GLOBAL STOCKTAKE, IL DIALOGO DEGLI EMIRATI RIAPRE TRA SCONTRI SU OBIETTIVI E FINANZA
Tra i tavoli di lavoro aperti nell’ambito del filone negoziale sul Global Stocktake, qui a Bonn è ripartito anche il dialogo degli Emirati Arabi Uniti. Nato a Dubai a COP28 (1/CMA5 par 97) sotto il cappello della finanza climatica, si focalizza su come tradurre i risultati del primo inventario (GST1) in azioni nazionali concrete, ma non ha ancora un obiettivo chiaro e in questi giorni in sala la discussione è stata molto accesa.
Alcune Parti, capeggiate dall’Unione europea, vorrebbero parlare delle modalità di implementazione del dialogo. Altre, con l’Arabia Saudita in testa come rappresentante dei Like-Minded Developing Countries, vorrebbero prima definire lo scopo del dibattito.
Cosa chiedono i Paesi in via di sviluppo
I Paesi considerati in via di sviluppo vorrebbero utilizzare questo spazio per parlare di come rendere i loro NDC realtà, e soprattutto di come ottenere i fondi necessari a farlo. Molti di loro non hanno una capacità economica sufficiente a far fronte ai cambiamenti climatici – né per quanto riguarda l’adattamento, che è la necessità che in questo momento sentono come più urgente, né per la mitigazione, che è quello che i Paesi sviluppati vorrebbero che facessero nonostante le loro limitate responsabilità storiche.
I LMDC hanno detto chiaramente come si immaginano lo scopo di questo dialogo:
- Rafforzare il sostegno finanziario per i Paesi in via di sviluppo;
- Identificare le opportunità per aumentare il sostegno finanziario per gli NDCs e i NAPs (National Adaptation Plans) nei Paesi in via di sviluppo;
- Trasparenza e creazione di una piattaforma con cui i Paesi sviluppati debbano tracciare i loro sforzi per mobilitare i fondi finanziari ed esaminare le necessità per l’attuazione degli NDCs e dei NAPs.
I Paesi in via di sviluppo sostengono che il Nuovo Obiettivo Quantitativo Globale definito a COP29 non copra l’Articolo 9.1 dell’Accordo di Parigi, che prevede che i flussi finanziari vengano mobilitati dai Paesi sviluppati verso quelli in via di sviluppo, come spiegato in questo articolo. Per questo vorrebbero inserire il tema in questo tavolo di lavoro, con l’obiettivo di identificare dei percorsi concreti per facilitare l’aumento di risorse finanziarie entro il prossimo Global Stocktake.
Altra fonte di tensione è il CBAM europeo, il Carbon Border Adjustment Mechanism, tema risollevato in questa sala nonostante fosse stato inserito nell’agenda di questi negoziati come nota a piè di pagina sulla giusta transizione: ne abbiamo parlato qui.
La posizione dei Paesi sviluppati
I Paesi sviluppati, che in questo sono sostenuti dagli Stati africani, sostengono che sia necessario concentrarsi sulle modalità di implementazione del dialogo prima di definire il resto e affrontare questioni più divisive – così da arrivare a COP30 con almeno una bozza. La loro proposta è di scrivere dei report di sintesi di questi negoziati per poter informare il secondo processo di Global Stocktake di quello che faranno, al fine di non perdere traccia di questo lavoro. Inoltre l’Unione Europea propone di istituire anche un dialogo annuale ministeriale, per dargli “la rilevanza politica che merita”, e sostiene che il dialogo debba proseguire fino al 2028, come indicato nel mandato. C’è però chi ritiene che debba chiudersi entro il 2026 per non sovrapporsi al processo per il nuovo Global Stocktake, che inizierà già nel 2027.
Oggi, in sala, la delegazione delle Filippine ha ben riassunto la profonda spaccatura tra le visioni delle varie Parti attorno a questo dialogo sostenendo che le modalità proposte dall’UE implicano un aggiornamento annuale degli impegni NDC, ma che questo è economicamente insostenibile. I Paesi sviluppati sarebbero pronti ad aggiornare annualmente i loro impegni in materia di finanziamento, trasferimento tecnologico e sviluppo delle capacità?
Siamo ormai a metà di questi negoziati intermedi, e anche su questo tavolo ancora non si vedono passi avanti concreti. Continueremo a seguire i lavori nei prossimi giorni e speriamo di tornare da voi con novità più promettenti.
Articolo a cura di Anna Pelicci, capa delegazione di Italian Climate Network ai negoziati di Bonn.
Immagine di copertina: foto di Anna Pelicci