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Feb

COP16 BIODIVERSITÀ, I NEGOZIATI RIPRENDONO A ROMA: I TEMI CHIAVE

Da martedì 25 a giovedì 27 febbraio si terrà una seconda breve sessione di COP16 sulla biodiversità per discutere i temi non affrontati a Cali lo scorso novembre 2024. Appuntamento a Roma, presso la sede della FAO.

Nel novembre 2024 la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sulla protezione della natura e della biodiversità – la COP16, ospitata dalla Colombia – era stata sospesa per il mancato raggiungimento del quorum.
La proposta di istituire un nuovo fondo per il ripristino della natura negli ecosistemi dei Paesi più poveri non ha convinto diversi Paesi “sviluppati” (così definiti dall’UNFCCC nel 1992) – come Unione Europea, Giappone, Canada, Australia, Norvegia e Svizzera – secondo i quali il fondo avrebbe complicato il panorama dei finanziamenti senza garantire la raccolta di nuovi finanziamenti. Questo ha provocato accese polemiche da parte delle nazioni africane e latinoamericane, che si sono quindi rifiutate di continuare le negoziazioni per il resto dei punti in programma.

La proposta mirava a colmare il grosso gap finanziario per il ripristino e conservazione della natura, in modo da implementare il Quadro Globale della Biodiversità (GBF, Global Biodiversity Framework) fino al 2030. Questo quadro è il risultato del famoso accordo internazionale Kunming-Montreal deciso durante la COP15 nel 2022, e può essere paragonato all’accordo di Parigi per il clima.

Per discutere i temi che non è stato possibile affrontare durante la conferenza in Colombia, dal 25 al 27 febbraio si terrà a Roma, presso la sede della FAO, una seconda breve sessione di COP16.

A meno di una settimana da questi importanti negoziati, però, non è ancora chiaro chi guiderà la sessione aggiuntiva della COP16. La Presidente della COP a Cali, la Ministra colombiana Susanna Muhamad, ha infatti annunciato le sue dimissioni nei giorni scorsi, con una lettera indirizzata al Presidente colombiano Gustavo Petro. La decisione è arrivata in seguito alla nomina di Armando Benedetti – figura controversa nella politica colombiana – come capo di gabinetto. Le dimissioni di Muhamad dovrebbero diventare effettive al termine dei negoziati bis di Roma, ma ora si attende un riscontro ufficiale da parte del Presidente Petro, nella speranza che questa decisione non abbia ripercussioni negative sul prosieguo dei negoziati.

La Presidente della COP16 Susanna Muhamad. Foto: UN Biodiversity

I temi chiave della COP16 sulla biodiversità

Alla COP16 i governi avrebbero dovuto presentare i piani e le strategie nazionali (National Biodiversity Strategies and Actions Plans NBSAPs), ma quando si sono svolti i negoziati più di 150 Paesi non avevano ancora presentato le loro strategie nazionali e piani d’azione: solo 44, compresa l’Unione europea, le avevano aggiornate alla luce del nuovo Global Biodiversity Framework.

Durante la COP i temi centrali di discussione sono stati il gap finanziario per la tutela della biodiversità e il target 19 dell’Accordo GBF, che prevede di mobilitare almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, ma su cui non è stato trovato un accordo a Cali.
Senza lo stanziamento di risorse adeguate è difficile che il Quadro Globale della Biodiversità possa avere successo, e si rischia di fallire nel raggiungimento degli obiettivi – come per altro è già successo con quelli di Aichi, che erano stati fissati per il decennio 2010 – 2020.

Un altro punto cruciale è stato la misurazione. Anche se due anni fa i Paesi avevano già approvato i 23 obiettivi contenuti all’interno del Quadro Globale della Biodiversità, non è ancora stato deciso in che modo avverrà la misurazione del progresso perché manca un sistema adeguato di monitoraggio dell’implementazione. 

Per fortuna, alla COP16 ci sono stati anche dei passi avanti. In particolare, è stato istituito un organo per garantire che le popolazioni indigene vengano incluse nei processi decisionali sulla biodiversità. 
È stato inoltre costituito il “Fondo Cali”, dove le risorse derivanti dall’uso commerciale delle informazioni genetiche ricavate dalla biodiversità dovranno essere stanziate per la conservazione della biodiversità stessa.
Le aziende dovranno quindi pagare per l’utilizzo di queste informazioni genetiche, e i settori più coinvolti saranno quello farmaceuticocosmetico, biotecnologico e agricolo. Potranno aderire solo aziende qualificate, che contribuiranno con lo 0,1% dei loro ricavi o l’1% dei loro profitti. Secondo le stime questi fondi dovrebbero generare miliardi di dollari da poter destinare alla protezione della natura, e la metà del ricavato andrà alle popolazioni indigene e alle comunità locali

Cosa dobbiamo aspettarci dai tempi supplementari di COP16?

Martedì 25 febbraio i negoziati riprenderanno in Italia con un focus centrale sui due aspetti fondamentali rimasti senza decisioni a Cali: il monitoraggio del Quadro Globale della Biodiversità e la mobilitazione delle risorse finanziarie necessarie a garantirne il successo (o l’implementazione). 

Per quanto riguarda la finanza, tra i temi che si discuteranno a Roma c’è dunque la strategia di mobilitazione delle risorse volta a garantire la mobilitazione di 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, e a ridurre gli incentivi dannosi per la biodiversità di almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.
La discussione si concentrerà anche sul ruolo delle partnership pubblico-private nel colmare il divario finanziario, assicurando che il finanziamento per la biodiversità sia sufficiente e sostenibile nel lungo termine. Si discuterà inoltre dei risultati del GEF (Global Environment Facility) e di come incoraggiare ulteriori contributi al fondo, istituito per aumentare i finanziamenti per l’attuazione del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal.

Sul fronte del monitoraggio, invece, si discuteranno gli strumenti che consentano alle Parti di misurare i progressi compiuti rispetto agli obiettivi dell’Accordo Kunming-Montreal e le come si verificheranno l’anno prossimo durante COP17 i progressi compiuti. Come spiegato in un articolo precedente, infatti, senza dati affidabili è difficile giustificare e ottimizzare gli investimenti. Una volta stabilito un quadro comune per la misurazione sarà necessario fornire supporto tecnico ai Paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, attraverso iniziative di capacity-building e la condivisione di buone pratiche per migliorare la valutazione dell’impatto delle loro strategie.

Tra i punti chiave dovrebbe esserci anche la creazione di una possibile sinergia tra le COP dedicate al Clima e quelle dedicate alla Biodiversità. Gli esperti sottolineano che le azioni di mitigazione e adattamento non possono procedere su binari paralleli ma devono seguire un percorso integrato. Le stesse “soluzioni basate sulla natura” (Nature-based Solutions), già considerate essenziali per l’adattamento alla crisi climatica, hanno un impatto rilevante anche sulla mitigazione delle emissioni. Di conseguenza, si discuterà di come garantire un approccio sistemico nella pianificazione delle strategie ambientali.

La sessione negoziale di Roma presso la sede della FAO stabilirà anche l’agenda e le priorità per il prossimo negoziato sulla biodiversità, la COP17, che si terrà in Armenia nel 2026. All’evento di Roma l’accesso ai delegati sarà limitato, anche per via degli spazi ridotti rispetto a quelli offerti dal Centri Congressi che normalmente ospitano conferenze di questo tipo, ma Italian Climate Network sarà presente per monitorare i negoziati e aggiornarvi sugli sviluppi.

Articolo a cura di Lorena Piccinini e Caterina Vetrugno, volontarie di Italian Climate Network.

Immagine di copertina: foto di UN Biodiversity.

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