MELONI A COP27: TRA MAINSTREAM, OMISSIONI E IL FANTASMA DI DRAGHI
Si è conclusa intorno all’ora di cena la seconda giornata di COP27. Mentre nelle stanze negoziali delegati e organizzazioni cominciavano a preparare il campo ai negoziati dei giorni successivi, nella grande sala plenaria sfilavano gli oltre 100 Capi di Stato e di Governo per il consueto vertice dei leader dei paesi partecipanti, in un contesto di ultra-militarizzazione del centro congressi di Sharm El-Sheikh e immediati paraggi.
Un discorso mainstream, omissioni non casuali
L’intervento a COP27 della Presidente del Consiglio Meloni, al suo primo vertice extra-europeo, si è fatto molto attendere. Sia per i contenuti che.. nei tempi. In un vertice caratterizzato da continui ritardi sul programma, l’inquilina di Palazzo Chigi doveva parlare per 43esima su 47, e ha infine espresso la posizione italiana alle 20.56 ora locale a fronte del previsto 17.30-18.00. Una seconda tranche di leader parlerà invece domani, alla riapertura della sessione.
Meloni ha portato a COP27 un discorso breve e asciutto, in lingua inglese. Chi come noi di Italian Climate Network attendeva il primo discorso della neo-premier per capire i principali indirizzi politici del nuovo governo, potrebbe essere rimasto colpito da tono e contenuti assolutamente mainstream sulla maggior parte dei temi, espressi nel linguaggio standard del politically correct internazionale e onusiano, insomma non la Meloni cui siamo abituati in Italia ed in Parlamento.
Meloni ha sottolineato l’interdipendenza delle tre sostenibilità ambientale, sociale ed economica, affermando sin dalle prime battute che l’Italia era e rimane impegnata nel suo percorso di decarbonizzazione in linea con gli obiettivi europei – sottinteso, nonostante il cambio di governo. Meloni ha curiosamente citato il pacchetto di misure Re-Power EU e non il Green Deal Europeo, tantomeno il pacchetto Fit for 55 da qualche mese oggetto di aspro dibattito politico, segnato dallo scetticismo di buona parte dell’attuale maggioranza di governo. Uno dei pochi segnali chiari.
Nessuna menzione, ma era abbastanza atteso vista la posizione già espressa dal Governo in merito, del tema di perdite, danni e relativi potenziali strumenti compensativi, tema caldo di questa COP27, ma che vede l’Italia allineata alla posizione europea – scetticismo verso la creazione di nuovi strumenti finanziari ad hoc (ad esempio un fondo internazionale).
Alleanze africane
Nel citare la necessità, per l’Italia, di diversificare strategicamente il proprio sistema energetico, Meloni si sofferma sulla cooperazione “con numerosi Paesi africani”, più una strizzata d’occhio dal palco ai molti delegati di Governi africani con i quali l’Italia sta stringendo accordi su gas e altre importazioni di energia – molti anche oggi gli incontri bilaterali – che un trito omaggio al continente padrone di casa.
Rivendicare il lascito di Draghi – tu quoque, Giorgia?
La Presidente del Consiglio dedica poi un passaggio alla Youth4Climate, l’iniziativa inizialmente pensata dal Ministro Costa per coinvolgere attivamente giovani di tutti i paesi del mondo nei negoziati (e non più solo quelli che possono permettersi biglietto, accredito e pernottamento) in parallelo agli esistenti processi COY e YOUNGO, poi sostenuta e resa realtà dal Ministro Cingolani nel Governo Draghi con due edizioni, nel 2021 e nel 2022. Un successo – politico e multilaterale – del precedente Governo che oggi Meloni rivendica da premier.
Ma si passa poi alla parte finanziaria. Meloni rivendica come successo anche il lancio del Fondo Italiano per il Clima, misura proposta da Draghi al G20 dell’ottobre 2021 e oggi diventata realtà grazie all’approvazione dei necessari decreti attuativi: un fondo quinquennale di supporto ai paesi più vulnerabili e beneficiari di aiuti allo sviluppo italiani, gestito da Cassa Depositi e Prestiti sotto supervisione del Ministero dell’Ambiente in partenariato con il Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La dotazione del fondo consta di €840 milioni all’anno per cinque anni, mobilitati tramite prestiti, finanziamenti in fondi, garanzie e finanziamenti diretti a fondo perduto. Un totale di €4,2 miliardi, cui potranno aggiungersi eventuali altre risorse da terze parti (privati) nel corso del tempo. Anche tra gli addetti ai lavori non mancano critiche e scetticismo sul fatto che solo una minima parte dei fondi verrà erogata a fondo perduto contro una maggior parte in forma di crediti concessionali (prestiti condizionati), facendo quindi pagare dei potenziali interessi ai beneficiari, secondo un meccanismo consolidato nella cooperazione italiana allo sviluppo.
Il Fondo era stato presentato in dettaglio alle 18:00, poco prima del discorso di Meloni, durante un side event al Padiglione Italia alla presenza del neo-Ministro Pichetto Fratin e dell’Inviato per il Clima del Governo Modiano, recentemente confermato nel ruolo nonostante il cambio di colore del governo.
In poche parole Meloni, forte in campagna elettorale di essersi caratterizzata come leader dell’unica forza parlamentare di opposizione al Governo Draghi, oggi a COP27 ha di fatto rivendicato con forza due misure innovative promosse e realizzate, appunto, proprio dal Governo Draghi, vero fantasma nella stanza. Un segnale di inattesa continuità.
La visione di Meloni
I più critici del nuovo Governo saranno rimasti delusi dall’assenza di passaggi negazionisti o in-attivisti nel discorso della premier. Sul finale, al netto di un breve passaggio sull’ambiente come tema identitario, Meloni ha infatti voluto sottolineare quanto risulti politicamente paradossale (parola scandita e sottolineata) il fatto che i paesi storicamente meno responsabili per i cambiamenti climatici siano gli stessi che ne subiscono maggiormente gli effetti avversi, sottolineando poi la responsabilità storica dei Paesi sviluppati in questo senso, prima di concludere il discorso con Italy will do its fair share, “l’Italia contribuirà per la sua parte”.
Vedremo quanto questa dichiarazione d’intenti sarà seguita da un effettivo impegno italiano in termini di mitigazione (per esempio, il nostro piano nazionale sulle emissioni, il PNIECC è obsoleto e non linea con gli obiettivi europei), adattamento (ad oggi il nostro Paese non ha un piano di adattamento, una bozza è ferma al Ministero dal 2017), contributo su perdite e danni. Punto centrale di questa COP, ma mai citato dalla premier.
Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor e UNFCCC Contact Point
Foto di copertina: canale YouTube Reuters