BIODIVERSITÀ, DA COP27 A COP15
Giovedì 17 Novembre a COP27 si è tenuto un side event sull’Accordo Globale per la Biodiversità che dovrebbe essere approvato alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, al via dal 7 dicembre a Montreal.
Tra gli speaker c’erano Elizabeth Mrema, Executive Secretary della Convenzione Onu sulla Biodiversità (CBD), i due co-chair del gruppo di lavoro dell’Accordo globale per la biodiversità, Basile van Havre e Francis Ogwal, e rappresentanti dell’UNFCCC, della Convenzione onu contro la desertificazione (UNCCD), UNEP e FAO.
Elizabeth Mrema, Executive Secretary della Convenzione Onu sulla Biodiversità (CBD) ha ribadito l’importanza di aver dedicato alla biodiversità una giornata di COP27 (giovedì 16 novembre), ricordando che solo a Glasgow la natura ha iniziato ad essere veramente considerata sui tavoli negoziali, ma è qui a Sharm El Sheik che la biodiversità ha iniziato davvero a essere presente nell’agenda.
Le sfide create dalla crisi climatica e quelle relative alla crisi della biodiversità sono simili e non possiamo trovare soluzioni in silos. Diverse analisi ci dicono che il 30% della mitigazione delle emissioni di gas climalteranti dovrebbe venire dalla natura, e quindi non riusciremo a raggiungere l’obiettivo di Parigi, mantenendo le temperature globali sotto la soglia di 1.5C, senza proteggere la biodiversità e gli ecosistemi naturali. Non è quindi un caso che una delle principali discussioni sulle soluzioni di mitigazione per il cambiamento climatico sia incentrata sulle Nature Based Solutions (azioni per affrontare le sfide della società, come il cambiamento climatico, attraverso la protezione, la gestione sostenibile e il ripristino degli ecosistemi). E non è un caso nemmeno che la COP27 sul clima e la COP15 sulla biodiversità si svolgano una dopo l’altra, a distanza di qualche settimana, ma al contrario un segnale per ricordarci l’importanza di affrontare queste due crisi insieme.
Tuttavia, durante la discussione dei capi delegazione che si è svolta venerdì pomeriggio, sia l’Unione Europea che la Colombia hanno espresso forte dispiacere per il fatto che la COP15 e il CBD non siano stati nominati nella cover decision draft, la bozza della decisione finale della Conferenza in corso a Sharm el-Sheikh.
Durante l’incontro, Mrema ha sottolineato anche che raggiungere un Accordo Globale ambizioso e trasformativo per la tutela della biodiversità nella conferenza di Montreal sarà fondamentale, ma ha avvertito che serviranno anche piani di implementazione chiari. L’importanza dell’implementazione è cruciale poichè solo 6 dei 20 Aichi targets, gli obiettivi per la biodiversità del decennio 2011-2020, sono stati raggiunti in modo parziale, e nessun obiettivo è stato raggiunto pienamente.
Sono due le principali ragioni del fallimento secondo Mrema:
La prima risiede nella mancanza di fondi economici a supporto della biodiversità. Tra i target dello scorso decennio c’era la richiesta di duplicare i flussi economici internazionali (con l’obiettivo di raggiungere 120 miliardi di dollari US) a protezione della biodiversità. I fondi sono stati stanziati ma il target prefissato era insufficiente per supportare il raggiungimento degli obiettivi di Aichi. Per questo uno dei punti cruciali e uno dei più dibattuti a COP15 sarò quello delle risorse finanziarie a tutela della biodiversità. A Montreal servirà risolvere i disaccordi su come allineare i flussi finanziari nazionali e internazionali pubblici e privati e andranno prese decisioni ambiziose sui target numerici di questi impegni economici. La finanza a tutela della biodiversità è necessaria per supportare l’implementazione degli obiettivi che si decideranno a Montreal, ha avvertito Mrema.
In secondo luogo, è fondamentale migliorare i meccanismi di pianificazione (planning), la rendicontazione (reporting) e revisione (reviews). Infatti lo scorso decennio abbiamo fallito con l’implementazione degli obiettivi di Aichi perché i Paesi erano in ritardo nello sviluppare un sistema di monitoraggio, rendicontazione e revisione. Il mancato raggiungimento degli Aichi Targets è preoccupante e non possiamo permetterci che succeda con i nuovi obiettivi per questo decennio, contenuti nell’Accordo attualmente in discussione.
A tal proposito, i co-facilitatori del CBD, Basile van Havre e Francis Ogwal hanno ribadito che un robusto sistema di pianificazione, rendicontazione e revisione è uno dei punti cruciali dell’Accordo Globale che si negozierà a COP15. Il meccanismo è fondamentale per monitorare l’implementazione. Ci servono target ambiziosi, risorse economiche e un sistema di revisione e monitoraggio solido. E ci servono tutte queste cose insieme, hanno ricordato i co-facilitatori. Infatti nell’Accordo che si negozierà a COP15 il monitoraggio è incluso nel testo, dato che il sistema di monitoraggio dello scorso decennio è stato sviluppato molto in ritardo, anni dopo l’approvazione dell’Accordo per il decennio 2010-2020.
Ci serve un accordo globale ambizioso e trasformativo da approvare a COP15, ha concluso Mrema, avvertendo però che un accordo è solo un pezzo di carta senza risorse economiche a supporto e meccanismi di implementazione e monitoraggio.
Articolo a cura di Margherita Barbieri, volontaria sezione Clima e Advocacy
Foto di copertina: di Margherita Barbieri