva usata a Mauna Loa e leader del “CO2 Program” dello Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California ha commentato i dati precedenti di aprile ricordando che “All’inizio della rivoluzione industriale, attorno 1880, le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera erano di circa 280 ppm, mentre ora sono il 46% più elevate”. Secondo Keeling stiamo ormai riscaldando il pianeta con una velocità insostenibile, superando in tempi sempre più brevi i limiti che gli scienziati ritengono essere di sicurezza. In termini di temperatura, siamo attualmente a circa 1° Celsius sopra i livelli preindustriali. Keeling ritiene che non stiamo ancora per raggiungere i limiti scongiurati dall’accordo di Parigi (1,5 – 2° Celsius ) ma la velocità con cui ci stiamo avvicinando fa ancora più paura dei limiti stessi, dal momento che ci spostiamo verso “un territorio inesplorato e pericoloso”.
Diversi altri climatologi hanno confermato l’interpretazione di Keeling sui dati più recenti, come Gavin Foster paleo climatologo dell’Università di Southampton o Pieter Tans del NOOA secondo il quale l’aumento della concentrazione può rallentare significativamente solo con un tagli netto alle emissioni; così facendo “la CO2 continuerà comunque ad aumentare, ma molto più lentamente, spostando così verosimilmente più avanti l’impatto del cambiamento climatico”. Secondo Katharine Hayhoe, della Texas Tech University stiamo mettendo a dura prova la resistenza del nostro pianeta, che ha già vissuto sconvolgimenti simili, lasciando tracce per prevedere possibili scenari futuri. Circa 4 milioni di anni fa, durante il Pliocene, la concentrazione di CO2 era molto simile a quella di oggi, 400 ppm, a fronte di un livello dei mari però ben più alto. Guardando ancora più indietro, fino al Miocene, le stratigrafie geologiche e la CO2 conservata nei ghiacci ci raccontano una storia della Terra che non lascia spazio a molti dubbi: ppm, temperatura e livello del mare aumentano insieme; in passato questo succedeva in tempi lunghi, ora sta accadendo tutto troppo più in fretta, e in definitiva non siamo certi di come il pianeta potrà realmente reagire. Di un dato, tuttavia, possiamo essere sicuri: la responsabilità è dell’uomo. Dell’ Homo sapiens, per essere precisi, che non ha mai respirato tanta CO2 e non è certo pronto ad affrontare un nuovo Pliocene.