COP27 credits-IPCCC
07
Nov

UNA QUESTIONE DI TEMPI

La brutalità dei numeri degli impatti del cambiamento climatico è stata spiegata con freddezza e precisione nel primo side event del padiglione “Criosfera” presente alla COP27.

Due autori del primo e secondo volume del Sesto Rapporto di valutazione dell’IPCC, Robert Kopp e Sarah Coley,  hanno spiegato le proiezioni sull’aumento del livello del mare presenti nel Rapporto.

La base del problema è nota, e non è difficile: il surriscaldamento del pianeta fonde i ghiacci, l’acqua di fusione finisce nel mare e ne alza il livello. 

Sappiamo con grande sicurezza che il livello medio del mare si è già alzato di circa 20 cm nell’ultimo secolo. Quanto si alzerà in futuro è meno semplice da dire, ma ormai il lavoro di migliaia di scienziati di tutto il mondo permette di avere degli intervalli di valori a cui è associato un discreto livello di confidenza. E qui arrivano i problemi.

Quelle degli scienziati non sono previsioni, ma proiezioni, ossia l’aumento del livello del mare dipende in larga parte da quali saranno le emissioni di gas serra degli esseri umani nei prossimi decenni. In uno scenario ad alte emissioni, il mare potrebbe crescere entro il 2100 da 60 a 90 cm. Se si riducono le emissioni in modo drastico, l’amento sarà contenuto in 30-60 cm. Nel 2150 i numeri diventano 1-1,9 metri con alte emissioni e 50 centimetri -1 metro con emissioni molto basse. Se dovessero entrare in gioco alcuni processi, ora poco compresi, che potrebbero accelerare la fusione dei ghiacci in Groenlandia ed Antartide, l’aumento nel 2150 potrebbe essere da 2 a 5 metri.

Quindi, anche con un’azione decisa contro il surriscaldamento globale, un metro di aumento del livello del mare nei prossimi secoli non ce lo toglie nessuno. “Sea level rise committment”, si chiama.
Quello che succede oggi “impegna” il livello del mare per i prossimi secoli. Un aumento inevitabile, perché è un aumento molto lento ma irreversibile, ossia dura millenni. 

Se si guarda il lungo periodo, nei prossimi 2000 anni, se riuscissimo a fermare il riscaldamento globale a +1,5°C il mare aumenterebbe fino a 2-3 metri. Certo, molto meglio dei 10-20 metri che avremmo in uno scenario ad alte emissioni. Ma due metri di aumento del livello del mare è comunque qualcosa che cambierà profondamente la vita di migliaia di città costiere, anche grandi metropoli. Inoltre, l’aumento del livello del mare si farà sentire anche con un aumento degli eventi estremi di maree: eventi che prima accadevano una volta ogni 100 anni avranno frequenza annuale.

È quindi solo una questione di tempi.

Il side event è poi proseguito nel ragionare sulle misure che si possono mettere in campo per ridurre i danni. Se si agisce in anticipo si possono ridurre sensibilmente i danni, che comunque non potranno essere del tutto evitati. 

In conclusione, le buone notizie che si possono trovare sono dunque solo due.

La prima è che possiamo ancora ritardare di molto l’aumento del livello del mare, e contenere il valore massimo di questo aumento, se riduciamo in modo rapido le emissioni di gas serra.

La seconda è che comunque chi scrive e quasi tutti quelli che stanno leggendo non ci saranno, quando il livello del mare sarà salito così tanto da cambiare il profilo di molte città e terre emerse, e non assisteranno al disastro.

E questo sfasamento temporale è proprio uno dei motivi per cui è così difficile agire contro il surriscaldamento globale.

Articolo a cura di Stefano Caserini, socio fondatore di Italian Climate Network e Professore di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano

Foto di copertina: @IPCC via Twitter

Per approfondimenti: 

Capitolo 9 del 6° Rapporto IPCC-WG1 Ocean, Cryosphere and Sea Level Change

Cross-Chapter Paper 2 del 6° Rapporto IPCC-WG2 – Cities and settlements by the sea

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