Side Event – Quanto pesano le donne ai negoziati sul clima?
di Cristina Dalla Torre e Edoardo Quatrale (Agenzia di Stampa Giovanile)
Come ormai (o per meglio dire, solamente) da 4 anni, l’8 dicembre si è celebrata alla COP21 la giornata della questione di genere. E dato che le donne sono spesso lasciate fuori dai negoziati (solo un terzo dei negoziatori sono infatti di sesso femminile), in questa giornata particolare si parla principalmente di loro. Non si tratta di voler mettere gli uomini da una parte, ma di portarle in alto. Nei numerosi eventi paralleli ai negoziati sono state invitate molte di loro a raccontare le proprie affascinanti esperienze di vita e ad esprimere la propria visione sulla questione dell’equità di genere.
Di particolare rilevanza è stata la conferenza “Women and climate” che ha visto la partecipazione di Segolène Royal, ministra francese dell’Ecologia e dello Sviluppo Sostenibile, Vandana Shiva, nota attivista e ambientalista indiana, l’ex Presidente irlandese Mary Robinson, e Winnie Byanyima, rappresentante di Oxfam International.
La ministra francese ha aperto l’incontro portando l’attenzione sul ruolo delle donne, non solo come vittime ma anche come agenti di resilienza nella lotta al cambiamento climatico. Vandana Shiva ha invece voluto porre l’accento su come il legame tra natura e uomo si stia lacerando, sottolineando come “l’instabilità della natura sia proprio l’esternalità che noi stessi abbiamo creato”. Ha posto l’accento sulla necessità della diversificazione delle colture e del ritorno ad un’agricoltura biologica, enfatizzando come la maggior parte delle emissioni in agricoltura siano prodotte da pesticidi e fertilizzanti. Ha infine affermato il dovere della società di ricostruire un’economia naturale, non guidata dalla finanza e dall’idea del profitto, ma attenta alla terra e al pianeta che ci fornisce la vita. E in questo le donne possono giocare un ruolo importante in quanto portatrici di conoscenze tradizionali, che sono la chiave per aprire la porta del cambiamento, non climatico, ma di sistema.
Anche la Climate Generations Area (la zona della società civile appena fuori da quella dei negoziati) ha visto un susseguirsi di eventi legati alla parità di genere. All’interno delle numerose iniziative, è stato anche esplorato il nesso tra genere, cambiamenti climatici ed arte. Marina Flevotomas, giovane artista greca, ha sfidato la narrativa, spesso vittimista, costruita attorno alle donne in occasioni come le giornate dedicate alla questione di genere. L’intenzione è dunque quella di raccontare le donne non tanto come vittime degli effetti del cambiamento climatico, ma sottolineare al contrario il loro ruolo di eroine, protagoniste del loro successo. Quello della Flevotomas è un racconto per immagini, che mostrano storie di donne in grado di trasformare le difficoltà in opportunità.
Alla COP21 si è voluto raccontare l’enorme potenziale delle donne, in termini di creatività e tenacia. La sensazione è che la questione di genere non debba però rimanere un tema autoreferenziale, trattato solo da donne e rivolto alle donne, rischiando in ultimo di diventare un motivo di conflitto invece che di dibattito arricchente e costruttivo per entrambe le parti della bilancia.