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Dic

UNA GIORNATA INFINITA SULL’ARTICOLO 6.4: LE POSIZIONI DEI PAESI

Nella giornata di sabato i delegati di COP28 si sono riuniti ben tre volte per negoziare su uno dei temi più complessi sotto l’Accordo di Parigi: le regole, modalità e procedure del meccanismo stabilito sotto l’Articolo 6.4 dell’Accordo stesso. In poche parole, si tratta del funzionamento degli scambi di crediti per emissioni sotto la nuova governance globale di Parigi nella sua versione globale, applicabile a tutto il mondo (mentre invece il paragrafo 6.2 ordina gli accordi di questo tipo tra singoli Stati, quindi bilaterali).

Perché si negozia? Su cosa?
Andando a ritroso nel tempo, vediamo che l’ultima decisione corposa sul tema risale non agli intermedi di giugno 2023, quando il tema fu sostanzialmente rimandato a questa COP, bensì proprio alla COP27 di Sharm el-Sheikh. A COP27 si fecero piccoli passi avanti con la decisione 7/CMA.4, con buona parte della discussione sull’Articolo 6.4 incentrata sull’evitare doppi conteggi dei crediti per emissioni negli NDC dei Paesi (chi gestisce e paga il progetto di mitigazione, chi lo “riceve” sul proprio territorio nazionale). Fu inoltre deciso di dedicare il 5% di tutti gli share of proceeds, quindi delle imposte sui trasferimenti di crediti, al Fondo per l’Adattamento.

La discussione qui a COP28 sembra invece essersi spostata sulle rimozioni di CO2 dall’atmosfera tramite progetti di riforestazione e afforestazione, oltre a diatribe – superabili – sulle unità di misura e su alcune diciture più “politiche” nel testo della bozza attualmente in circolazione.

L’Unione Europea, il gruppo AOSIS (piccoli stati insulari), gli Stati Uniti e il Canada hanno dimostrato, con gradazioni e intensità diverse, una certa contrarietà all’uso di un linguaggio troppo aperto verso un’ideale, ma non accettata, più che complementarità tra misure di offsetting (assorbimenti, cattura di carbonio) e riduzione delle emissioni. Nelle parole del delegato dell’Unione Europea, che ha sottolineato come quella di questa settimana sia “una decisione molto difficile su un tema complesso”, l’eccessivo accostamento degli assorbimenti alla mitigazione nel testo ci porta fuori strada, in un periodo storico in cui invece avremmo bisogno di “tagli profondi” delle emissioni globali. Come a dire che i progetti sviluppati sotto l’Articolo 6.4 non potranno rappresentare un diversivo dalla missione principale, ovvero quella di implementare gli NDC nazionali (anche tramite l’Articolo 6, certamente) e ridurre velocemente le emissioni climalteranti a livello globale.

Sempre l’Unione Europea ha sottolineato che, a poche ore dalla prevista chiusura del negoziato su questo tema (tra 9 e 10 dicembre secondo la Presidenza), alcuni paragrafi della bozza di decisione non sono ancora chiari, in particolare il 12, il 13, il 14 ed il 15, nei quali si affronta,tra le altre cose, il passaggio dei crediti nati sotto il vecchio Clean Development Mechanism nel nuovo sistema globale di Parigi.

Da segnalare inoltre il tredicesimo paragrafo  del testo, in cui a oggi troviamo, un’esenzione per i Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries) dalla previsione di donare il 5% degli share al Fondo per l’Adattamento, per quei Paesi che lo vorranno. Un mezzo passo indietro su una decisione adottata solo un anno fa, probabilmente su pressione (dietro le quinte, in sala non ne ha parlato nessuno) di alcuni di quei Paesi. Sempre in termini di particolarità, Unione Europea e Canada hanno segnalato la loro contrarietà a possibili nuove eccezioni nella reportistica e nelle regole per alcuni tipi di progetti, come invece previsto dall’attuale formulazione del paragrafo 15.a.

Nel paragrafo 20 della bozza di decisione, la COP richiede al Supervisory Body (l’organismo che regola lo sviluppo dell’Articolo 6) di sviluppare un nuovo programma di lavoro che, tra le altre cose, possa aiutare i Paesi a distinguere tra riduzioni delle emissioni e assorbimenti e/o cattura del carbonio nei progetti presentati sotto l’Articolo 6.4. In aula abbiamo assistito a un dibattito anche in merito alla formulazione dei paragrafi 20.c e 20.e, nei quali si parla di contribuzioni da parte dei buffer pools, termine che anche a detta della delegata della Coalizione delle Nazioni delle Foreste Pluviali non si capisce, non è mai stato usato fino ad oggi e risulta, in ultima analisi, inopportuno in questo contesto in cui sarebbe meglio parlare di “riserve”.

Al paragrafo 20.k torna nel testo, dopo anni, l’idea di “riconsiderare i conteggi in tonnellata-anno per le rimozioni basate su metodi naturali”, riferimento ampiamente contestato oggi in aula da Unione Europea, Environmental Integrity Group e Paesi Like-Minded, mentre il Canada a più riprese si è espresso a favore. Quello dei conteggi in tonnellata-anno sotto l’Articolo 6.4 sembrava un tema ormai chiuso almeno da COP27, considerato profondamente controverso da vari gruppi della società civile e fortemente attaccato da Climate Action Network nel suo opuscolo giornaliero ECO – per capire meglio di cosa si parla, potete leggere questo pezzo di Carbon Credits.

Problematica, infine, la formulazione delle opzioni negoziali 1 e 2 che di fatto costituiscono titolo e incipit dei paragrafi 24, 25 e 26. In sintesi, questi paragrafi – per come attualmente formulati – fanno entrare con forza le rimozioni di carbonio, senza specificare se naturali o artificiali, nel regno dei cosiddetti progetti di “emissioni evitate” (emission avoidance, formula ampiamente dibattuta tra COP27 e gli ultimi intermedi) e della conservazione della natura, “purché”, dice il testo, “rispetti i requisiti stabiliti da regole, modalità e procedure del meccanismo”. Nell’ultimo negoziato serale di sabato è sembrata arrivare una convergenza sull’opzione 1, che tiene insieme le emissioni evitate e la conservazione della natura, mentre l’opzione 2 operava tra i due temi una netta distinzione logica.

Nei paragrafi 28 e 32, infine, vengono definite alcune regole di base sulle comunicazioni obbligatorie dei Paesi che propongono progetti e sull’effettiva attribuzione al soggetto implementatore, oppure al Paese che ospita il progetto dei crediti creati; secondo la Coalizione delle Nazioni delle Foreste Pluviali, la formulazione dei due paragrafi circolata in giornata lasciava “pericolosi” spazi di interpretazione.

La terza ed ultima sessione negoziale sull’Articolo 6.4 si è chiusa con tutti questi dubbi ancora aperti, nella piena frustrazione dei facilitatori della seduta che sul finale (20.10 ora di Dubai) hanno detto ai delegati che, vista la mancanza di tempo, non si negozierà ulteriormente se non su un testo finale, sul quale lavoreranno nella notte tra sabato 9 e domenica 10 dicembre con l’obiettivo di presentare una nuova bozza, finale e “pulita”, entro mezzogiorno di domenica.

Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor, Politiche Europee e Multilaterali sul Clima Italian Climate Network

Immagine di copertina: foto di Jacopo Bencini

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