JUST TRANSITION: 10 ORE DI DIBATTITO SULLO SVILUPPO, PER UN PROGRAMMA SENZA RISORSE
- Sul nuovo Programma di lavoro sulla Just Transition (giusta transizione) un dibattito lunghissimo, che ha portato però ad una bozza di decisione avanzata
- I Paesi in via di sviluppo cercano di arginare eventuali presunte pressioni occidentali verso piani di transizione per loro troppo onerosi in assenza di altre garanzie
- Il Programma potrebbe chiudere già nel 2026 pur dovendo informare il secondo Stocktake del 2028 e ad oggi nessuna delle sue attività risulta finanziata
Il negoziato fino ad ora più lungo di questa COP28 è stato senza dubbio quello di sabato, 9 dicembre, sul nuovo Programma di lavoro sulla Just Transition, la Giusta Transizione, durato dalle 14.00 ora locale fino a ben oltre l’ora di cena. A mezzanotte passata i co-facilitatori hanno, infine, caricato sul sito della UNFCCC una bozza di decisione come richiesto dal Presidente della COP, impaziente di vedere i testi arrivare sul tavolo, che tuttavia “non rappresenta (ancora) un consenso tra le Parti”. Una bozza, quindi, ancora da discutere in molte sue parti, ma che abbiamo voluto analizzare.
Ripartiamo dalle basi: di cosa si parla? A COP27 lo scorso anno fu deciso, con i paragrafi da 51 a 53 della decisione finale (capitolo “Implementazione e traiettorie verso la giusta transizione”), che sarebbe stato lanciato un nuovo Gruppo di lavoro interno alla COP sulla Giusta transizione, da rendere operativo da COP28 in poi in sinergia con un nuovo appuntamento ministeriale annuale sullo stesso tema. I delegati si sono, quindi, riuniti a Dubai sotto il punto 5 dell’agenda dei lavori per discutere di come dare avvio a questo nuovo Gruppo di lavoro, di come gestirlo, di quali argomenti trattare e quali no, secondo quali criteri, e fino a quando.
Il testo arrivato dopo la mezzanotte è un testo “pulito”, senza troppe opzioni negoziali, quasi pronto per la decisione in plenaria finale – per quanto, appunto, si dica esplicitamente che esso non riflette ancora il consenso di tutti i Paesi. Breve, organizzato in 14 articoli, segue una struttura abbastanza lineare e delinea il futuro del Gruppo di lavoro.
Una decisione su un gruppo di lavoro sulla giusta transizione non può non tenere conto di alcune fondamentali considerazioni di giustizia sociale e non a caso l’intero quarto paragrafo del preambolo richiama i Paesi a “promuovere e considerare i loro obblighi su diritti umani, diritto alla salute, diritti delle popolazioni indigene, migranti, bambini, persone con disabilità e persone in situazioni vulnerabili (?)” per poi virare bruscamente sul “diritto allo sviluppo” (qui forse un po’ disordinato) e riatterrare su “uguaglianza di genere, empowerment femminile ed equità intergenerazionale”. Un po’ una lista della spesa nella formulazione forse, ma che soddisfa le richieste delle organizzazioni della società civile attente ai temi trattati. Come sempre queste “liste” hanno poche possibilità di sopravvivere al negoziato finale, ma visto il tema non escludiamo che questa parte di questa specifica decisione arrivi alla plenaria di martedì 12 dicembre.
Arriva poi l’affondo dei Paesi in via di sviluppo sul tema del diritto allo sviluppo (.. “versus” la transizione ecologica per come intesa dai Paesi occidentali) collegato ad una ennesima critica (anche qui) al nuovo Meccanismo europeo di aggiustamento frontaliero sotto il Green Deal (CBAM), che abbiamo visto fortemente attaccato anche nella prima bozza di decisione sul Global Stocktake due giorni fa. I due temi vengono inizialmente trattati con due brevi paragrafi “in brackets”, tra parentesi, ossia ancora non definitivamente collocati nel testo. Interessante da leggere, l’attacco al CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) arriva tramite un semi-innocuo ricordare l’Articolo 3.5 della Convenzione del 1992, che sconsiglia appunto ai Paesi di adoperarsi in pratiche e politiche “verdi” lesive della libertà di commercio internazionale. Un modo di citare il tema molto forse più elegante ma non meno diretto delle formulazioni viste nel testo sul GST.
L’affondo sul diritto allo sviluppo secondo priorità identificate a livello nazionale continua nei paragrafi c), d) ed f) dell’articolo 2, con ben tre citazioni consecutive della frase “[la giusta transizione] dovrà essere basata su priorità di sviluppo definite a livello nazionale”. Un tentativo di sottolineare, rimarcare con forza il tema da parte dei Paesi in via di sviluppo contro eventuali slanci di ambizione (e quindi di spesa) europei o comunque occidentali, considerati insopportabili finanziariamente dal Sud del mondo in assenza di adeguate garanzie finanziarie.
Il successivo articolo 3 delinea tempistiche e punti-chiave del futuro lavoro del Programma. Esso “dovrà” (shall) partire immediatamente dopo la fine di COP28, nell’ottica di “informare il secondo Global Stocktake” (del 2028). Nel 2026, inoltre, i delegati dovranno fare il punto sui lavori del Programma fino ad allora e decidere, sulla base “dell’efficacia e dell’efficienza” di quanto emergerà, se il programma dovrà continuare o meno oltre il 2026. Una considerazione forse un po’ disordinata nell’orizzonte temporale, visto che poche righe prima si diceva che lo stesso programma dovrà supportare lo Stocktake del 2028: perché chiuderlo due anni prima, nel caso? Forse per considerazioni di budget? Ci torneremo tra poco.
L’articolo 4 stabilisce che il Programma dovrà funzionare sotto la doppia guida dei due corpi tecnici dell’UNFCCC, SBSTA e SBI, con un gruppo di contatto dedicato congiunto in ogni COP, con l’impegno ad arrivare ad una decisione tematica ogni anno a partire dal 2024.
L’articolo 5 stabilisce che, in supporto ai lavori formali durante le COP, dovranno tenersi “almeno” due “dialoghi” annuali (per chi ha seguito negli anni il tema di Perdite e danni, ci ricorda qualcosa) a partire da giugno 2024 (prima degli intermedi di Bonn) e, quindi, novembre 2024 (prima della COP29), in formato ibrido per garantire la migliore partecipazione di tutti – e spendere meno.
Gli articoli 8 e 9 aprono alla partecipazione degli osservatori al processo: sono, infatti, invitati a portare contributi tematici esperti, professionisti del settore, organizzazioni, che potranno caricare le loro idee e proposte entro il 1° marzo di ogni anno su un’apposita piattaforma UNFCCC.
Ma come raccogliere tutti gli input che verranno da questo Programma? Gli articoli 10 e 11 prevedono la redazione di un report annuale di sintesi dei Dialoghi annuali a cura dei chair di SBSTA e SBI, oltre a un sicuramente più importante report che riassuma tutti i lavori del Programma verso il secondo Global Stocktake, al netto dell’incoerenza di orizzonti temporali notata poco sopra.
Solo sul finale si arriva al punto dolente di questa decisione, che, come abbiamo visto già, traspariva da alcuni degli articoli precedenti: il finanziamento di queste attività. Gli articoli 13 e 14, infatti, dicono che la COP “prende nota” (..) “delle implicazioni di budget stimate per le attività che il Segretariato dovrà intraprendere” per dare vita al Programma, e “richiede” che queste azioni siano finanziate dal Segretariato “stante la disponibilità di risorse finanziarie”. In poche parole, per tutto quanto analizzato e discusso fin qui ad oggi non c’è un euro, salvo diverse decisioni che però non potranno arrivare, immaginiamo, prima della prossima sessione sul budget UNFCCC che si terrà solo a Bonn a giugno 2024.
Un Programma di lavoro non finanziato, insomma, nel quale alcuni Paesi hanno provato ad inserire elementi politici di pressione contro quelle che sono percepite da moltipotenziali ingerenze economiche occidentali nei loro piani di sviluppo, sotto l’ombrello green della Giusta transizione che – se non accompagnata da adeguata solidarietà finanziaria internazionale – potrebbe risultare ostica da percorrere per troppi. Programma che invece, nella visione di altre delegazioni, vorrebbe invece spingere verso azioni di riconversione professionale dei lavoratori, delle aree industriali, della tutela dei diritti umani nelle zone di maggior impatto delle politiche per il clima. La giusta via, come sempre, sta nel mezzo e passa da promesse finanziarie su altri tavoli. Vedremo come questa bozza evolverà nelle prossime ore.
Articolo a cura di Jacopo Bencini, Policy Advisor, Politiche Europee e Multilaterali sul Clima Italian Climate Network
Immagine di copertina: screenshot dalla bozza del 10 dicembre, ore 00.10