COP23: problemi di implementazione
di Riccardo Testolin –
A poche ore dalla chiusura della 23esima Conferenza delle Parti (COP23) l’atmosfera è confusa. Nonostante gli importanti risultati raggiunti dalle Parti nei giorni scorsi, come l’istituzione della Piattaforma delle Comunità Locali e dei Popoli Indigeni e del Gender Action Plan, qualcosa sembra essersi inceppato durante le sessioni negoziali riguardanti i termini di implementazione dell’Accordo di Parigi.
Il compito di definire le modalità di attuazione delle azioni per la lotta al cambiamento climatico in vista dell’entrata in vigore dell’Accordo nel 2020 spetta al Ad-hoc Working Group on the Implementation of the Paris Agreement (APA), corpo della Convenzione istituito a Parigi nel 2015. In particolare il gruppo di lavoro ha il compito di esprimersi sulla definizione e la comunicazione dei contenuti dei Contributi Nazionali Volontari (NDCs), meccanismo chiave dell’Accordo attraverso il quale le Parti definiscono la propria strategia di mitigazione del cambiamento climatico, sul processo di ridefinizione al rialzo degli NDCs (Global Stocktake) e sulla trasparenza delle comunicazioni relative al supporto delle azioni di contrasto del cambiamento climatico.
Durante i contact group dell’APA degli scorsi giorni è emersa una divergenza netta tra le parti rispetto alla posizione dell’African Group, che ha lamentato una mancanza di chiarezza rispetto alle modalità di trasferimento di risorse finanziarie dei Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo. Posizione che ha trovato il favore dei Least Developed Countries (LDCs), nonché di Iran, Arabia Saudita e Cina, che si sono dimostrati disposti a bloccare le negoziazioni. Di altro avviso Unione Europea, Australia (portavoce dell’Umbrella Group), i Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo (SIDS) e gli Stati Uniti che, per ragioni diverse, hanno respinto l’obiezione dell’African Group, così come l’invito delle co-facilitatrici Jo Tyndall e Sarah Baashan a inviare nuove proposte all’APA e di convocare una nuova sessione negoziale estiva.
Nonostante gli inviti da parte delle co-facilitatrici alla cooperazione per il raggiungimento di un consenso unanime e a dispetto dell’urgenza dettata dallo scadere del tempo, ad oggi, giornata di chiusura della COP, le Parti non hanno ancora raggiunto un accordo sull’implementazione e l’appuntamento per la plenaria finale resta un mistero. Voci di corridoio parlano di consultazioni frenetiche tra le Parti e la presidenza fijiana, e dell’Arabia Saudita che vorrebbe strappare un risultato favorevole sul meccanismo di Loss and Damage.
Alla fine di una COP che ha visto le posizioni diametralmente opposte di Europa e Stati Uniti, mai così distanti nelle loro intenzioni sulla lotta al cambiamento climatico, saranno le ultime ore a decidere se avremo una proposta di implementazione dell’Accordo o se i lavori dovranno continuare alla prossima COP.